PUBBLICATA LA 2A PARTE: CASO KENNEDY, "COMPLOTTISMO", 11 SETTEMBRE.
Lo scorso 12 luglio sono stato intervistato da George Noory di “Coast to Coast”, il programma radio “alternativo” più seguito in America, con oltre 6 milioni di ascoltatori.
La puntata si intitolava “Complotti e cure”. Prendendo spunto dai diversi film che ho fatto, la discussione ha affrontato il cospirazionismo in generale, ed in particolare abbiamo parlato di 11 settembre e della questione del cancro. E’ anche interessante notare come faccia un conduttore come Noory a “navigare” la linea sottile del pensiero anticonformista, mentre cerca di raggiungere una audience il più ampia possibile.
La trasmissione è durata 3 ore, per cui presenterò soltanto i segmenti più interessanti, divisi in due o tre parti, per motivi di lunghezza.
Contenuti della 1 parte: Presentazione. Crolli economici nel mondo. Il ruolo di Internet nella comunicazione globale. Ipotesi di una crisi mondiale delle comunicazioni.
TRADUZIONE:
G.N.: Massimo Mazzucco è un regista italiano conosciuto per aver fatto dei documentari eccezionali. È anche il responsabile di un sito di notizie italiano - lascerò che sia lui a pronunciarne il nome - conosciuto soprattutto per le teorie del complotto sull’11 settembre. E’ qui a “Coast to Coast” per la prima volta, Massimo come va?
M.M.: Buonasera a lei e a tutti quelli che ci ascoltano.
G.N.: Lasciamo che sia tu a pronunciare il nome del tuo sito…
M.M.: Sfortunatamente quando l’ho scelto non avrei mai pensato di finire a parlarne su una radio americana, ... ... per cui ho scelto un nome italiano molto lungo e complicato, luogocomune punto net.
G.N.: In quale parte d’Italia sei nato?
M.M.: Io vengo dal nord, sono di Milano. Ho vissuto a Milano fino a 35-40 anni, allora facevo il fotografo di moda. Poi ho iniziato a fare film, e sono venuto a Hollywood verso i quarant’anni, cioè circa 15 anni fa.
G.N.: Mi sembra che l’Italia stia avendo dei seri problemi economici in questo momento.
M.M.: Sicuramente. Io penso che i prossimi a cadere saremo noi, dopo la Grecia, la Spagna e il Portogallo.
G.N.: Parlando di teorie del complotto, quando guardiamo quello che sta succedendo sul nostro pianeta, con questi paesi che cascano uno dopo l’altro, vuoi per rivoluzioni interne o per catastrofi economiche, sembra quasi che qualcuno abbia scritto la sceneggiatura per cercare di riuscire a mettere sotto controllo tutti questi paesi. E’ una strana sensazione, la provi anche tu?
M.M.: Allora lei è un complottista!
G.N.: Certo che lo sono!
M.M.: Se cominci a guardare le cose da vicino, e ti metti ad analizzarle in modo razionale, ed hai un cervello che funziona normalmente bene, c’è solo un tipo di conclusioni a cui si può arrivare, e sfortunatamente questa è una di quelle. È molto difficile non vedere le cose in quel modo, quando si comincia ad inquadrarle in una prospettiva più ampia.
G.N.: Secondo me, e questa è una cosa che anche tu sottolinei nel tuo lavoro, una delle cose più importanti che sta alimentando l’informazione è Internet. Cosa ne pensi, in una prospettiva globale?
M.M.: Ricordo quando ho aperto il mio sito italiano, nel 2004, l’ho fatto perché mi sono reso conto che in Italia non c’era assolutamente nulla sull’11 settembre. Ho iniziato a pubblicare qualche articolo, ed improvvisamente ho generato moltissimo interesse. C’era questa sete per un tipo diverso di informazioni, e questo naturalmente negli ultimi anni è esploso, come abbiamo visto tutti. Io sono convinto che Internet sia la terza rivoluzione nella storia della comunicazione. La prima è stata l’invenzione della stampa, con Guthemberg, la seconda è stata quella di radio e televisione, e questa è la terza. Ma questa è la prima nella quale le informazioni non possono venire controllate. Con radio e televisione, e in precedenza con i libri, si poteva sempre controllare che cosa veniva messo in giro e cosa no. In questo caso invece il meccanismo viaggia nelle due direzioni, ed è qui che sta la grande rivoluzione: in Internet la mia voce vale tanto quanto la tua, e quanto quella di chiunque altro. E ora non è più possibile mentire, perché con Internet puoi sempre verificare i fatti. Una volta capitava, ad esempio, di vedere un programma in televisione dove magari ti dicevano che “tutte le teoria del complotto sul 11 settembre sono state smontate“, e tu semplicemente ci credevi e te ne andavi a dormire. Ora invece vai in Internet, controlli e dici “no, non è così”, e puoi sceglierti tu le tue fonti di informazione.
G.N.: In Internet si trovano articoli, si possono scaricare cose, o trovare citazioni della gente, cose a cui magari prima non avresti mai creduto, e ora tutto questo è disponibile.
M.M.: Per me ogni giorno rappresenta una nuova scoperta. Ormai sono sette anni che sto in Internet, 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Ho quasi dovuto rinunciare alla vita familiare per essermi buttato così a capofitto in questo genere di ricerche, che alla fine mi hanno portato a mettere insieme tutti questi film diversi, su argomenti così differenti. Per me ogni giorno porta una nuova sorpresa, e a questo punto non ho più nessuna certezza su nulla, sono aperto a chiunque porti una nuova idea, una nuova possibilità, e anche se mi viene da dire “ma dài, perfavore“, mi lascio sempre un po’ di spazio per la sorpresa. Troppe volte ho dovuto imparare che spesso queste cose sono vere, per cui bisogna sempre restare aperti a nuove possibilità.
G.N.: L’aspetto difficile di Internet è riuscire ad ottenere le informazioni che stai cercando, assicurandoti nel contempo che siano accurate.
M.M.: Assolutamente. È una spada a doppio taglio. Devi contemporaneamente imparare a navigare, e a scegliere e decidere quali siti siano credibili e quali no. Ma tutto questo fa parte del nostro processo di apprendimento. L’intera umanità sta crescendo ed imparando ad una velocità eccezionale, grazie ad Internet, e crescere ed imparare significa anche saper decidere e saper usare le tue capacità critiche. Mentre prima con la televisione, la radio e i giornali semplicemente ti mettervi comodo in poltrona e ti bevevi tutto quello che ti passavano, che era stato scelto da qualcun altro - e non parlo della radio nel vostro caso, la vostra è una radio nelle due direzioni, sto parlando dei media mainstream - nei quali sostanzialmente ti raccontano quello che vogliono loro, e tu non hai voce in capitolo. Ora la storia è completamente cambiata. Ci sono talmente tante cose che sono state recepite e diffuse negli ultimi anni che non credo siano mai state diffuse nell’arco degli ultimi duemila anni di storia umana. L’accelerazione della velocità con cui viene propagata l’informazione è talmente alta, la curva è talmente ripida, che a questo punto non so più nemmeno dove stiamo andando. Quanto più veloce di così si può ancora andare?
G.N.: Che cosa succederebbe - e io penso che possa succedere - se venissimo colpiti dai raggi di una esplosione solare, e tutti quelli che sono così tecnologicamente avanzati e così dipendenti da Internet, dai telefoni cellulari e dai social networks - ci sono giovani che non riescono nemmeno ad esistere se non scrivono qualcosa su Tweeter o Facebook appena si svegliano al mattino - cosa succede se veniamo colpiti da una radiazione solare, e tutto questo di colpo scompare?
M.M.: Sarebbe una nuova lezione per l’umanità. Dovremmo tornare tutti a quelle cose fondamentali che conoscevamo una volta, e che dovremmo reimparare daccapo.
G.N.: Ma saremmo in grado di farlo?
M.M.: Questo è da vedere. Potrebbe accadere molto presto, e sarebbe sicuramente una grande sfida. È possibile. Io non sono uno che crede particolarmente alle profezie del 2012, io credo che vi saranno dei profondi cambiamenti nel mondo, ma non necessariamente entro l’anno prossimo, magari nei prossimi 10, 15 o 20 anni. Lo dico semplicemente perché vedo i vettori della storia che vanno in una certa direzione, e questo mi dice che alcune convergenze cruciali dovranno essere affrontate per forza, non c’è modo di evitarle. Ma penso anche che l’umanità stia imparando molto in fretta ad adattarsi e ad affrontare i nuovi problemi, e quindi c’è una crescita da ambedue le parti. Da una parte i problemi stanno crescendo in modo molto rapido, ma dall’altra l’umanità sta imparando velocemente ad affrontarli. Sarà una gara all’ultimo respiro, ma sarà sicuramente una gara molto interessante.
Fine 1a parte
++++++++++++++++++++++++++++
SECONDA PARTE
G.N.: Come è avvenuta la transizione da fotografo di moda ai documentari? Di colpo ti è venuta questa illuminazione per produrre documentari?
M.M.: C’è stato un periodo intermedio, nel quale volevo fare dei film per il cinema. Ne ho fatti alcuni in Italia, mi sono fatto conoscere, ho vinto i miei piccoli premi ai festival di Venezia e di Cannes, e poi sono venuto qui per fare cinema. Mentre ero qui è successo l’11 settembre, e lì qualcosa è scattato in me. Quando mi sono reso conto di quello che credevo fosse veramente successo l’11 di settembre, quando ho cominciato ad intuire le dimensioni della bugia che ci avevano raccontato, cioè la versione ufficiale dei fatti, ho sentito una spinta ad approfondire sempre di più la cosa. Ho aperto questo sito, e in un certo senso mi sono dimenticato del cinema di fiction. Ho approfondito la ricerca sull’11 settembre, e da una cosa è nata l’altra, nel senso che ho scoperto che tutte le più grandi cospirazioni sono di fatto collegate fra loro.
G.N.: Lo sono.
M.M.: E così sono andato dall’una all’altra, all’altra, e non ho più smesso di fare ricerca. E ogni volta che concludo un ciclo di ricerca, quando sento di avere materiale a sufficienza, lo metto insieme in forma di film, lo rendo disponibile al pubblico, e poi loro possono decidere per conto proprio. Io non metto opinioni nei miei film, raccolgo soltanto fatti, li metto insieme, li organizzo nel miglior modo possibile, e poi lascio che sia il pubblico a trarre le proprie conclusioni.
G.N.: Io ho sempre sostenuto che non tutto è una cospirazione, ma che molto di questo lo è.
M.M.: Le cospirazioni esistono fin dal tempo di Catilina, a Roma, fanno parte della natura umana. Due persone che progettino di commettere un crimine insieme per definizione sono dei “cospiratori”. Persino la versione ufficiale dell’11 settembre è una teoria della cospirazione. Quella teoria del complotto, in particolare, sostiene che 19 islamici abbiano dirottato degli aerei e li abbiano portati a schiantarsi contro le torri e contro il Pentagono. Un’altra teoria del complotto dice che invece fu un auto-attentato. Qualcun altro potrebbe sostenere che sono stati gli alieni, ma quando hai due o più criminali insieme per definizione hai una cospirazione.
G.N.: Qual è stato il primo documentario che hai fatto?
M.M.: Era sull’11 settembre, e si chiamava Inganno Globale. Era bene o male l’equivalente di “Loose Change” qui negli Stati Uniti. E’ stato fatto per il pubblico italiano, ed è stato trasmesso in televisione nel 2006. Questo ha dato inizio ad una reazione a catena, che ha portato la discussione dell’11 settembre su tutti i media italiani, ed è continuata per oltre due anni. Ora, certamente non dico che ogni italiano sia convinto che l’11 settembre è stato un auto-attentato, ma almeno ogni italiano sa che esiste un grosso problema con la versione ufficiale dell’11 settembre.
[Manca un breve segmento nel quale abbiamo introdotto il film “L’Altra Dallas”, ed io ho affermato che l’assassinio di Robert Kennedy non sia stata che la seconda parte dell’omicidio di John Kennedy.]
G.N.: Parliamo dell’assassinio di Robert Kennedy, poi parleremo anche dell’11 settembre, argomento sul quale hai fatto un lavoro eccezionale. Tutto questo, come tu hai detto, era sostanzialmente il secondo capitolo dell’assassinio di John Kennedy, e forse l’omicidio di Jimmy Hoffa potrebbe essere stato il terzo. Tutte queste persone erano collegate fra di loro, in modi molto strani, e sono tutti morti!
M.M.: Si, è così. C’è anche una cosa interessante da dire. A volte si sentono le persone che negano le teorie del complotto, i cosiddetti “debunkers”, che usano continuamente questo argomento: “Se davvero fosse avvenuta una cospirazione di queste dimensioni, prima o poi qualcuno avrebbe parlato. Perché nessuno parla mai?” Ebbene, io ho appena fatto una raccolta di interviste e testimonianze di persone che, sul loro letto di morte, hanno confessato di aver preso parte all’assassinio di John Kennedy. Uno di loro ovviamente è Howard Hunt, l’uomo della CIA che da sempre era sospettato di aver preso parte alla cospirazione di Dallas, ma che lo aveva sempre negato. Poi però, prima di morire, ha lasciato al figlio una confessione registrata, nella quale non soltanto ammette di aver preso parte al complotto di Dallas, ma elenca anche alcune delle persone e degli assassini che erano presenti, David Morales fra tutti. Un’altra persona è Chauncey Holt, il tipografo che lavorava sia per la CIA che per la mafia, e che aveva preparato i distintivi che gli uomini dei servizi segreti indossavano sulla collinetta erbosa. Anche lui prima di morire ha confessato il suo ruolo, e ha raccontato tutta la storia. Un’altra è Madelein Brown. Lei era l’amante di Johnson, ed ha raccontato di questa strana festa che ha avuto luogo nella villa di Murchison – Murchison era un grosso petroliere del Texas - la sera prima dell’attentato. A quella riunione parteciparono George H. Bush, Richard Nixon, lo stesso Johnson…
G.N.: Interessante…
M.M.: … e Hoover, che venne da Washington per alcune ore. Quindi la gente prima di morire la racconta la verità. Il problema è che i media mainstream sono sempre pronti a saltare addosso ai complottisti, quando espongono una teoria del complotto, ma non sono mai molto attenti quando succedono queste cose. Non sono interessati veramente a scoprire la verità, e credo che questo sia il vero problema.
G.N.: E non indagano. Anzi, tutt’altro.
M.M.: Noi abbiamo una frase, sul nostro sito, che dice: “Se i giornalisti di tutto il mondo avessero fatto il proprio dovere il 12 di settembre, il problema dell’11 settembre sarebbe stato risolto”. Non è necessario essere un “complottista” per porti certe domande. Quando ad esempio ti raccontano che quattro persone che non hanno mai pilotato un jet nella loro vita di colpo si impadroniscono di questi aerei e compiono manovre nel cielo che sono definite praticamente impossibili da piloti con 30 anni di esperienza, non è necessario essere un complottista per dubitare di quello che ti dicono. Quando vedi degli edifici di 400 metri che cascano sulla propria pianta, come è accaduto con le Torri Gemelle - cosa che non è mai successa prima nella storia, e che probabilmente non succederà mai più - non c’è bisogno di essere complottisti, basta porre le domande adeguate.
G.N.: E poi vedi un edificio crollare, come l’edificio 7, che non era stato colpito da nulla…
M.M.: L’edificio 7 è quello che viene definito la “pistola fumante”, perché non solo non fu colpito da un aereo, ed è venuto giù nel modo in cui è venuto, ma ora il NIST, l’Istituto Nazionale per gli Standard e la Tecnologia, ha dichiarato che è crollato per un “nuovo tipo di crollo progressivo dovuto al fuoco” che non è mai accaduto prima, che esiste soltanto nelle favole, e che non accadrà mai più. Quindi di fatto hanno ammesso di essersi inventati questa storia, perché non erano in grado di spiegare il suo crollo.
G.N.: L’aspetto interessante… io penso che uno dei problemi sia questo: pensare che [i terroristi] abbiano fatto tutto da soli, senza nessun tipo di intelligence, per me è sconvolgente: semplicemente non riesco a crederci.
M.M.: Secondo me il problema dell’11 settembre è questo: su uno veramente comincia a guardare gli elementi di prova, e li considera uno per uno con mente aperta, un cervello normale ci mette dai due ai quattro minuti per rendersi conto che ti stanno raccontando delle bugie. La cosa è molto semplice. Il problema è psicologico, è una forma di diniego, …
G.N.: Non ci si vuole credere …
M.M.: … esattamente. Molte persone semplicemente non vogliano arrivare a quelle conclusioni, per motivi che fanno parte della nostra struttura psicologica, e che a mio parere vanno rispettati. Io rispetto le persone che faticano a giungere a quelle conclusioni. Ognuno ha la mente che ha, e se loro hanno difficoltà ad accettare certe conclusioni, è una cosa che io rispetto. Quelle che non mi piacciono sono le persone che mentono sapendo di mentire, pur di proteggere la versione ufficiale. Questa è la gente che veramente io non sopporto, e che combatto con tutte le mie forze. Ma se qualcuno non ce la fa ad accettare certe conclusioni, la cosa mi va benissimo, e lo capisco. Lo capisco perché si tratta di prendere una decisione veramente grande, nel momento in cui accetti una cosa così grande, devi sostanzialmente prendere in mano il tuo intero processo di informazione ed educazione, e non tutti sono pronti a fare questo.
G.N.: Tu hai sempre sostenuto che il tuo lavoro si limita a far sapere che la storia che ci è stata raccontata e falsa, e che non sta a te fornire le risposte su quello che è successo.
M.M.: Assolutamente, questa è la mia posizione. Noi siamo fermamente convinti che non stia ai cittadini spiegare cosa è successo veramente. A volte capita che ti facciano delle domande, e ti chiedano ad esempio “Se quelli non erano gli aerei, allora che cosa è successo agli aerei?” Oppure “Se quello era un missile, allora che cosa è successo all’aereo, e che cosa è successo ai passeggeri?” Non lo so che cosa è successo ai passeggeri. In tutta onestà, non so nemmeno se gli aerei che hanno colpito quegli edifici siano gli stessi che sono partiti da Logan a da Dulles. Ma questo non sta a noi. Noi, in quanto cittadini, possiamo al massimo usare il nostro cervello, la nostra conoscenza e la nostra logica per mostrare che ciò che ci è stato raccontato è una grande bugia, che la versione ufficiale fa acqua da tutte le parti. Dopodichè sta a coloro che ci hanno mentito di dirci che cosa è successo veramente. Noi non siamo l’FBI, non siamo investigatori, non abbiamo gli strumenti e non abbiamo l’intenzione di fornire quelle risposte.
G.N.: Sembra che anche la maggior parte dei membri della commissione 11 settembre abbia fatto capire di non aver fatto un lavoro troppo ben fatto, giusto?
M.M.: E’ sempre lo stesso meccanismo. Prima procedono all’insabbiamento, poi si sentono in colpa per avere insabbiato, e quindi i due co-presidenti della Commissione hanno scritto un libro insieme, nel quale dicono che “non avevano fondi a sufficienza”, che “sono stati messi sotto pressione”, che “hanno subito pressioni e limitazioni”, che “hanno incontrato un muro di gomma”, eccetera eccetera. Ma di fatto loro hanno messo la loro firma a quella che è la più grande bugia del secolo, il Rapporto della Commissione 11 settembre, che per me è l’esatto equivalente del Rapporto Warren. Ambedue i rapporti hanno tante cose in comune, in particolare il fatto che il loro scopo era di rassicurare la popolazione che la versione ufficiale - e cioè Oswald, oppure i 19 dirottatori islamici, nel caso dell’11 settembre - sono stati i veri colpevoli, e che non c’è nient’altro di cui preoccuparsi, che le istituzioni sono salde, e che tutto va bene. Ambedue hanno operato con lo stesso criterio, scartando tutti gli elementi di prova che portassero in una direzione diversa, e hanno solamente preso in considerazione gli elementi di prova che sembravano confermare la versione ufficiale. Questo è quello che hanno fatto, in ambedue i casi.
G.N.: Capisco la tua angolazione. Vedi, ci sono persone che credono alla versione ufficiale, e che dicono che chiunque sostenga qualcosa di diverso sia anti-patriota. E questa è una cosa che vorrei che le persone capissero, ed evitassero. Solo perché tu hai il tuo punto di vista, la tua opinione, questo non significa che tu sia antipatriota. Non significa che tu odi questo paese in alcun modo, tu ci vivi qui.
M.M.: Proviamo a capovolgere il concetto. Facciamo a questa persona ipotetica la seguente domanda: se tu fossi al corrente di informazioni - come lo sono io, insieme a molte altre persone - secondo cui di fatto è possibile che qualche elemento deviato nel nostro governo abbia contribuito all’11 settembre, o lo abbia fatto succedere, è più patriottico fare finta di niente e guardare altrove, oppure denunciarlo?
G.N.: Perfetto. Hai appena detto la cosa più importante che chiunque abbia mai detto. “Un gruppo deviato”. Uno degli errori che commette la gente quando parlano di complotti, e io ho parlato con altre persone nel mio programma che dicono “è stato il governo a fare questo“, io dico “no, il nostro governo non ha fatto questo”. Tu lo hai appena detto: un gruppo deviato.
M.M.: Certamente, non si può pensare che l’intera FBI, l’intera CIA o l’intero Senato si siano messi tutti d’accordo. Ovviamente questo non è possibile. Loro sono proprio i primi ad essere stati ingannati. E questo è un problema che è emerso durante le indagini sull’ 11 settembre, perché tutte le persone coinvolte si ritrovano curiosamente in posizioni chiave: il capo del forze armate congiunte, il vicepresidente che ha tenuto Bush lontano dalla Casa Bianca…
G.N.: Ti rivolgi ad una persona che è sul tuo libro paga fin da quando i sovietici hanno invaso l’Afghanistan, si chiama Osama bin Laden, e gli dici “abbiamo bisogno che succeda questo, perché tutte queste altre cose andranno al loro posto subito dopo, queste sono le istruzioni. Ti finanzieremo per farlo, tu procedi e fai quello che devi fare”. E così lui ha agito, e l’ho fatto. E poi come Noriega, come Saddam Hussein e come tanti altri, quando non servono più a niente vengono eliminati. Io penso che lo abbiano ucciso in maggio, ma ci sono molte persone, sia nel governo che fuori, che non ne sono affatto convinte.
M.M.: Nel caso particolare, io sono convinto che il vero Osama bin Laden sia morto per cause naturali nel dicembre del 2001. Ma questo per me non ha molta importanza, perché è ovvio che si tratta soltanto di un burattino, non è certamente “un cattivo“. Ma nuovamente, non sta a noi spiegare esattamente che cosa è successo, e che cosa abbia fatto lui veramente. Di certo sappiamo soltanto che su questo argomento ci hanno mentito alla grande. Lui è stato usato come uno spauracchio, quindi non ha realmente importanza quando è morto, il problema è che qualcun altro ha fatto l’11 settembre. Pensi a questo, ad esempio, George: non abbiamo una sola immagine dei 19 dirottatori che si imbarcano su uno solo dei quattro aerei che sono stati dirottati quel giorno. Boston, Dulles e Newark sono aeroporti internazionali, con telecamere di sicurezza dappertutto. Sono certo che se io provassi a rubare una caramella all’aeroporto di Logan verrei preso in tre secondi. Non abbiamo una sola immagine delle telecamere di sicurezza di uno dei 19 dirottatori che si imbarcano su uno dei quattro aerei dirottati.
G.N.: Ma non c’erano delle immagini di alcuni di loro che passavano i controlli di sicurezza?
M.M.: No. Vede, questo è stato il grande inganno. Quella che ci hanno fatto vedere è l’immagine di Mohammed Atta e di Alomari - uno degli altri presunti dirottatori - che si imbarcano su un volo precedente, da Portland nel Maine a Boston.
G.N.: Ah, ho capito. Aspetta, facciamo una pausa, poi parleremo del tuo lavoro su “Cancro le cure proibite”.
Fine 2a parte
I commenti alla 2a parte iniziano qui.
E' necessario essere iscritti e loggati per postare commenti.