Quando gli Stati Uniti sconfissero la Spagna, nel 1898 (ricordate l’auto-affondamento del Maine, prima
false flag della storia moderna?) presero il possesso, fra altri territori, dell’isola di Cuba.
A quel punto la Spagna disse: “Benissimo, vi siete presi Cuba? Ora vi accollate anche il debito monetario che Cuba aveva nei nostri confronti“.
Gli Stati Uniti ci pensano un po’, e poi risposero: “Spiacenti, ma i prestiti che avete fatto all’isola di Cuba non erano intesi ad aiutare la sua popolazione, ma anzi a rafforzare il sistema di repressione che li manteneva in stato di schiavitù nei vostri confronti. Non ci riteniamo quindi obbligati ad onorare il loro debito verso di voi. Tanti saluti e buon Natale.”
Vi era già stato un precedente simile, nel 1883, quando il Messico rivoluzionario di Benito Juarez aveva ripudiato il debito assunto per conto della nazione dall’imperatore Massimiliano I. In quel caso però il ripudio del debito fu motivato dal modo palesemente illegale con cui Massimiliano era salito al potere in primo luogo.
Nel 1918 toccò alla Russia rivoluzionaria ... ... di ripudiare il debito assunto in precedenza dallo Zar Nicola, con una motivazione simile a quella degli Stati Uniti per Cuba.
Nasceva così il concetto di “debito odioso”, che sarebbe poi stato formalizzato a livello internazionale dal giurista russo Alexandr Sack, professore di diritto all’università di Parigi. Nel 1927 Sack pubblicò un saggio, intitolato “Gli effetti della trasformazione dello stato sul debito pubblico e su altre obbligazioni finanziarie”, nel quale affermava: "Se un governo dispotico incorre in un debito non per bisogni o per interessi dello Stato, ma per rafforzare il regime dispotico, per reprimere la lotta della popolazione contraria al regime stesso, tale debito è odioso per la popolazione dell'intero Stato. Questo debito non è un'obbligazione per la nazione: è un debito del regime che lo ha contratto, è un debito personale del potere che lo ha assunto; di conseguenza esso si estingue con la caduta di questo potere.”
Con il Trattato di Versailles del 1919 il concetto di “debito odioso” venne applicato per la prima volta a livello multinazionale: Francia e Polonia furono parzialmente esentate dall’assumersi il debito contratto dai tedeschi nei territori conquistati di Alsazia e Lorena, e dalla Polonia stessa, poichè i prestiti erano stati finalizzati al mantenimento del controllo su quei territori, e non al bene delle popolazioni locali.
Con lo storico Caso Tinoco, del 1922, venne introdotto un concetto di fondamentale importanza, che contribuì alla formulazione definitiva della cosiddetta dottrina del “debito odioso”: la provata consapevolezza, da parte del creditore, dello scopo reale del prestito erogato. Quando il Costa Rica si rifiutò di onorare i debiti assunti dal dittatore Tinoco verso il Canada, il caso internazionale fu affidato al giudice Taft, ex-presidente della corte suprema americana e futuro presidente degli Stati Uniti. Taft dimostrò che al momento di erogare il prestito i canadesi sapevano benissimo che Tinoco lo avrebbe utilizzato per difendere la propria dittatura, già barcollante, nel tentativo estremo di reprimere la popolazione insorta contro di lui.
In base a questo fatto, Taft stabilì che il nuovo governo del Costa Rica non fosse obbligato a ripagare un debito che la sua popolazione non aveva mai assunto in primo luogo, mentre introduceva il precedente legale in cui si invita il creditore a rivolgersi direttamente al prestatario (il dittatore Tinoco, in questo caso) se vuole riavere il suo denaro.
Nel 1947 toccò all’Italia subire le conseguenze dei prestiti “sconsiderati”, o indirizzati comunque alla repressione del popolo stesso che li riceve: nel Trattato di Parigi venne stabilito che l’Etiopia non dovesse restituire i soldi ricevuti in prestito dall’Italia nel periodo coloniale, in quanto erano stati utilizzati proprio per rafforzare il suo predominio sulle popolazioni locali.
Se ora consideriamo il reale meccanismo su cui sono basati oggi i prestiti internazionali (World Bank e IMF soprattutto), ci rendiamo conto del potenziale devastante rappresentato dalla dottrina del debito odioso, se venisse applicata con lo stesso rigore con cui è stata applicata in passato: riuscendo a dimostrare che un qualunque stato del terzo mondo ha ricevuto prestiti che non sono stati utilizzati per il beneficio della popolazione, e dimostrando che questo fatto fosse noto già in partenza a chi ha erogato il prestito, il debito assunto da quello stato verrebbe immediatamente a decadere.
E’ quello che propongono gli autori Léonce Ndikumana e James Boyce nel libro “Africa’s odious debt” (Il debito odioso dell’Africa), nel quale spiegano come oltre il 50% dei prestiti erogati negli ultimi 20 anni verso le nazione africane sia sistematicamente “uscito” da quelle nazioni – sotto forma di commesse industriali prestabilite, verso gli stessi paesi eroganti, oppure di acquisto di armi da parte dei dittatori locali – entro un anno al massimo dall’erogazione.
Mentre il resto dei soldi prestati finisce quasi sempre nelle tasche dei governanti corrotti di quel paese, come nel caso del dittatore dello Zaire, Mobutu, che aveva usato i prestiti internazionali per far costruire una pista di atterraggio per il Concorde davanti a casa sua.
Il risultato di questi “aiuti umanitari”, spiegano gli autori del libro, è quindi duplice: da una parte gli stati che hanno ricevuto i prestiti si ritrovano in stato di schiavitù permanente verso i loro benefattori, mentre dall’altro, dovendo sudare sette camicie per ripagare il debito, sono costretti a tagliare anche quel poco di budget che hanno a disposizione per la salute pubblica, l’istruzione e le infrastrutture.
Lo schiavismo non è mai stato abolito, ha solo cambiato le apparenze.
Provate quindi ad immaginare che cosa sarebbe successo se Gheddafi avesse introdotto la moneta unica africana, basata sull’oro, convincendo nel contempo tutti gli stati del continente ad impugnare la dottrina del “debito odioso” contro i creditori occidentali.
In confronto la Terza Guerra Mondiale sarebbe apparsa come un corteo silenzioso di pacifisti.
Massimo Mazzucco
In
questo video, diviso in tre parti, Ndikumana e Boyce spiegano nel dettaglio la questione del debito africano.