IN TRE PAROLE BUSH ROVINA TUTTO
31.08.04 - Se non fosse che ci va di mezzo il futuro dei nostri figli, ci sarebbe da spanciarsi dalle risate dal mattino alla sera. L’intera convention repubblicana, che inizia oggi, era stata pensata dalle eminenze grigie della Casa Bianca, guidate da Karl Rove (nella foto con Bush), fin nel più minimo dettaglio. Prima di tutto, la scelta della sede stessa, tanto rischiosa quanto obbligatoria: New York. Per una campagna d’autunno incentrata sulla lotta al terrorismo – questa è la chiave scelta dal think tank del presidente per la propaganda elettorale – non si poteva che tornare sul luogo del delitto, e cercare di risvegliare nella gente quelle paure che in molti non sono ancora del tutto sopite. Il rischio stava nel voler andare a giocare la partita nella tana del leone: la California e New York sono i due stati democratici per eccellenza, e le manifestazioni di ieri, con quasi un milione di persone a dimostrare contro Bush per le strade di Manhattan, lo hanno confermato. Ma la gara elettorale è mediatica, e non fisica, e la presidenza si vince nei televisori, non nelle strade; giustamente quindi devono aver fatto il calcolo che, una volta passata la buriana iniziale, la strada per il successo sarebbe stata tutti in discesa.
Peccato che questa volta si siano dimenticati di mandare Bush a leggere le favole in qualche scuola elementare della Florida, ... ... e così lui, convinto di essere una persona autonoma e con tanto di raziocinio, si è lasciato scappare, durante un discorso “fuori porta”, un suo pensiero intimo sulla guerra al terrorismo: ''I don't think you can win it'', ha detto, non penso che la si possa vincere. Apriti cielo. Non aveva ancora chiuso la bocca, che già venti democratici DoC erano in TV a denunciare un presidente insicuro e cacasotto, un presidente che dice una cosa poi ne dice un’altra, un presidente che non sa guidare la nazione e che, in poche parole, sarebbe meglio che tornasse a casa a curare le sue mucche.
Solo loro sanno quello che deve essere successo dietro le quinte della dirigenza, ma fatto sta che oggi il presidente ha cambiato idea: ''In this different kind of war, we may never sit down at a peace table. But make no mistake about it, we are winning and we will win''. In questo tipo di guerra diversa, potremmo non sederci mai ad un tavolo dalla pace, ma non fatevi ingannare, stiamo vincendo e vinceremo”.
Ma ormai la frittata è fatta, perchè Bush è già diventato, nelle parole di John Edwards, un presidente che è passato dal famoso “mission accomplished” (lo striscione “missione compiuta” sulla portaerei, nel maggio scorso) a “missione miscalculated” (mal calcolata), ed ora a “mission impossibile”.
Un’altra novità è che questo episodio ha rotto la storica regola per cui, durante la convention di uno dei due partiti, l’altro si ritira in silenzio e gli concede l’intera platea. Ma questa non è certo la prima consuetudine che è stata fatta saltare, in un lotta fra i due gruppi di potere che sta riscrivendo l’intero regolamento del duello politico negli Stati Uniti.
In verità, comunque, Bush non è così banalmente “cretino” come spesso viene voglia di credere. Bush è piuttosto la vittima – a causa di una intelligenza non certo sopraffina, questo forse sì – del pericolosissimo gioco inventato da Karl Rove e soci, ove ogni singola mossa si rivela regolarmente un’arma a doppio taglio. Vuoi creare un bin Laden cattivo e smaliziato abbastanza da concepire gli attentati alle torri, ma non troppo da poterlo prendere (probabilmente morto, a questo punto) prima di Novembre. Vuoi spaventare la gente abbastanza da far passare le leggi che ti fanno comodo, ma non tanto da farli smettere di “fare shopping”. Vuoi demonizzare il mondo islamico a sufficienza per poterlo invadere, ma non tanto da vedertelo rivoltare contro come infatti sta accadendo.
Vuoi coltivare il mostro del terrorismo, per restare al comando per altri quattro anni, ma non tanto da non sentirti dire che non hai fatto abbastanza per combatterlo. Ed è probabilmente colto fra due “bioritmi” inconciliabili come questi, che il buon Bush ha fatto corto circuito.
(Mi immagino la scena, dopo, con il think tank di Rove: “Ma come, non mi avevate detto voi che bisogna tenerli sempre sulla corda?” “Sì, ma senza dire che non vinceremo mai!” “Ma come faccio a dirgli che vinciamo, senza dirgli che allora non c’è più pericolo?” “Usa il gerundio, no? Stiamo vincendo. Stiamo”.”Si, ma quanto può durare un gerundio, scusate?” “Basta che mi arrivi fino a Novembre, George, poi al resto pensiamo tutto noi”).
Massimo Mazzucco