29.06.04 - Doveva essere la cerimonia che avrebbe dovuto finalmente risollevare l’immagine di Bush, e con essa quella altrettanto miseranda di tutta la “coalizione” dei ladri di petrolio: signori e signore, l’occupazione è finita (a parole, ovviamente), il paese è nelle vostre mani (sempre a parole), ora saprete finalmente cosa vuol dire vivere in libertà (si fa sempre per dire). Auguri e figli maschi.
Invece è sembrata più che altro la frettolosa consegna di chi ha venduto una macchina a un altro come semi-nuova, mentre sa benissimo che entro venti chilometri i pistoni si apriranno in due come noci di cocco seccate al sole.
Ecco, tenete, queste sono le chiavi della democrazia, ne ho fatte due copie, una per voi, una per i sunniti, così ci andate in giro un pò per uno senza litigare. Ai curdi ho già fatto consegnare le pelli di daino per lavorare ai semafori. Così appena arrivano i semafori si potranno godere anche loro un pò di democrazia. Ricordatevi di cambiare spesso il filtro dell’olio, e tenete d’occhio l’usura dei copertoni, mi raccomando. E poi, qualunque cosa, il telefono ve l’ho lasciato (quello del bar)... e via che non hai finito di parlare e sei già col piede sulla scaletta dell’aereo. Tempo che quello decolla.... .... ed è la macchina intera ad aprirsi in due come una noce di cocco essiccata al sole.
Ma com’è che liberiamo questi paesi, gli portiamo democrazia e di felicità, e poi ci tocca sempre muoverci come se fossimo ricercati dalla mondialpol di tutte le galassie? Bush era andato a tagliare il tacchino per i suoi soldati, lo scorso novembre, ed è addiritura dovuto partire nel mezzo della notte, decollando da Washington ed atterrando a Baghdad (letteralmente) a luci spente, senza che lo sapessero nemmeno mamma e papà. E solo a cose fatte, dopo una vergognosa toccata e fuga di un paio d’ore, la Casa Bianca annunciava al mondo che il presidente era “sulla via del ritorno dall’Iraq”.
Berlusconi, quando era toccato a lui andare a rincuorare i nostri - dopo Nassirya - aveva addirittura passato la mano per “motivi di sicurezza” (per giustificare il proprio coraggio, si era fatto addirittura scrivere la velina azzurra ad hoc (link in coda), per poi farla “trapelare” ai media, che immediatamente diffondevano lo “scoop”). E quando si fu finalmente reso conto (ci mette sempre un bel pò, il nostro presidente, a capire le cose serie) che invece non si poteva non andare, fece anche lui il suo penoso blitz da osteria, ennesima imitazione in re minore del suo grande amico presidente americano.
E ora che Bremer e compagni avevano quest’ultima opportunità per risollevare l’immagine generale con un’uscita di scena almeno decorosa, questi addirittura non hanno retto alla tensione, e sono letteralmenti scivolati fuori dalla classe prima che suonasse la campanella. Un rapida stretta di mano per la storia (qualche studente prima o poi si chiederà bene, in futuro, “ma com’è che un giorno li prendevamo a cannonate, questi iracheni, e il giorno dopo eravamo tutti pappa e ciccia?”), e poi, chiusi in una stanza blindata, hanno mollato la patata bollente al Karzai di turno, con tante belle raccomandazioni per la NATO (eh, sì, perchè talmente abbiamo “pacificato” il paese che manco l’ONU ci vuole ancora andare, in Iraq) di fare bene nell’insegnare ai poliziotti locali come si fa a reprimere una popolazione che è ormai una vera e propria bomba a orologeria.
Se c’è però una cosa che le vicende di questi ultimi mesi ci suggeriscono, è che la legge del boomerang con questa gente sembra esser diventata inflessibile. Cosa succederà di preciso, da domani in poi, è difficile saperlo, ma vi voglio almeno citare un’intervista di Bill Clinton, data proprio due sere fa a Larry King della CNN:
King: Presidente, se fosse lei oggi al comando della situazione, se ne andrebbe in questo momento dall’Iraq?
Clinton: Me ne andrei solo se sapessi che la situazione nel paese non collassa due giorni dopo.
King: E secondo lei collasserà?
Clinton: Di sicuro.
Massimo Mazzucco
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