Politici, imprenditori, mafiosi, ex appartenenti alla banda della Magliana, prelati e qualche 007. Appartengono a tutte queste categorie i nomi che stanno venendo fuori dai file sequestrati a Paolo Oliverio, commercialista di fiducia di uomini delle istituzioni e uomini d’affari ma anche, secondo l’accusa, “riciclatore” dei soldi della ‘ndrangheta e della malavita romana.
“Se li aprite, viene giù l’Italia”, aveva avvertito Oliverio vedendo i suoi computer che venivano portati via. E stando alle anticipazioni di Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, quei pc rischiano davvero di far cadere, se non l’Italia, almeno molte teste.
Paolo Oliverio fu arrestato agli inizi di novembre insieme a due Fiamme Gialle e soprattutto all’allora Superiore generale dell’Ordine religioso dei Camilliani, Renato Salvatore, per avere organizzato un sequestro, o meglio un finto interrogatorio presso una caserma della Finanza di due confratelli dell’Ordine, grandi elettori però di un candidato alternativo a Renato Salvatore. I due nel giorno delle votazioni furono fatti sparire con la scusa di essere interrogati per garantire, appunto, il fallimento della scalata ai vertici dei Camilliani di padre Monks. L’inchiesta del pm romano Giuseppe Cascini era però già in corso da tempo. L’episodio del sequestro di padre Antonio Puca e padre Rosario Messina, in realtà, fu scoperto per l’attività di intercettazioni telefoniche e ambientali. Quello dei Camilliani, dunque, è solo un piccolo capitolo della grande inchiesta che vede Oliverio al centro di una organizzazione criminale. L’impressione è che l'uomo abbia messo in piedi un’industria del ricatto.
Paolo Berlusconi, Claudio Lotito, Marco Squatriti, l’avvocato di affari ex marito di Afef Jnifen attualmente latitante, Lorenzo Borgogni, ex manager di primo livello di Finmeccanica, Flavio Carboni e il boss Ernesto Diotallevi, ... ... Alessandro Pagano, del Nuovo Centro Destra e l’ex senatore pdl Sergio De Gregorio ed infine i Camilliani, l’ordine da cui Oliverio aveva ottenuto una procura speciale per la gestione degli appalti in Campania, Calabria e Sicilia. Sono questi i nomi più “caldi” che spuntano dagli archivi del commercialista.
Nomi di persone che con Oliverio avrebbero tentato alcune operazioni finanziarie e che in alcuni casi avrebbero consentito al commercialista di piazzare alcuni ‘colpi’ da milioni di euro. È lo stesso meccanismo utilizzato nei rapporti con Lorenzo Borgogni, con cui Oliverio condivideva alcune quote societarie e con cui sarebbe riuscito ad orientare appalti gestiti da imprese del Gruppo. Tutto passava da decine di aziende, nella maggior parte dei casi intestate a prestanome, che il professionista avrebbe utilizzato per ‘ripulire’ fondi di provenienza illecita.
E’ questa la tesi accusatoria del pm Giuseppe Cascini e degli investigatori delle Fiamme Gialle, guidati dal colonnello Cosimo De Gesù. Una tesi ritenuta quantomeno plausibile dal gip che ha negato la scarcerazione di Oliverio in attesa “dell’esito delle verifiche su questi legami”, riferendosi ai rapporti che intercorrevano tra l’indagato e i nomi che compaiono nei file a lui sequestrati.
Un vero e proprio archivio segreto quello di Oliverio che, nei suoi pc, nascondeva tra l’altro anche software per le intercettazioni illegali. Fatto che, sommato alle frequentazioni con gli ambienti degli 007 italiani, potrebbe lasciar supporre che il commercialista possa per questi aver svolto anche il ruolo di fonte. Nel suo computer sono stati trovati numerosi “report” su personalità e affari. Sono resoconti su incontri avuti con personalità e sulla gestione di affari: quanto basta per alimentare l’ipotesi che in alcuni casi Oliverio si sia prestato a svolgere il ruolo di informatore.
Punto “caldo” dell’inchiesta l’intreccio che, sulla scrivania del commercialista, metteva in contatto politica e malavita. I magistrati accusano Oliverio di aver determinato un “forte condizionamento della Pubblica amministrazione attraverso ricatti, attività di dossieraggio e finanziamento illecito della politica, grazie alla partecipazione nelle attività criminali dell’organizzazione di esponenti della ‘ndrangheta calabrese, della banda della Magliana e di personaggi facenti parte di logge massoniche coperte oltre ad autorevoli prelati”. Il riferimento dei magistrati è ai contatti con il faccendiere Flavio Carboni e con il boss Ernesto Diotallevi, che avrebbe concluso con il commercialista affari immobiliari da centinaia di migliaia di euro. Ma dagli atti processuali emergono pure i suoi legami con il parlamentare del Nuovo centrodestra Alessandro Pagano e con l’ex senatore pdl Sergio De Gregorio, sotto processo a Napoli per la compravendita dei parlamentari insieme a Silvio Berlusconi. Uomo di collegamento fra i due era Giuseppe Joppolo che curava i rapporti di De Gregorio con forze dell’ordine e forze armate e proprio per questo sarebbe entrato in contatto con Oliverio.
Infine il Vaticano, con cui il fiscalista sarebbe stato in contatto attraverso i Camilliani. Il professionista aveva ottenuto una procura speciale dall’ordine per la gestione degli appalti in Campania, Calabria e Sicilia. Si occupava delle commesse e sarebbe riuscito a trasferire fondi all’estero, in particolare in Romania, attraverso un meccanismo che - accusa il Gico della Guardia di Finanza - prevedeva “l’effettuazione di bonifici giustificati da una causale fittizia, compatibile con il mondo camilliano, in modo che il beneficiario, ottenuta la disponibilità in conto, poteva prelevare il contante accreditato all’estero e ottenere in Italia la consegna contante di pari importo attraverso una sorta di compensazione”.
Appunti e documenti contenuti nei suoi computer rivelano che non erano soltanto i vertici dell’ordine religioso i suoi referenti in Vaticano. Le informative allegate all’ordinanza dicono che avrebbe ‘risolto’ un caso di violenza sessuale che vedeva coinvolto un religioso, convincendo la vittima a non presentare denuncia. I documenti acquisiti in seguito proverebbero che pure altre questioni delicate - economiche e personali - sarebbe riuscito a governare, così favorendo alcuni alti prelati che avrebbero poi ricambiato questa disponibilità.
L’inchiesta sui Camilliani fece finire in carcere il superiore generale Renato Salvatore, svelando i suoi rapporti con sottufficiali della Finanza. I documenti custoditi nell’archivio svelerebbero però che di ben altro calibro erano i suoi referenti nelle Fiamme Gialle tanto da poter orientare verifiche fiscali su imprenditori e grandi società. Ma anche poter influire sull’attività di ispettori di Equitalia.
Fonte
RAINEWS24
[Grazie a Sertes per la segnalazione]