di Marco Cedolin
Siamo in guerra ormai da una settimana, ma dai balconi delle case italiane, anzichè le bandiere arcobaleno della pace continuano a garrire i tricolori di quella patria, riscoperta anche da tanta sinistra, proprio nel momento del suo totale asservimento al padrone a stelle e strisce ed ai suoi vassalli di Bruxelles.
Il popolo dei pacifinti, presente in massa nelle piazze e nelle strade qualche anno fa durante l'invasione dell' Iraq, quando lottare contro la guerra era esercizio prodromico alla conquista di facili consensi elettorali ed ambite poltrone "che contano" sembra essersi dissolto senza lasciare traccia ed i pochi aneliti di contestazione passano perlopiù inosservati, poichè privati della sponsorizzazione di quei partiti e quelle organizzazioni che dal dopoguerra in poi gestiscono "le piazze" a proprio piacimento.
Diventa impossibile non domandarsi dove siano finite
le 150.000 persone con le quali il 18 febbraio 2007 ho condiviso la manifestazione oceanica di Vicenza contro la costruzione della nuova base militare americana
Dal Molin. A rigore di logica chi si oppone con fervore alla costruzione di una base militare dovrebbe manifestarsi ben più indignato di fronte all'entrata in guerra del suo paese, ma evidentemente in questi giorni, di logica in giro se ne ravvisa davvero pochina.
Così come diventa diventa impossibile comprendere che fine abbia fatto il popolo cattolico … … delle marce della pace Perugia-Assisi, dal momento che il mondo cattolico in questi giorni di guerra ha finora manifestato solo inanità e desistenza, in perfetta sintonia con l'assoluto disinteresse espresso dai suoi vertici, nei confronti dell'aggressione armata a Tripoli.
E altrettanto ostica si rivela la ricerca degli strenui difensori della Costituzione, che quasi settimanalmente organizzano qualche marcetta, presidio, manifestazione, protesta di piazza, ma inspiegabilmente sembrano essere caduti vittima di una dissolvenza di fronte alla palese violazione dell'art 11, che in quanto estimatori della nostra carta costituzionale dovrebbero conoscere molto bene.
Se il pacifismo e l'impegno di quelle forze politiche e sociali che per puro utilitarismo, della pace avevano fatto la propria bandiera, latitano e sembrano incapaci di proporre una qualche reazione degna di questo nome, la propaganda di guerra è invece ben presente, grazie all'impegno di una nutrita schiera di giornalisti prezzolati, animali politici di ventura ed opinionisti militari d'accatto che non mancano mai quando s'invade in armi qualche stato sovrano.
Gli inviati della TV sono come sempre embedded da una parte sola, che naturalmente è quella degli "eroici" insorti affamati di democrazia, e raccontano una pseudo realtà unilaterale che potremmo chiamare quella di Bengasi, della CNN, di Al Jazeera, della Nato e dei militari. Gheddafi ha già ucciso più di ottomila civili, bisogna fermare le sue stragi ed aiutare "gli eroi" che nonostante le bombe del dittatore stanno pian piano riconquistando tutto quel paese il cui controllo spetta loro di diritto.
I missili e le bombe degli alleati impegnati nell'operazione Odissea all'alba (sarebbe stato più onesto chiamarla "Siamo in 20 energumeni che picchiano a sangue un bimbo dell'asilo ma ci piace così") sono buoni, come lo sono gli animi degli alleati stessi. Distruggono le postazioni radar, ma anche i blindati e le jeep dell'esercito libico, ma anche le strutture aeroportuali, molte case di civile abitazione e perfino qualche ospedale. Dentro agli automezzi non ci sono uomini, così come non ci sono uomini negli aeroporti, nei porti, nelle costruzioni civili e neppure negli ospedali. Al più ci sono criminali al soldo di Gheddafi, scudi umani e malati immaginari, ai quali lo status di essere umano è stato revocato di diritto dall'Onnipotente.
La TV ed i giornali di Gheddafi raccontano una storia diversa, fatta di morti ammazzati dai bombardamenti alleati, quartieri in fiamme e stragi di varia natura. Ma quella di Gheddafi è solo propaganda, costruita ad arte per creare disinformazione e mistificare la realtà.
Lo sappiamo bene noi giornalisti italiani ed occidentali che siamo tutti a Bengasi, embedded fra gli insorti, queli buoni, ed a Tripoli ci guardiamo bene da andare. A Tripoli ci sono i cattivi che sostengono Gheddafi e quando se ne vedono sfilare in piazza a migliaia siamo certi che si tratti di un barbatrucco del Rais. A Tripoli c'è un odio (naturalmente ingiustificato) nei confronti della stampa occidentale. E soprattutto a Tripoli cadono le bombe, quelle buone degli alleati, quelle che non fanno mai alcuna vittima fra i civili, perchè li trasformano in mercenari di Gheddafi e psicopatici sanguinari, sempre un istante prima di morire.
Marco Cedolin
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