di Marco Cedolin
Chiunque di noi con l’ausilio di un videoregistratore e un paio d’ore di tempo può fare un semplice esperimento volto a dimostrare come l’Italia della campagna elettorale e quella di oggi siano due paesi che a dispetto della cartina geografica si trovano agli antipodi l’uno rispetto all’altro.
E’ sufficiente prendere dalla scansia qualche vecchia videocassetta sulla quale avevamo registrato (magari per sbaglio) una puntata di Ballarò, qualche concitato scontro verbale andato in onda su Matrix, l’infinita sequela di dichiarazioni esperite dai vari esponenti politici che con furia belluina per mesi si sono disputati il monopolio del tubo catodico, oppure se si è fortunati possessori dell’ambita reliquia, perfino lo storico faccia a faccia a cronometro Berlusconi vs Prodi o l’altrettanto struggente sequel Prodi vs Berlusconi.
Le immagini ci ricorderanno come tutta la campagna elettorale abbia mostrato due schieramenti contrapposti che si affrontavano usando toni molto accesi, ... ... palesando apparentemente abissali differenze nel modo di affrontare le varie tematiche politiche sia di ordine nazionale che internazionale.
Gli uni a propagandare un paese in salute grazie all’enorme mole di riforme messe in atto, tutte eccezionali e tutte indispensabili, gli altri a piangere un paese devastato da 5 anni di malgoverno, con le famiglie non più in grado di arrivare alla fine del mese, la sanità lasciata senza fondi, il lavoro precario dilagante.
Gli uni appiattiti sulle posizioni americane ed israeliane, disposti ad “investire” in uomini e mezzi nelle guerre di Bush, tutti lì a soffiare sulle ceneri dell’odio anti islamico, agitando lo spettro del terrorismo quale minaccia globale buona per ogni occasione; gli altri a difendere il pacifismo, a promettere immediati disimpegni militari, disposti ad impegnarsi per far si che i nostri troppi soldati di pace evitassero di trasformarsi in altrettanti caduti di guerra.
Nelle immagini delle videocassette i contorni delle cose erano netti, le contrapposizioni chiare, così come si percepiva altrettanto chiaramente l’impressione di trovarsi di fronte a due interpretazioni profondamente diverse della realtà sia in chiave presente che futura.
L’Italia del dopo elezioni che man mano emerge in questi mesi è un paese sfocato, brumoso dove tutti cercano di mistificare la realtà giocando con il senso delle parole.
Un paese dove governo ed opposizione sembrano essersi fusi in un’unica classe politica, appiattita sulle medesime logiche di potere ed eterodiretta dall’alto.
Il voto di ieri alla Camera concernente il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, approvato praticamente all’unanimità da tutti i deputati (549 voti favorevoli e 4 contrari) dimostra inequivocabilmente la presenza di un “pensiero unico” favorevole alla presenza militare del nostro paese a fianco degli Stati Uniti laddove a Bush necessiti un appoggio armato.
Anche di fronte alla guerra (perché di sporca guerra si tratta e non di crisi) che lo Stato d’Israele sta conducendo in Libano si percepisce lo stesso pensiero unico, perché al di là delle tenui sfumature con le quali si cercano di colorire le parole, governo ed opposizione due sere fa erano a Roma dalla stessa parte della barricata a difendere i diritti d’Israele quasi si trattasse di una guerra fra due superpotenze e non dell’aggressione da parte di uno dei più potenti eserciti del mondo che ha deciso d’invadere uno stato sovrano adducendo come scusa del suo gesto il rapimento di 2 militari.
Se si eccettuano le prese di posizione dei partiti della cosiddetta “sinistra radicale” dove l’accezione radicale (che non cesserà mai di stupirmi) indica semplicemente un minimo di coerenza con le idee da sempre patrimonio della sinistra, nessun rappresentante del governo e dell’opposizione si è minimamente preoccupato della catastrofe umanitaria consistente in oltre 700.000 profughi cacciati dalle proprie case. Tutti esternano preoccupazione e biascicano parole di rincrescimento ribadendo il diritto d’Israele a difendere la propria sicurezza, dimenticando colpevolmente che in Medio Oriente da sempre dentro i campi profughi ci sono i palestinesi della cui sicurezza non è mai importato nulla a nessuno.
Anche nel DPEF che pur sommariamente identifica la direzione nella quale il governo intende muoversi in materia finanziaria il pensiero unico si ripropone con chiarezza adamantina. Tagli alla sanità, alle pensioni, nuovi sacrifici per le famiglie (ma non era stato ripetutamente affermato che le stesse famiglie già si trovavano nell’incapacità di arrivare alla fine del mese?) lotta all’evasione fiscale e tagli agli sprechi. Seppure con una manovra di dimensioni notevolmente inferiori Tremonti aveva fatto e detto praticamente le stesse cose varando l’ultima finanziaria.
Nel leggere il decreto Bersani messo in essere con l’intento di smantellare alcune corporazioni per sostituirle con altrettanti oligopoli anche se mascherato attraverso buoni sentimenti quali la “difesa del consumatore” molti rappresentanti del centrodestra hanno affermato che tale operazione avrebbero dovuto portarla avanti loro nella passata legislatura.
In effetti l’accentramento del commercio e dei servizi nelle mani di pochi colossi e multinazionali, la propensione a favorire l’assorbimento di tutti i piccoli gruppi industriali e finanziari, la volontà di dissipare enormi risorse (anche in questo caso come per le missioni militari la necessità di tagliare gli sprechi viene lasciata obliare) nella costruzione delle grandi opere che spesso si rivelano vere e proprie cattedrali nel deserto, appartengono tanto al governo quanto all’opposizione.
Il pensiero unico è rimasta l’unica grande certezza di questo paese dove tutti i partiti politici si accapigliano l’un l’altro nel tentativo d’inglobarsi anche loro in un soggetto politico sempre più grande, fingendo d’ignorare che il partito unico in realtà esiste già ed è sotto gli occhi di tutti.
Marco Cedolin
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