Le prime pagine di mezzo mondo riportavano ieri la reazione seccata di Mosca a quello che i russi definiscono “ingerenze eccessive e intollerabili” dell’occidente nel processo a Mikhail Khodorkovsky. Il caso è esploso dopo che l’ex-proprietario della Yukos ha ricevuto un secondo verdetto di colpevolezza, che lo condannerà probabilmente ad ulteriori anni di prigione.
Di certo è curioso vedere la Casa Bianca che si sbilancia ufficialmente a favore di un semplice cittadino russo,
definendosi ”profondamente preoccupata” per un verdetto che suggerisce “una applicazione selettiva della giustizia” in Russia. Hillary Clinton dice addirittura che “il processo solleva seri dubbi sul rispetto della legge in Russia”, e che “il verdetto avrà un impatto negativo sulla reputazione della Russia”.
Anche il ministro degli esteri tedesco, Westerwelle, ha fatto sapere che considera questo verdetto “un passo indietro nella strada verso la modernizzazione del paese”, dicendosi ”molto preoccupato” per la nuova sentenza.
Da parte sua, il presidente del comitato affari esteri del parlamento inglese, Richard Ottaway, ha detto che nel caso di Khodorkovsky non è stato seguito "un procedimento legale riconoscibile come legittimo”.
Ma come mai tutti si preoccupano così tanto che questo signore venga “trattato giustamente” ... ... dai tribunali russi, e soprattutto su cosa basano la loro evidente convinzione che non lo sia?
Secondo
l’iconografia ufficiale, Khodorkovsky è un “self-made man” in stile occidentale che ha saputo “interpretare” al meglio i profondi cambiamenti avvenuti in Russia durante il crollo del sistema comunista.
Dopo aver aperto un piccolo caffè nel 1986, nel 1988 Khodorkovsky era già al comando di un business di import-export che fatturava circa 10 milioni di dollari all’anno. Grazie a questa “solida base finanziaria”, Khodorkovsky poteva così fondare una sua banca privata, la Bank Menatep, che in pochi anni sarebbe diventata un potente strumento di traffico monetario di ogni tipo, nazionale ed internazionale.
Ma Khodorkovsky non era certo un avido senza cuore, e non appena ebbe queste disponibilità finanziarie volle indirizzarne una parte verso diverse opere filantropiche, come centri di formazione per insegnanti, scavi archeologici, scambi culturali, e naturalmente tante scuole per bambini orfani.
Conobbe così anche molti altri filantropi in tutto il mondo.
Nel frattempo il crollo del sistema aveva dato il via libera alle privatizzazioni, e nel 1996 il Group Menatep riuscì ad impadronirsi del 90% della Yukos, la società petrolifera nazionale il cui valore in quel momento aveva raggiunto – casualmente - i minimi storici. Pagata la miseria di 300 milioni di dollari, nell’arco di pochi anni la Yukos avrebbe raggiunto un valore stimato di 20 miliardi di dollari, facendo di Khodorkovsky l’uomo più ricco della Russia, e il 16° uomo più ricco del mondo, secondo la classifica di Forbes.
Visto che bello, il libero mercato? Visto cosa si può fare, se davvero “hai le palle” per rischiare al momento giusto, se davvero credi alle regole del capitalismo, e sai investire oculatamente i tuoi averi? Altro che comunismo! Questa sì che è vita, questa sì che è libertà!
Ma evidentemente chi ha confezionato la leggenda di Khodorkovsky deve essersi dimenticato di qualche piccolo particolare, perchè di colpo nel 2003 ritroviamo il nostro eroe in prigione, accusato di evasione fiscale. Da quel giorno le fortune di Khodorkovsky sono finite, ed è inziato il suo calvario, che dura ancora oggi.
Qualcuno sospetta che questa svolta imprevista sia stata dovuta al fatto che Khodorkovsky avesse annunciato da poco la fusione fra Yukos e Sibneft, il “braccio petrolifero” di quella che oggi è Gazprom, che nel periodo delle privatizzazioni era stata comperata per una miseria ancora maggiore - soltanto 100 milioni di dollari - da Boris Berezovsky, il noto “rifugiato politico” russo che vive oggi sotto la protezione di Sua Maestà d’Inghilterra.
Se la fusione fosse avvenuta, il nuovo gigante petrolifero sarebbe diventato la seconda potenza mondiale nella produzione di greggio, dopo la Exxon-Mobil. E pare che Khodorkovsky in quel periodo avesse anche trattato la vendita delle sue quote di Yukos proprio alla Exxon-Mobil. Tutto questo avrebbe fatto scattare – sempre secondo i maligni – la rabbia di Putin, che sarebbe ricorso alle “vie legali“ per togliere di mezzo una volta per sempre il pericoloso Khodorkovsky, facendo saltare nel frattempo la fusione fra Yukos e Sibneft. Sarà anche un fetente, questo Putin, ma magari qualche sentimento di nazionalismo in lui sarà pure rimasto, dopotutto.
Va bene, direte voi, il ragionamento può anche stare in piedi, ma tutto questo è sufficiente a scatenare lo “sdegno” da parte di tutti i più importanti ministri degli esteri dell’Occidente, con la conseguente eco mediatica che ritroviamo oggi su tutte le testate mondiali?
Teoricamente no. Centinaia di russi sono letteralmente scomparsi nel tritacarne delle lotte intestine, dal 1991 ad oggi, e nessuno se ne è mai preoccupato.
Se però ci venisse la curiosità di indagare su chi possano essere stati, nel corso degli anni, i finanziatori occulti di Khodorkovsky, potremmo anche imbatterci in questa
curiosa notizia: subito dopo il suo arresto, avvenuto nel 2003, tutte le azioni della Yukos in suo possesso passarono automaticamente nelle mani di un certo Jacob Rothschild, in base ad un accordo segreto che era stato stipulato in precedenza fra di loro.
Avete visto che cosa può succedere, quando si frequentano i circoli dei filantropi?
Massimo Mazzucco