Durante un discorso ad una riunione di giovani rappresentanti del suo partito, la CDU, Angela Merkel ha messo ufficialmente fine al famoso esperimento sociale denominato “multikulti”, in corso in Germania da qualche decennio.
Il termine era stato coniato negli anni ’70 dai movimenti progressisti tedeschi, e stava ad indicare una società ideale nella quale diverse culture potessero convivere pacificamente l’una accanto all’altra.
“Per anni ci siamo trastullati all’idea di una società nella quale diverse culture potessero integrarsi pacificamente, traendo reciproco vantaggio dalla loro convivenza –
ha detto sostanzialmente la Merkel – ma dobbiamo renderci conto che questo progetto è miseramente fallito”.
Un termine come “miseramente fallito”, che non lascia spazio a speranze di alcun tipo, … … non è affatto casuale in un momento in cui il dibattito sull’integrazione sociale degli stranieri in Germania è particolarmente bollente.
Laddove “straniero”, come ben sappiamo, equivale quasi automaticamente a “musulmano”.
La miccia era stata accesa lo scorso agosto da un alto personaggio della Bundesbank, Thilo Sarrazin, che aveva accusato apertamente gli immigranti musulmani di venire in Germania attratti dai vantaggi del “welfare state”, ma di essere “assolutamente incapaci di integrarsi nel tessuto sociale, per motivi che sono radicati nella stessa religione islamica". Già in precedenza Sarrazin
aveva affermato che “non si capisce perchè dovremmo accettare gente che vive dell’elemosina di uno stato che essi stessi rifiutano, gente che non ha alcun interesse nell’educazione dei loro figli, e che continua soltanto a produrre ragazzine con la testa avvolta da una sciarpa”.
In quell’occasione Angela Merkel era stata obbligata a prendere le distanze da Sarrazin - che fu poi costretto a dimettersi a causa delle sue dichiarazioni – ma nel frattempo ne aveva approfittato per asserire che “chiunque vive qui deve essere disposto ad integrarsi nella società, imparare la lingua e frequentare la scuola.”
La settimana scorsa il leader del CSU Horst Seehofer, alleato politico della Merkel, aveva detto che “è evidente come gli immigranti di diversa cultura, provenienti dalla Turchia o da altri paesi arabi, facciano molta fatica ad integrarsi.”
Diventa quindi evidente come per la Merkel, per Sarrazin, per Seehofer e per tutti gli altri politici che lo usano ipocritamente da anni, il termine “multikulti” non rappresenti affatto la “convivenza pacifica di culture diverse”, ma il più classico e banale processo di integrazione, nel quale si richiede all’immigrante di uniformarsi in tutto e per tutto alla cultura locale.
Pena la sua espulsione dalla società, o comunque la ghettizzazione al suo interno.
A dare manforte a queste posizioni xenofobe c'è un recente sondaggio, secondo il quale oltre il 30% dei tedeschi è convinto che “il paese sia invaso da stranieri”, e che i 16 milioni circa di immigrati che vivono oggi in Germania siano venuti per approfittare dei vantaggi dello stato sociale.
A metà del 19° secolo esplose in Germania il dibattito sulla presunta incapacità degli ebrei di “emanciparsi”, ovvero di adattarsi ed integrarsi nella cultura locale. Poi venne Max Weber, che con “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” introdusse ufficialmente il concetto di “sociologia della religione”, attribuendo naturalmente alla visione cristiano-protestante il successo dell’occidente sul resto del mondo, “rallentato” da religioni meno efficaci e produttive della sua. Dieci anni dopo la sua morte sarebbero arrivate le leggi razziali contro gli ebrei.
Assisteremo presto a qualcosa di simile – fatti i dovuti distinguo, ovviamente – anche per il mondo dei musulmani?
Massimo Mazzucco