di Marco Cedolin
I problemi connessi allo smaltimento dei rifiuti sono molteplici e di grande complessità ma non possono prescindere da una riflessione globale sull’argomento.
Il “peso” dei rifiuti nella nostra società grava per intero sulla schiena dei cittadini che ne pagano il costo sia in termini economici sia sotto forma di degenerazione dell’ambiente in cui vivono, con conseguenze negative per la loro salute. Di contralto molti speculatori senza scrupoli, sotto forma di società pubbliche e private che gestiscono discariche ed inceneritori, proprio grazie ai rifiuti stanno accumulando immense fortune. Occorre perciò prendere coscienza di come quello che per la maggior parte dei cittadini si manifesta sotto forma di un grave problema da risolvere, per altri rappresenta semplicemente una fonte di facile arricchimento personale da preservare il più a lungo possibile.
Qualunque approccio serio e ponderato al problema rifiuti non può perciò prescindere dalla consapevolezza dei termini dello stesso da parte dei cittadini e dalla necessità di affrancarsi da un modello di sviluppo come quello attuale, improntato al consumismo più sfrenato che ingenera per forza di cose un incremento altrettanto sfrenato dei materiali di scarto.
I rifiuti smaltiti nella maniera più efficiente e sicura sono quelli che non vengono prodotti ed è proprio nell’ottica di una drastica riduzione dei materiali di scarto che sarà necessario muoversi qualora si voglia affrontare il problema in maniera organica. Questo obiettivo può essere perseguito solamente intervenendo a monte, razionalizzando i consumi, imponendo alla produzione industriale contenitori e imballaggi riutilizzabili, favorendo la riparazione anziché l’eliminazione, privilegiando l’inserimento in commercio di prodotti riciclabili e dal potenziale scarsamente inquinante, ripensando l’intera produzione di beni di consumo in funzione del loro recupero e riutilizzo.
Solamente dopo avere reimpostato il problema in termini di riutilizzo ... ... e non di smaltimento sarà possibile affrontarlo in maniera costruttiva con l’ausilio di una raccolta differenziata seria ed efficiente e delle strutture tecnologicamente avanzate indispensabili per tradurre in pratica lo sforzo dei cittadini.
In Italia la produzione di rifiuti non è mai stata contrastata attivamente attraverso leggi che ne limitassero l’incremento, al contrario la politica ed i grandi gruppi di potere si sono fino ad oggi preoccupati solamente della spartizione del business miliardario concernente le discariche e gli inceneritori. Negli ultimi anni si stanno moltiplicando in maniera esponenziale i progetti di megainceneritori faraonici che vengono presentati all’opinione pubblica sotto le mentite spoglie di mirabolanti prodotti dell’innovazione tecnologica in grado di coniugare uno smaltimento “pulito” dei rifiuti con la produzione di energia derivante dall’incenerimento degli stessi.
In realtà in quelli che vengono impropriamente definiti termovalorizzatori, di mirabolante e d’innovativo non c’è assolutamente nulla, mentre sono moltissime le controindicazioni connaturate nella pratica dell’incenerimento.
Nel rapporto dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia) viene affermato categoricamente come l’incenerimento sia fra tutte le tecnologie di trattamento dei rifiuti in assoluto la meno rispettosa dell’ambiente e della salute. Questo poiché la combustione trasforma anche i rifiuti relativamente innocui quali imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, polveri fini, ceneri volatili e ceneri residue. Inoltre come spiegato dettagliatamente nelle ricerche di Stefano Montanari, Direttore scientifico del Laboratorio di Nanodiagnostica di Modena, i megainceneritori di nuova generazione in virtù delle alte temperature alle quali trattano i rifiuti, oltre ad emettere diossina, furani, idrocarburi policlici, acidi inorganici, ossido di carbonio ed altre sostanze dalla ferale pericolosità, producono particolato costituito da nanoparticelle finissime (PM 2,5 ed inferiori) che sono altamente patogene e non vengono rilevate dagli strumenti di controllo né bloccate dai filtri degli impianti.
In realtà come fa notare lo stesso Montanari, incenerendo i rifiuti non li si elimina affatto, ma semplicemente li si trasforma in particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista, la cui tossicità aumenta man mano che esse divengono più minute, particelle che sono destinate ad entrare nel nostro corpo attraverso l’aria che respiriamo e la catena alimentare.
Da una tonnellata di rifiuti bruciata si ricava infatti una tonnellata di fumi, da 280 a 300 kg di ceneri solide da stoccare all’interno di discariche per rifiuti speciali, 30 kg di ceneri volanti (la cui tossicità è enorme) 650 kg di acqua sporca da depurare e 25 kg di gesso. Il che significa il doppio di quanto si è inteso smaltire, con l’aggravante di avere trasformato il tutto in un prodotto altamente patogenico.
A Torino il nuovo megainceneritore del Gerbido sorgerà al confine del territorio comunale di Grugliasco, a meno di 2 km dall’Ospedale San Luigi di Orbassano specializzato in pneumologia, in una zona già oggi pesantemente inquinata a causa del traffico e degli insediamenti industriali.
L’impianto sarà in grado d’incenerire 421.000 tonnellate di rifiuti/anno ma la capacità massima arriverà a 579.000 tonnellate/anno.
Nelle intenzioni dei progettisti il nuovo megainceneritore del Gerbido dovrà essere il precursore di una nuova filosofia in grado di reinterpretare il ruolo delle strutture deputate all’incenerimento in chiave di attrazione turistica.
Nell’intento di perseguire la sua vocazione “turistica” l’inceneritore, il cui costo previsto è di 311 milioni di euro, avrà peculiarità architettoniche fuori dall’ordinario, nonché la “firma” dei disegnatori del centro Stile Bertone. Il visitatore si muoverà fra ampie vetrate, pareti dalle linee verticali, colori chiari alternati con l’arancione ed il giallo che compongono il logo della TRM, la società pubblica che gestirà l’impianto. Il camino di emissione sarà alto 120 metri e sulla sua sommità sarà collocata una torre di osservazione dalla quale oltre la cortina fumogena i turisti saliti fino lì attraverso un ascensore panoramico trasparente potranno ammirare la città ed il panorama circostante. Per rendere maggiormente fascinosa l’ambientazione il camino sarà inoltre avvolto in una superficie di vetro sulla quale scorrerà un velo d’acqua suddiviso in due rami che scenderanno a cascata fino ad un laghetto squadrato realizzato ai piedi dell’edificio. A suggellare lo spirito della struttura collocato a metà fra tecnologia e parco dei divertimenti ci sarà anche un “giardino d’inverno” situato nella palazzina degli uffici e visibile dall’esterno attraverso l’ampia vetrata.
In realtà il megainceneritore del Gerbido svestiti i panni d’improbabile attrazione turistica non sarà in grado d’interpretare nulla e si limiterà ad emettere fumi velenosi come fanno da tempo tutti gli altri impianti d’incenerimento dei rifiuti. Dissiperà oltre un milione di metri cubi d’acqua l’anno destinati al suo sistema di raffreddamento, praticherà l’eutanasia del sistema di raccolta differenziata in città, necessitando di un’enorme quantità di rifiuti dall’alto potere calorifero che ne garantiscano il funzionamento, produrrà energia elettrica emettendo nell’atmosfera quantitativi di CO2 doppi rispetto ad una centrale a gas naturale di eguale potenza.
Le reali conseguenze dell’impianto sull’ambiente e sulla salute degli abitanti che vivono nell’area soggetta alle emissioni saranno di notevole entità come ampiamente dimostrato dagli studi aventi per oggetto impianti assimilabili e dal fatto che TRM abbia già stanziato ben 30 milioni di euro per interventi di “compensazione ambientale” da mettere in atto nei comuni interessati dalla ricaduta dei fumi dell’inceneritore. Tali conseguenze probabilmente non verranno però mai rese note e neppure misurate, dal momento che le autorità si sono già premurate affinché nulla possa turbare il futuro del megainceneritore, facendo si, come spesso avviene in Italia che controllato e controllore siano in realtà un unico soggetto.
La Trattamento Rifiuti Metropolitani (TRM) è infatti una società pubblica di proprietà dei comuni ed i soggetti che hanno definito la necessità di costruire l’impianto e lo hanno affidato a TRM sono gli stessi che conducono la procedura di compatibilità ambientale e che successivamente avranno specifici compiti di controllo e intervento sull’impianto stesso nel caso di malfunzionamenti o problemi.
Marco Cedolin
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