Nel corso delle primarie repubblicane è successo un fatto assolutamente imprevedibile, che rischia di influenzare in modo sostanziale il dibattito pubblico sul futuro della nazione – e quindi in qualche modo del mondo intero.
Gli stessi paladini del capitalismo selvaggio hanno messo a nudo gli aspetti più cruenti ed immorali del capitalismo selvaggio, nel corso di una lotta intestina talmente feroce ed avvelenata da aver completamente capovolto le regole del gioco.
Tutto ruota attorno a Newt Gingrich, una vecchia volpe del partito repubblicano, con un passato molto controverso, che ha improvvisamente deciso di candidarsi per la nomination repubblicana. Partito senza un minimo di supporto, Gingrich ha saputo sfruttare la sua grande esperienza ed è salito velocemente nei sondaggi, mentre i vari candidati “di cartone” crollavano miseramente uno dopo l’altro.
Alla vigilia dell’Iowa Gingrich era addirittura in testa ai sondaggi, e rischiava di battere l’unico vero candidato papabile dei repubblicani, Mitt Romney. Gingrich infatti non è proponibile per la candidatura finale, poichè il suo passato da “falco”, e la sua nota personalità da “prepotente”, gli impedirebbero di ottenere i voti degli elettori indipendenti che sono necessari per conquistare la Casa Bianca. (Romney invece è un moderato, e può tranquillamente riuscirci).
A questo punto Romney ha commesso un errore madornale: invece di aspettare che Gingrich cadesse da solo, ha rovesciato su di lui 10 milioni di dollari di pubblicità negativa – una cifra mostruosa per un piccolo stato come l’Iowa – che elencavano tutti gli episodi più spiacevoli del passato di Gingrich, facendolo crollare nei sondaggi nell’arco di soli tre giorni. Alla fine Newt Gingrich è uscito dall'Iowa con un umiliante quarto posto.
A quel punto Gingrich giel’ha giurata. Invece di ritirarsi in buon ordine … … ha annunciato non una serie di contro-pubblicità negative, ma addirittura un documentario di 30 minuti che avrebbe “mostrato al mondo il vero volto di Mitt Romney”.
E’ nato così “
When Mitt Romney came to town”(“Quando Romney giunse in città”), che sta spopolando in rete da qualche giorno, ed è diventato ormai l’argomento centrale del dibattito politico americano.
Il documentario rivela come negli anni ’90 Mitt Romney abbia condotto una vera e propria campagna predatoria di tipo finanziario, coprendo quasi tutti gli stati americani, mentre era alla guida della sua società di investimenti Bain Capital.
Si scopre così che l’uomo che si propone oggi come un “creatore di posti di lavoro” per la classe media americana passava il suo tempo a demolire società traballanti, acquistandole per pochi soldi e riempiendole di debiti prima di “ritirare” tutto il contante disponibile e poi dichiarare fallimento. Con l’immancabile aiuto degli amici di Goldman Sachs, che manipolavano a suo favore i ratings delle sue società, in pochi anni Romney ha messo da parte una cifra stimata intorno al mezzo miliardo di dollari.
Era in realtà un segreto di Pulcinella, perchè nessuno pensava che Mitt Romney si fosse arricchito in quel modo scavando il carbone con le proprie mani, ma una cosa è sentirsi dire che Romney è “un businessman di grande successo”, ben altra è vedere le interviste delle persone lasciate sul lastrico da Romney, che dicono “di noi e del nostro futuro se ne fotteva ampiamente, lui pensava solo ad arricchirsi nel modo più veloce possibile”.
Queste interviste sono state viste ormai da milioni di persone, ed hanno causato a Romney un danno probabilmente irreparabile. Se anche vincesse la nomination, Obama lo travolgerebbe come un rullo compressore, utilizzando le stesse identiche armi usate da Newt Gingrich.
Ma il vero aspetto interessante della faccenda inizia qui. Il fatto che questo attacco devastante sia arrivato da uno di loro ha messo in crisi l’intero partito repubblicano, perchè il documentario di Gingrich non ha svelato al mondo un semplice scheletro nell’armadio di Mitt Romney, ma ha svelato la vera strategia nascosta perseguita da tutti i candidati repubblicani da trent’anni a questa parte: chiedere meno tasse e meno ingerenza governativa “per rilanciare l’economia della nazione”, quando il vero scopo è di togliere di mezzo ogni possibile ostacolo alla massimizzazione del profitto, ricorrendo con grande disinvoltura a licenziamenti e outsorcing dovunque necessario.
Negli ultimi 20 anni di deregolamentazione selvaggia (a cui ha contribuito anche Clinton, non dimentichiamolo) il reddito medio del 99” degli americani è rimasto praticamente immutato, mentre quello del rimanente 1% è quasi triplicato.
Non a caso gli altri candidati repubblicani si sono detti “scandalizzati” per questo attacco a sorpresa di Gingrich a Mitt Romney. “Quello che è successo è orribile – dicono in coro – un attacco del genere è accettabile finchè arriva dai “soliti” democratici in odore di socialismo. Anzi, da parte loro è quasi obbligatorio, glielo impone il gioco delle parti. Ma da uno di noi è inconcepibile! Qui stiamo mettendo alla sbarra i principi stessi del libero mercato”.
Ed infatti Romney si trova adesso fra l’incudine e il martello: da una parte dovrebbe giustificare davanti alla nazione la sua eccessiva “rapacità” e mancanza di umanità ai tempi di Bain Capital, ma dall’altra deve difendere a testa alta il proprio operato di fronte all’establishment repubblicano, che continua ovviamente a credere nel capitalismo selvaggio come ha fatto fino ad oggi.
L’unica differenza è che adesso lo sanno tutti, perchè il dispettoso bimbo Newt ha fatto la spia, e quindi bisogna affrontare la questione a viso aperto: se Romney riafferma con coraggio il diritto di agire come fece lui nel passato vincerà certamente la nomination repubblicana, ma a meno di pentirsene in modo convincente non potrà mai vincere le presidenziali.
Nel frattempo, grazie a questo carnevale, la differenza fra “venture capitalism” (capitalismo imprenditoriale) e “vulture capitalism” (capitalismo degli avvoltoi) sta entrando nel pensiero mainstream, ed il messaggio finora confuso di "Occupy Wall Street" comincia a diventare più chiaro per tutti. E questo è sicuramente un passo avanti.
Massimo Mazzucco