In questo periodo l'Italia assomiglia sempre di più ad un attempato signore che si sveglia un mattino e si accorge di aver avuto per tanti anni nel letto anche l'amante della moglie. Se fosse una barzelletta, il signore chiederebbe stupito "ma cosa ci fa lei qui?", e l'amante risponderebbe "niente, aspettavo la circolare, ma a questo punto mi sa che hanno cambiato percorso". Invece non è una barzelletta, le armi atomiche che ci teniamo in casa sono per molti una sorpresa assouta, e soprattutto l'amante colto in flagrante non si sente nemmeno in dovere di darci una risposta qualunque.
E lo sconforto non fa che crescere, quando ci si rende conto che episodi come quello di Ghedi - 40 bombe atomiche sepolte in provincia di Brescia, … … recentemente rivelate da un rapporto americano, ripreso da una TV svizzera - sono solo tasselli di un quadro decisamente allarmante per una cosiddetta nazione sovrana. Da Sigonella ad Aviano, dai sommergibili atomici della Maddalena alla nuova base di Vicenza, l'Italia è stata trasformata nel corso di 50 anni in un avamposto stracolmo di armamenti di ogni tipo per una battaglia che non c'è mai stata, e che ormai, con tutta probabilità, non potrà più esserci.
Anzi, si può quasi dire che non avrebbe mai potuto esserci, visto che in questi anni sta emergendo una lettura storica della Guerra Fredda completamente diversa da quella finora ritenuta valida: i russi non si sono nemmeno mai sognati di "distruggere l'America", quella dell'Orso Cattivo è tutta un'invenzione del "complesso militare-industriale" americano - che aveva bisogno di vendere miliardi di dollari in armamenti al proprio governo - e i russi hanno vissuto per 40 anni nel terrore fottuto di vedersi incenerire da un momento all'altro dal primo Dottor Stranamore di passaggio alla Casa Bianca.
Quelli che vediamo nei sotterranei di Ghedi, quindi, non sono "residuati bellici" più o meno obsoleti, ma semplici testimonianze di un'ingente operazione economica, operata sulla paure - e sul borsellino - della gente normale, americana svizzera e italiana senza alcuna differenza.
Sbagliano quindi a lamentarsi i cittadini di Ghedi "perchè qui siamo seduti su una polveriera", come sbagliano gli svizzeri a lamentarsi "perchè abbiamo le atomiche a soli 40 chilometri dal confine". Non solo le bombe atomiche non scoppiano per sbaglio, ma se anche un giorno dovesse succedere, l'inevitabile fall-out, portato dai venti, ignorerebbe maestosamente ogni più ridicolo confine geografico, per andare a parare dove ne ha voglia lui. Vedasi Chernobyl.
In realtà, sbagliano tutti coloro che protestano per la "troppa vicinanza" di armamenti atomici a casa loro, perchè in quel modo ne avallano implicitamente il diritto all'esistenza, "purchè se li becchi qualcun altro".
Il problema non è logistico, ma culturale. E' la "cultura economica" della guerra che bisogna cambiare, e lo si può fare dal momento in cui ci si renda conto che le guerre esistono primariamente per vendere armi. Gli americani prima hanno venduto armi agli iracheni, poi li hanno istigati ad attaccare l'Iran, e a quel punto si sono messi a vendere armi pure agli iraniani. E con i ricavati, in nero, finanziavano la controguerriglia in Nicaragua.
Lo stesso presidente Bush è andato, qualche anno fa, a commemorare i caduti in Normandia, dimenticando che molti di loro erano morti sotto le bombe tedesche che erano state finanziate direttamente da suo nonno, Prescott Bush, durante l'ascesa di Hitler al potere.
La stessa guerra Mondiale avrebbe potuto finire molto prima, ma c'erano ancora armi da far fuori che sarebbero diventate obsolete con una pace prematura (nessuno si è mai domandato come mai ci sia voluto un anno intero per prendere Montecassino?)
Il "pacifismo" di oggi dovrebbe quindi abbandonare i colori, ormai smunti, dell'arcobaleno, e indossare la casacca di un rifiuto complessivo, trasversale e apolitico, della "cultura economica" della guerra, che rende oggi il mercato degli armamenti uno dei più redditizi in assoluto sulla faccia di questo pianeta. E quindi tutti i popoli del pianeta potenziali vittime di guerre mai volute, e tutt'altro che necessarie.
Finchè ci sarà il cancro, le case farmaceutiche non falliranno mai. Ma il cancro si può curare, basta informarsi personalmente.
Finchè ci saranno guerre, il "military-industrial complex" di Eisenhower continuerà ad arricchirsi con la morte altrui. Ma le guerre si possono evitare, basta informarsi storicamente. (Ricordate: nessuna guerra è mai stata possibile senza il pubblico consenso: da Nerone all'undici settembre, c'è sempre stato bisogno di un "Reichstag" per scatenarle).
Non è quindi "via gli americani dall'Italia" che dobbiamo gridare, ma "via la logica della paura e del profitto" - italiana svizzera o americana che sia - dalle vite altrui.
Dalle nostre vite.
Massimo Mazzucco
Il discorso completo di Eisenhower sul "complesso militare-industriale"
La dinastia Bush e la svastica di famiglia
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