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OPERAZIONE “COSCIENZA PULITA” – ATTO I
Il vero veleno esce soltanto ora. Fra un soldato e l’altro.
di Massimo Mazzucco
20.05.04 - Con una corte marziale messa su in fretta e furia (e che curiosamente proprio oggi, per la prima volta nella storia, ha aperto le porte ai media di mezzo mondo), il primo dei capri espiatori – il pacioso Jeremy Sivits - ha recitato la sua parte alla perfezione, scusandosi fra lacrime e singhiozzi “con gli iracheni, con i detenuti torturati, con il mio battaglione che ho tradito, con l’esercito tutto, con la mia famiglia, e con l’intera nazione americana.” Ci mancavano soli i marziani e i Testimoni di Geova, e poi l’universo intero lo avrebbe perdonato in un sol colpo. Ma il giudice, arrivato apposta dagli States, non ci è cascato, e gli ha affibbiato la pena massima prevista per una "special court-martial" (*): addirittura – pensate un pò - un intero anno di prigione! (Quelli di Guantanamo sono lì a bollire da due anni e mezzo, e loro non hanno manco fatto niente). E ad aggravare la sentenza ai limiti dell’insopportabile, c’è stata pure l’ignominia... ... della degradazione, con susseguente espulsione, dall’esercito più potente e prestigioso del mondo. Ma fino all’ultimo il nostro Sivits ha singhiozzato, implorato e piagnucolato: “La prego, signor giudice, non mi faccia cacciare. Amo l’esercito. Amo la nostra bandiera. L’unica cosa che ho mai desiderato nella vita è di essere un soldato americano. Voglio rimanere, così posso insegnare agli altri soldati la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. Ma io non gli affiderei nemmeno il mio cane da portare a passeggio, a quello lì, altro che insegnare agli altri! (Accludo il passaggio del New York Times di oggi, se no mi crede solo la mia mamma).
"I love the Army," Specialist Sivits said from the witness stand. "I love the flag. All I ever wanted was to be an American soldier. I want to stay in. I think I can teach other soldiers the difference between right and wrong."
Ma se già gli iracheni avevano deriso la scenetta di Bush in TV che “gli dispiaceva ma intanto non si scusava”, questa farsa giuridica alla luce del sole è stata accolta con uno spernacchiamento generalizzato, al quale hanno fatto da unico controcanto le giuste proteste di chi era stato toccato di persona dall’esperienza delle torture.
Dall’esterno della recinzione, uno degli ex-detenuti chiedeva ripetutamente: “Ma perchè lo giudicano loro? Siamo in Iraq, il crimine è stato commesso in Iraq, quale occasione migliore per dimostrare al mondo che davvero volete aiutarci a mettere in piedi un paese giusto e libero, se non darlo da processare ad un tribunale iracheno?”
Ma sai, sono animali, loro. Come fai a spiegarglielo, che le cose non sono mai semplici come sembrano, e che loro non hanno la minima idea di cosa voglia dire la parola giustizia? Come fai a spiegargli, per esempio, che adesso il buon Sivits – dopo aver asciugato per bene il pavimento – si ripresenterà agguerrito e velenoso come pochi, fra qualche giorno, a testimoniare proprio contro i suoi compagni aguzzini?
Questa è la giustizia, caro amico sfortunato: un annetto di carcere (come minimo con TV e aria condizionata) che verrà di sicuro ridotto alla metà, in cambio di una testimonianza che permetta di affossare gli altri sei, sostenendo – come già ha fatto sapere Sivits – che i livelli alti non sapevano assolutamente nulla delle torture.
(Che poi è quello che sosteniamo tutti fin dall’inizio, o porca miseria!)
Massimo Mazzucco
* La “general court martial” invece ha delle pene molto superiori, ma evidentemente gli alti comandi USA non hanno ritenuto i fatti abbastanza gravi per istituirne una.
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