Durante la discussione sul caso Keshe mi è stato chiesto come faccia io ad essere così sicuro che i filmati dei malati guariti siano veramente reali e genuini. Io ho risposto che nessun attore al mondo sarebbe in grado di recitare quelle parti, nel modo e nei tempi in cui sono state recitate nei video presentati.
Mi sembra quindi una buona occasione per parlare in generale delle varie tecniche di recitazione che vengono utilizzate nel cinema e nel teatro. Noi infatti guardiamo un film e decidiamo che un attore magari "è molto bravo", oppure che "recita da cani", ma raramente siamo in grado di capirne il motivo.
Esistono sostanzialmente tre tecniche di recitazione diverse (nel mondo occidentale): la recitazione "brechtiana", il "metodo" Strasberg, e la "tecnica Meisner". Le tre tecniche si distinguono fra loro per la misura in cui l'attore si identifica emotivamente con il personaggio rappresentato. A sua volta, questa misura determina la sua capacità di improvvisare, trovandosi di fronte ad una situazione inattesa (è questo l'aspetto che più ci interessa, nel caso in questione).
LA RECITAZIONE BRECHTIANA
La recitazione brechtiana è limitata sostanzialmente al teatro, anzi solo ad una parte di esso. Si tratta di un modo di recitare molto vistoso e gestuale, ...
... nel quale l'attore evita intenzionalmente di provare le emozioni che dovrebbe provare il suo personaggio, ma le "rappresenta" soltanto da un punto di vista esteriore. Brecht sosteneva infatti che non bisognasse mai dare al pubblico l'illusione del realismo, e che tutti dovessero essere sempre coscienti che si tratta solo di una "rappresentazione". Nel teatro brechtiano quindi tutto viene sovraccaricato oltre il normale: il gesto, il tono della voce, l'espressione del volto, tutto tende a sottolineare quello che dovrebbe essere lo stato emotivo del personaggio, senza che l'attore debba effettivamente immedesimarsi con esso.
E' da questo tipo di recitazione che nasce il termine "teatralità", che noi applichiamo nella vita normale a chiunque faccia delle "scene esagerate" di fronte agli altri.
Alcuni esempi moderni di recitazione brechtiana possono essere Vittorio Gassman o Dario Fo.
IMPROVVISAZIONE: Uno dei limiti della recitazione brechtiana, ovviamente, è che l'attore non sia assolutamente in grado di improvvisare. Poiché non è immedesimato con il personaggio in primo luogo, non sarebbe assolutamente possibile per lui reagire in modo coerente con quel personaggio, di fronte ad una situazione imprevista. Nel teatro brechtiano tutto deve essere stato scritto e provato in anticipo, e nulla può essere lasciato al caso.
IL METODO STRASBERG
Il metodo Strasberg - comunemente detto "il metodo" - è la tecnica di recitazione più conosciuta al mondo, ed è stata utilizzata da tutti i più grandi attori dell'epoca moderna, a partire dagli anni '50: Marlon Brando, Robert De Niro, Al Pacino, Jack Nicholson, Ellen Burstyn, Daniel Day-Lewis, Joanne Woodward, Anne Bancroft, Dustin Hoffman, Shelley Winters, Dennis Hopper, Sally Field sono tutti passati dal leggendario Actor's Studio di Lee Strasberg.
Nel "metodo" l'attore cerca di immedesimarsi in una certa misura con il personaggio che rappresenta, ma ricorre alle proprie emozioni personali per esprimere quelle del suo personaggio.
In altre parole, se la scena prevede che il protagonista si metta a piangere perché hanno ammazzato un pinguino sotto i suoi occhi, l'attore cercherà nella sua memoria un episodio simile della propria vita, che gli abbia procurato un dolore simile, per poterlo rappresentare in modo credibile sullo schermo.
L'esercizio più importante all'Actor's Studio infatti era chiamato "sense memory", dove l'attore veniva abituato a richiamare e rivivere tutte le più importanti esperienze emotive vissute in passato, per poi poterle riutilizzare al momento opportuno.
Noi quindi vediamo Al Pacino che lancia il suo famoso urlo di dolore di fronte alla figlia ammazzata (nel finale di "Godfather 3"), ma magari in quel momento Al Pacino - al quale nessuno aveva mai ammazzato una figlia - stava rivivendo il momento in cui gli venne comunicata la morte di sua madre.
Si tratta quindi di una forma di recitazione "onesta" e "disonesta" insieme: da una parte l'attore vive effettivamente le emozioni che rappresenta sullo schermo, dall'altra quelle emozioni non sono necessariamente legate alla vicenda del personaggio che sta rappresentando. (1)
IMPROVVISAZIONE: Ne consegue che l'attore di metodo sia solo parzialmente in grado di improvvisare, poiché questo dipende dalla velocità con cui è in grado di trovare, nel suo "repertorio" di vita reale, una situazione equivalente a quella a cui si trova di fronte nel momento dell'improvvisazione.
TECNICA MEISNER
Si tratta di una tecnica di recitazione relativamente nuova, messa a punto da un'ex-discepolo di Strasberg, Sanford Meisner.
Contrariamente al metodo, che richiede un complesso lavoro di preparazione a livello emotivo, la tecnica Meisner è basata sul cosiddetto meccanismo di "action-reaction". In altre parole, l'attore fa un tale lavoro di identificazione con il personaggio rappresentato, che è poi in grado di comportarsi esattamente come farebbe quel personaggio, in qualunque situazione si venisse a trovare.
L'attore quindi non prova in anticipo le scene che dovrà recitare, ma si esercita costantemente, prima della messa in scena, per ottenere la massima identificazione con il personaggio rappresentato. Una volta sul palcoscenico (o di fronte alla cinepresa) sarà la situazione stessa del momento a dettargli i modi di comportamento più adeguati per rappresentarlo. Questo naturalmente - quando l'attore è bravo - offre un livello di realismo e di credibilità che nessuna altra tecnica di recitazione riesce ad offrire.
Attori famosi che utilizzano la tecnica Meisner sono ad esempio Jeff Bridges, James Caan, Robert Duvall, Jeff Goldblum, Paul Newman o Diane Keaton.
IMPROVVISAZIONE: Va da sé che l'attore meisneriano, grazie al lavoro di identificazione che compie sul personaggio, sia l'unico che è perfettamente in grado di improvvisare in qualunque situazione ed in qualunque momento. In realtà, per lui recitare
è improvvisare.
Ho avuto il piacere di lavorare con un gruppo di attori di scuola Meisner, a Los Angeles, quando ho girato il mio ultimo film di fiction, "Aaron Gillespie will make you a star". Durante le riprese, recitando fuori campo, mi divertivo spesso a dare all'attore la "battuta sbagliata", proprio per vedere cosa sarebbe successo. Ebbene, non ci fu una sola volta in cui io sia riuscito a fargli "saltare" il personaggio, o a fargli perdere la concentrazione. Anche se la mia battuta (fuori campo) fosse stata "che ore sono?", e io gli avessi detto invece "guarda che ti stanno portando via la macchina", lui tranquillamente avrebbe risposto "io non ho nessuna macchina, forse è quella di qualcun altro", perché magari in quel caso il personaggio non aveva la macchina.
Non c'è modo di far "perdere il personaggio" all'attore che lo sta recitando, perchè lui in quel momento
è il personaggio. A proposito della tecnica Meisner, Arthur Miller ha dichiarato: "Gli attori di scuola Meisner sono gli unici veri attori con cui abbia mai lavorato".
Naturalmente, per essere in grado di improvvisare a questo livello sono necessari anni e anni di duro, intenso e costante esercizio. Martha Graham, che applicava gli stessi principi alla danza, diceva: "Lavoro intensamente tutti i giorni, otto ore al giorno, per essere in grado di improvvisare alla sera [sul palcoscenico]". Non ci sono scorciatoie per arrivare a questo livello di capacità interpretativa.
E qui torniamo al discorso iniziale, quello dei video dei pazienti di Keshe. Se volessimo presumere che quelli non siano veri pazienti, ma soltanto attori che recitano, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio cast di scuola meisneriana degno di meritarsi 20 Oscar ciascuno.
Se guardate con attenzione i video di Keshe, vi troverete di fronte ad intere sequenze, lunghe svariati minuti, nelle quali c'è una continua interazione di "azione-reazione" assolutamente realistica fra la persona che conduce l'intervista e il paziente intervistato.
Se ad esempio il vecchietto "che cammina dopo 15 anni di paralisi" fosse in realtà un attore, questo attore avrebbe dovuto dedicare svariati anni per imparare a recitare con il metodo Meisner (che in Europa, fra l'altro, credo non venga nemmeno insegnato). Altrettanto avrebbe dovuto fare la moglie, che mostra una capacità di "azione-reazione" eccezionale nel momento in cui viene intervistata, nel finale del video.
La stessa cosa si può dire per tutti gli altri pazienti intervistati. Provate a guardare uno qualunque di quei video immaginando che il paziente sia in realtà un attore, e domandatevi se reagisca o meno in modo naturale e credibile di fronte a ciascuno degli "stimoli" (domande/richieste) che gli vengono posti dall'intervistatore.
Immaginate cioè di essere "in moviola", e fermatevi dopo ogni domanda/richiesta fatta dall'intervistatore ("riesce a girarsi dall'altra parte?" "Può alzare il braccio destro?"). Poi analizzate con attenzione i tempi e i modi di reazione del paziente, e cercate di scoprire un qualunque dettaglio che non sia assolutamente naturale, realistico e logicamente consequenziale.
Certo, si può sempre ipotizzare che quelle scene siano state provate e riprovate all'infinito, fino a renderle del tutto credibili, prima di girarle e farle apparire "casuali". Ma per fare una cosa del genere sarebbero stati necessari non soltanto degli attori eccezionali, ma anche un regista che mettesse insieme le capacità di uno Stanley Kubrick (piano sequenza), di un Martin Scorsese (realismo) e di un Ingmar Bergman (intensità di recitazione). E mesi e mesi di preparazione e di prove, prima di poter girare quelle scene nel modo in cui sono state girate. (Abbiamo fatto un discorso simile per il piano sequenza "impossibile" di Naudet sullo schianto nella prima Torre).
Nella peggiore delle ipotesi, quindi, il nostro Keshe avrebbe messo in piedi in poco tempo la più grande scuola di cinema e di recitazione mai esistita al mondo.
C'è un altro modo, se volete, per verificare quello che ho detto: prendete vostro nonno, vostra zia o vostro cugino, e fategli recitare una "guarigione immaginaria" da una qualunque malattia, conducendo voi l'intervista. Fatela durare almeno 7-8 minuti, fate le domande appropriate, seguite la logica del discorso, e girate tutto senza interruzioni (o con un paio di tagli al massimo). Poi portatemi il video, e io vi mostrerò almeno 10 punti dai quali si può capire che la recitazione non è spontanea, che c'è qualcosa di illogico nel racconto, che la situazione non è realistica, o che comunque quel video non è genuino.
Fatelo davvero: chi non ha a disposizione un nonno o un cugino, insieme ad un telefonino per fare le riprese, durante questi giorni di vacanza? Inventate una situazione in cui il nonno vi racconta di essere guarito dalla Sclerosi Multipla mangiando solo cavolini di Bruxelles, e rendetela credibile dall'inizio alla fine. Poi postatelo sul sito e ne parliamo.
Provare per credere.
Come ho già detto in precedenza, sulla figura di Keshe mantengo il giudizio in sospeso, almeno fino a nuovi riscontri. Ma ho voluto dare sostanza, con questo articolo, alla mia affermazione fatta in precedenza, quando ho detto "la mia esperienza mi dice che sarebbe assolutamente impossibile realizzare quei video, nel modo in cui sono fatti, con attori che fingessero di essere guariti."
Potrò anche sbagliarmi, ma credo di avere ottimi motivi per dire quello che ho detto.
Massimo Mazzucco
1 - In realtà questa tecnica fu inventata negli anni '20 da Kostantin Stanislavsky, un autore teatrale russo, e fu poi resa nota in Occidente da Strasberg, che la trasformò in metodo vero e proprio. Stanislavsky infatti, al contrario di Brecht, sosteneva che l'attore a teatro debba provare davvero le emozioni che prova il personaggio, e che il realismo sia proprio lo scopo ultimo della rappresentazione teatrale. (Oggi molti attori moderni utilizzano il metodo anche a teatro).
QUI i video di Keshe di cui stiamo parlando.