di Marco Cedolin
I miasmi della melma mefitica in cui sta sprofondando ogni giorno di più la
politica italiana emanano un lezzo insopportabile, una puzza che odora d'ideologie in avanzato stato di decomposizione, di partiti putrescenti che dopo lente agonie muoiono, per rinascere già morti, di leader o presunti tali impegnati in quelle stesse operazioni di riciclo che si guardano bene dall'applicare alla gestione dei rifiuti.
Futuro, sinistra, libertà,
democrazia, valori, sono parole vuote, appiccicate alla rinfusa per ricoprire il fango delle consorterie più svariate, conscie della necessità di dover nascondere, almeno in superficie la loro reale natura. Gruppo per una migliore gestione del protettorato USA, amici alle dipendenze della BCE, progressisti per lo sviluppo delle multinazionali, futuro sulla poltrona senza doversi alzare mai e altre definizioni sui generis non garantirebbero certo grande appeal presso l'elettorato. E allora ecco una mano di
vernice fresca, qualunquista, populista, perbenista, ottimista, ed il gioco è fatto. Anche un cassonetto dei rifiuti può arrivare a somigliare ad una Morgan d'epoca, ma il puzzo, quello, continua a sentirsi lo stesso.
Se non fosse per il fatto che tutti noi paghiamo e pagheremo sulla nostra pelle ... ... le conseguenze dell'azione/inazione di questa banda di cialtroni "ubriachi", intrisi di democratica libertà e costretti a destreggiarsi fra un coca party e una "ripassatina" alla escort o al transessuale di turno, si potrebbe anche cogliere il lato comico costituito da tante "scimmiette parlamentari" che si agitano in preda alla paura di non riuscire a conservare all'infinito il proprio status quo....
Si, perchè proprio la paura è una delle componenti fondamentali che contribuiscono al ristagno della melma. Tutti sanno che è sporca e puzza, ma tutti sono consapevoli del fatto che non appena la si smuova, inevitabilmente puzzerà di più ed è concreto il rischio di cascarci dentro, compromettendo inesorabilmente la fiducia degli elettori che, finchè resterà in piedi la farsa del voto, per la scimmietta politica costituisce l'unica vera assicurazione sul proprio status quo.
Ecco allora che tutti si agitano, ma premurandosi con attenzione che il fango resti al proprio posto.
Si agita Silvio Berlusconi, cosciente di essere ormai giunto alla fine di un'era, ma consapevole del fatto che si può cadere a tempo indefinito senza mai toccare terra, quando di fronte all'impero che crolla non esiste un'alternativa.
Si agitano le tante anime del camerata pentito Fini Gianfranco e del berlusconiano pentito Gianfranco Fini, un uomo che sul pentimento e la ritrattazione ha costruito la propria carriera politica, nell'eterno ruolo di "delfino" di qualcun altro. Si agita, Fini, dibattuto fra l'aspirazione ad imboccare una strada che lo possa portare a diventare Presidente del Consiglio e la paura di ritrovarsi solo su un sentiero di montagna, dopo avere perso la poltrona di Presidente della Camera. Si agita convulsamente, producendosi nella creazione d'improbabili futuri dove incanalare una destra neoliberista che strizzi l'occhio alla sinistra neoliberista, con ampi richiami retorici modello prima Repubblica e altrettanto ampio ricorso alla demagogia del nuovo che avanza, ma che tanto nuovo non è a giudicare dal fetore, degno di una discarica abusiva.
Si agita il segretario del PD Bersani, pregustando la caduta del Cavaliere, ma è un agitarsi incerto e sincopato, perchè condito dalla consapevolezza di non avere i "denti" per poterne approfittare. Urla Bersani, ma è un urlo che gli rimane strozzato in gola, perchè la cacciata di Berlusconi passerà giocoforza attraverso le urne, dove i consensi del Pd continuano ad essere in caduta libera, senza che esista una ricetta per invertire la tendenza e senza che esista un escamotage per nascondere indefinitamente la realtà che il PD e Berlusconi dicono e fanno esattamente le stesse e cioè tutto ciò che i grandi poteri finanziari ed economici ordinano loro.
Si agita Nichi Vendola, destinato nell'immaginario collettivo a sostituire l'artista del "ma anche" Walter Veltroni nel ruolo di Obama de noantri. Comunista ma amico degli industriali, gay ma cattolico, ambientalista ma sponsor degli inceneritori e delle grandi opere, cultore della legalità ma al centro di scandali giudiziari di ogni tipo. Tutto ed il contrario di tutto, ma troppo o forse troppo poco per aspirare al ruolo di leader di una coalizione che abbia la presunzione di sostituire Berlusconi, senza somigliare troppo ad un'armata Brancaleone sulla strada dello sbaraglio.
E sullo sfondo si agitano Casini, con il suo cerchiobottismo elevato a filosofia di vita, Antonio Di Pietro cui manca sempre più la voce man mano che l'ipotesi di una debacle di Berlusconi sembra farsi più concreta, Ferrero che intuisce come nell'emergenza di un'armata Brancaleone ci siano i presupposti per accettare nuovamente la falce ed il martello in "famiglia", unitamente a tanti altri personaggi che sperano, una volta sparigliate le carte, di riuscire comunque a ritagliarsi una poltrona.
La paura, resta comunque la componente fondamentale di questi mesi. Tutti, tranne la Lega di Bossi consapevole di potere solo guadagnare consensi, non per meriti propri ma grazie alla situazione contingente, temono le elezioni anticipate come la peste.
Tutti, tranne Bossi e Berlusconi (finora alieno a manifestazioni suicide), gradirebbero la costituzione di un governo tecnico, preposto a mettere in atto le riforme lacrime e sangue imposte dalla UE. Un governo tecnico dietro al quale nascondere il fango e tentare di ricostruire con un minimo di prospettive di successo quell'armata Brancaleone che oggi pare davvero improponibile.
Ma senza la condivisione di Bossi e Berlusconi ogni ipotesi di governo tecnico perde di credibilità e l'unica alternativa sembra costituita dal ricorso alle urne. Proprio a quelle urne che paradossalmente fanno più paura all'opposizione di quanto non ne facciano alla maggioranza che ha governato male il paese durante questi due anni. Quando di fronte ad un governo in caduta libera, con pesanti responsabilità sulle spalle e un leader sul viale del tramonto, l'opposizione si ritrova a temere il giudizio degli elettori, significa che la melma ha ormai superato il livello di guardia ed è giunta l'ora di guardare altrove.
Marco Cedolin