di Giorgio Mattiuzzo
Venerdì 18 gennaio 2008 si è concluso il processo di primo grado a carico di Salvatore Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, incriminato per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione di segreto d'ufficio. E la sentenza parla chiaro.
Oggi, di fronte alla parola del giudice, è tempo che la pubblica opinione chieda scusa a Cuffaro per tutte le sofferenze cui è stato sottoposto durante tutti questi mesi, per lo stillicidio di illazioni e accuse infamanti di cui è stato oggetto.
Giustizia, alla fine, è stata fatta, e senza nemmeno dover ricorrere al proverbiale giudice berlinese. La terza sezione penale del Tribunale di Palermo ha sancito che Cuffaro non è colpevole di favoreggiamento alla mafia, ma solo di violazione di segreto d'ufficio, e dovrà quindi scontare una pena detentiva di 5 anni e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Come non essere partecipi della gioia di Cuffaro?
"Sono molto confortato da questa sentenza perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto".
Quale sollievo infine. Cuffaro non è mafioso. Ha soltanto ricevuto da un carabiniere delle informazioni riservatissime riguardanti un'inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia, con le quali è venuto a sapere che un boss della mafia, Giuseppe Guttadauro, aveva delle microspie nella casa dove intratteneva galanti conversazioni ... ... con Domenico Miceli, dell'Udc, amico di Cuffaro, "padrone" della Sanità siciliana, ex-assessore alla sanità e mafioso. E poi è andato a dirlo a Miceli stesso, mandando in fumo così l'operazione della Direzione Investigativa Antimafia.
Ma per fortuna la sentenza gli "dà atto" di non aver aiutato la mafia. Certo, c'è sempre quella condanna per violazione di segreto d'ufficio, ma cosa volete che sia di questi tempi? Chi è che nel terzo millennio non ha almeno una condanna per aver ostruito una indagine contro una delle più potenti associazioni criminali del pianeta? Chi non conosce un carabiniere dentro la procura antimafia che spiffera tutto? E voi, che già storcete il naso con moralistica alterigia, riflettete un attimo: se aveste un amico che frequenta la casa di un boss della mafia e per caso veniste a sapere che quella casa è sotto controllo dell'Antimafia, non fareste anche voi la cosa più naturale del mondo, cioè dire al vostro amico mafioso che lo stanno intercettando? E vi sentireste voi responasbili di aver favorito la mafia? Ma certo che no! Solo dei bigotti moralisti e giustizialisti potrebbero arrivare a pensare questo.
Come per esempio il terribile procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che non ha mancato di farci conoscere la sua solita e noiosa opinione:
"E' rimasto provato il favoreggiamento da parte del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, di singoli mafiosi come Guttadauro, Aragona, Greco, Aiello e Miceli, ma tutto ciò non è stato ritenuto sufficiente a integrare l'aggravante contestata di avere agevolato l'associazione mafiosa Cosa Nostra nel suo complesso".
Ma le parole dei soliti grilliparlanti, dei soliti "professionisti dell'antimafia" non devono distoglierci dal senso di giustizia e di sollievo che pervade i nostri cuori. E l'on. Cuffaro ci da l'esempio. Di fronte alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, decretata da quello stesso Tribunale che "gli da atto" di non essere un mafioso, afferma:
"Resto presidente della Regione. Da domani torno al lavoro."
Quale dedizione, quale attaccamento all'alto compito cui è stato destinato! Uniamoci quindi al coro degli amici di lunga data, come il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini (già Presidente della Camera):
"Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia. Da oggi lo ha certificato anche un tribunale della Repubblica."
Dispiace un po' per l'amico di Cuffaro, Aiello, che – nello stesso processo e per i medesimi fatti – è stato condannato a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione. Dispiace per il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, 7 anni di galera per associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui.
Ma d'altronde si sa, non tutti posso avere la certificazione garantita che non sono mafiosi. E poi, insomma, dovremmo essere contenti: tutti a dire che in Italia comanda la mafia ma poi mai nessuno di quelli che comandano viene condannato per mafia. E allora vuol dire che la mafia non comanda. Ogni tanto qualche "mafioso singolo" riceve aiuto da qualche "politico singolo", ogni tanto qualche "singolo politico" si fa aiutare da qualche "singolo mafioso", ma questo non è favoreggiamento della mafia. Ne da atto il Tribunale, e chi siamo per noi per pensarla diversamente?
Giorgio Mattiuzzo (Pausania)
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