LETTERA APERTA A GAD LERNER
(Facendo finta di essere un giornale importante), pubblichiamo la “lettera aperta” di una nostra collaboratrice a Gad Lerner, in occasione della sua ultima puntata della trasmissione televisiva “L’Infedele”:
Egregio Signor Lerner,
da tempo rispetto la sua serietà professionale e la sua coerenza di pensiero, ma l’altra sera, seguendo la puntata de l’ Infedele "Gli italiani e il mestiere delle armi", ho purtroppo dovuto sospendere questo giudizio, in attesa almeno di un suo chiarimento.
Il suo collage di frasi e personaggi storici infatti, costruito sia sfruttando la presenza di Ermanno Olmi (che ingenuamente ha concesso le splendide immagini del proprio film), sia saccheggiando a piene mani la miglior tradizione eroico- risorgimentale, strideva in maniera grottesca ... ... con l’accostamento surretizio che ne ha voluto fare alla persona di Fabrizio Quattrocchi.
Sfortunata finchè si vuole, quest’ultima, ma non mi risulta che i vari Giambattista Perasso, Enrico Toti, Amatore Sciesa, Nazario Sauro, Cesare Battisti ed altri ancora fossero dei “conquistadores”.
Mi pare anzi, e mi corregga se sbaglio, che combattessero proprio per liberare il nostro paese dal medesimo.
L’accostamento poi ai personaggi di Gassman e Sordi de “La Grande Guerra” (al secolo Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca, due coscritti che non avevano nessuna intenzione di andare a combattere) è semplicemente improponibile. E difficilmente sostenibile.
Non solo essi sono le vittime dell’invasore – e non, caso mai, le guardie del corpo del suo “braccio secolare” – ma la vigliaccheria ed il pianto con cui Sordi affronta la fucilazione, mentre nulla tolgono all’atto di coraggio compiuto in precedenza, sono proprio ciò che rende ancora più grande, toccante ed universale la sua figura.
Non è infatti il modo con cui qualcuno affronta la morte ciò che ne fa un eroe; è il “perché” affronta questa condanna, quando sapeva, andandole incontro, di rischiare di incapparci.
Ora, fatta salva la pìetas che può suscitare in chiunque la sorte di Quattrocchi, vorrei chiederle in cosa consisterebbe esattamente l’atto di eroismo da questi compiuto che meriterebbe la proposta di una “medaglia d’oro al valore”. Non credo infatti che una frase in sè (la cui veridicità fra l’altro – e lei che lavora nei media dovrebbe saperlo – è pari ai discorsi di bin Laden rimandatici da Al Jazeera), pronunciata forse più per esorcizzare la morte che per altro (come giustamente ha suggerito anche il suo ospite di AN), sia sufficiente a supportare il delicato paragone con coloro che sono morti, come abbiamo visto, in ben altri contesti e per cause ben più degne.
Non solo così si mente sulla figura di Quattrocchi, ma lo si fa sulla storia intera, rendendo ben poca giustizia a tutti gli altri. E lei sa meglio di chiunque altro quanto sia importante difendersi dal revisionismo strisciante, di ogni colore e bandiera.
In attesa di un suo chiarimento al proposito, che sono certa non mancherà, le porgo i miei migliori saluti.
Emanuela Swedeborg