Avendo vissuto per molti anni a Los Angeles (come regista e sceneggiatore), ho partecipato anch'io più di una volta alla cosiddetta "notte degli Oscar". Non parlo della cerimonia ufficiale, quella che avviene al Dolby Theatre, e che viene trasmessa in tutto il mondo; a quella partecipano solo le elites, i top guns, gli intoccabili, quelli che contano davvero, che stanno in cima alla piramide. Io parlo invece di tutto ciò che accade all'esterno di quel teatro, nelle stesse ore della cerimonia, e che coinvolge praticamente tutto il resto del mondo di Hollywood.
Sono infatti decine di migliaia i produttori, i registi, gli attori, gli scenografi, i direttori della fotografia, i compositori, gli sceneggiatori, i costumisti, i tecnici del suono, i truccatori, i musicisti e gli animatori che vengono da ogni parte del mondo, e che compongono quella che è sicuramente la più vasta comunità di creativi di tutto il pianeta. Attorno a questo comunità ruotano a loro volta intere falangi di agenti, di personal manager, di PR, di uffici stampa, di commercialisti, di avvocati e di intrallazzatori di ogni tipo.
Tutta questa gente comincia ad andare in fibrillazione nella settimana che precede la cerimonia degli Oscar, e già verso il giovedì nessuno ti risponde più al telefono. Chiami la tua agente per sapere se ha letto la tua ultima sceneggiatura, e lei ti risponde "Non adesso, my love, domenica ci sono gli Oscar". Come se dovesse organizzarli lei.
Il paradosso infatti è che più questi personaggi sono lontani dai vertici della piramide, più sembrano sentirsi coinvolti personalmente dall'evento imminente. Quella che avviene a Hollywood ogni anno non è soltanto la festa della elite, che sceglie, incensa e premia se stessa, ... ... ma è soprattutto la festa di tutti gli altri, di tutti quelli che restano fuori, di "tutti noi del cinema". Sentirsi parte di quella festa significa sentirsi "dentro" al cinema, ignorarla invece significa automaticamente non appartenere al mondo dello show-business.
E così alla domenica pomeriggio chiunque abbia mezzo amico a Hollywood si ritrova invitato a casa di qualcuno a vedere la cerimonia in diretta TV.
Si formano gruppi di cinque, dieci o venti persone che già dalle tre del pomeriggio si preparano ad assistere in religioso silenzio alla lunghissima serie di premiazioni. E se le vedono tutte, dalla prima all'ultima, senza perderne una. Iniziano con il "miglior rutto mai fatto da una comparsa in una scena di massa", passano per la "miglior cucitrice di calzamaglia non vedente", si sorbiscono estasiati il "miglior ballerino con i tacchi a spillo", e lentamente iniziano a risalire verso i premi più significativi ed importanti. Ma dopo due ore e mezzo di televisione - di cui quasi un terzo è fatto di pubblicità - sono ancora fermi alla "miglior sceneggiatura non originale". Dei grossi nomi, dei personaggi che contano, ancora non si sa nulla.
Solo dopo le sei di sera la cosa inizia a farsi seria. Mentre per le strade non si vede più nessuno, nelle mille case di Hollywood la tensione si fa palpabile. Ed ogni volta che vengono annunciati il miglior attore, la miglior attrice o il miglior regista, in ciascuna di quelle case c'è qualcuno che alza le braccia al cielo esultando, oppure si rovescia sul divano con un urlo di dolore. Come se quelli che hanno vinto o perso fossero loro amici intimi, fratelli di sangue la cui sorte va condivisa con profonda emozione, sia nel bene come nel male.
Una volta terminato questo rituale collettivo, la città esplode di colpo. L'intera comunità del cinema si riversa in strada, sale in macchina ed inizia una specie di gara lungo i boulevards per arrivare prima degli altri al ristorante. In un attimo tutti i migliori ristoranti di Hollywood sono saturi, mentre le code di chi aspetta fuori per mangiare si fanno sempre più lunghe.
Ma la gente del cinema non ha fretta. L'importante non è mangiare, l'importante è esserci. Iniziano così tutti a discutere dei premi assegnati, con la tale attrice che "meritava l 'Oscar molto più dell'altra", oppure con il film straniero che "non mi aspettavo proprio che vincesse lui".
Nel frattempo i camerieri dei ristoranti - che a Los Angeles sono quasi tutti attori disoccupati - si ammazzano fra di loro per riuscire a servire al tavolo del noto personaggio che magari hanno riconosciuto, e che sta focalizzando su di sè tutta l'attenzione del locale.
"Guarda chi c'è là in fondo, proprio sotto la finestra - ti senti dire - E' la sorella di Al Pacino!"
"Perchè, Al Pacino ha una sorella?" chiedi tu stupito.
"Certo. E' lei che ha scritto l'adattamento di Wuthering Heights."
"Ma quale? Il remake del 2011?"
"Non, non il film, la canzone. Quella cantata da Kate Bush."
"Ah - dici tu - La canzone."
Per un attimo osservi quella donna, senti un brivido che ti corre lungo la schiena e ti dici, "Cazzo, mi trovo nello stesso ristorante in cui si trova la sorella di Al Pacino".
Ma la vera serata, per il popolo degli Oscar, deve ancora iniziare. Sono infatti previsti, dopo la cena al ristorante, migliaia di parties in ogni zona della città, ed è qui che inizia la vera eccitazione per la gente dello show business. In questi parties infatti si pratica solo ed esclusivamente lo "shmoozing", cioè lo struscio di società: ciascuno si aggira con in mano il proprio bicchiere di Chardonnay, nella speranza di incontrare la persona che potrà dare una svolta alla propria carriera. Lo sceneggiatore cerca di incontrare l'attore giusto per sviluppare la sua idea nel cassetto, l'attore cerca di conoscere il regista che gli possa concedere una chance nel suo prossimo film, il regista cerca di incontrare un produttore che sia interessato alla sua nuova sceneggiatura, e il produttore cerca di conoscere un produttore più grosso di lui, che gli permetta di chiudere un budget inarrivabile. Miliardi di biglietti da visita vengono scambiati in poche ore, accompagnati da miliardi di sorrisi, di promesse e di strette di mano. Tutti incontrano tutti, e dopo questa total immersion ciascuno si ritrova convinto di avere fatto il pieno, e di avere finalmente conosciuto le persone che gli permetteranno di fare un salto nella propria carriera.
In realtà nulla di ciò accadrà, perché i veri giochi di Hollywood vengono fatti in altre stanze, lontano dal rumore dei parties e dalle bottiglie di chardonnay. Ma loro, il popolo di Hollywood, queste cose non le sa. Ebbri di vino e di immagini televisive, ciascuno di loro pensa in cuor suo che magari fra un anno, fra due o forse tre, là sul palcoscenico del Dolby Theatre a ricevere un premio ci sarà lui.
Ora però bisogna andare tutti a dormire, entro mezzanotte al massimo, perchè domani mattina alle nove i telefoni di Hollywood ricominceranno a squillare.
La macchina dell'illusione non si ferma mai.
Massimo Mazzucco