IL CHECKPOINT DELLA VERGOGNA
Come tutte le domeniche, anche oggi ti sei alzato e ti stai preparando per andare a trovare tua madre, che è in ospedale ammalata. Ma appena uscito di casa, dopo un paio di isolati, ti tocca metterti in coda dietro ad un centinaio di persone che aspettano pazienti sotto il sole. Sono tutti cittadini come te, che vivono a casa loro, nel loro paese, e che stanno anche loro andando da qualche parte, esattamente come fai tu. Ma il tuo paese è occupato militarmente dall'esercito di un'altro paese, e questo esercito ti obbliga quotidianamente a code, perquisizioni, blocchi, deviazioni, umiliazioni e perdite di tempo infiniti. A tutte queste cose, oggi se n'è aggiunta un'altra, molto particolare, di cui la gente in coda sta parlando animatamente.
Pare che al checkpoint di uscita da Rafah, a sud della striscia di Gaza, abbiano introdotto una misteriosa "cabina", attraverso la quale devi passare prima di poter proseguire nel tuo tragitto. Non è però una normale cabina ai raggi X, come quelle degli aeroporti o dei ministeri o dei tribunali, dove si vede se per caso ti sei dimenticato il mitra sotto il cappotto. Questa è una vera e propria camera a gas, ... ... sigillata dall'esterno, dove devi restare in apnea per quasi un minuto, mentre vieni investito da una nuvola soffocante, dalla quale gli ispettori ed i soldati israeliani si tengono prudentemente alla larga. Mentre sei nella cabina, pare che tu venga attraversato da un tipo di raggi che avrebbe provocato, negli ultimi tempi, pesanti disturbi di vario tipo alla popolazione.
Usiamo il condizionale perchè la segnalazione non ci arriva certo da un'ANSA ufficiale, ma vi sono in giro segnali sufficienti da poter considerare la notizia quantomeno fondata. Ecco il comunicato che abbiamo ricevuto, riportato integralmente.
"Un gruppo di medici dell’ospedale Al-Shifa’ di Gaza ha denunciato il 22 marzo 2005 la cosi chiamata stanza della morte, che l’esercito israeliano ha installato al confine tra l’Egitto e il sud di Gaza a Rafah. In un’intervista rilasciata al giornale palestinese Al-Haiat Al-Jadida, il medico Jum’a Al-Saqqa ha spiegato che l’esercito di occupazione obbliga i cittadini palestinesi di Gaza di entrare nella camera a gas preparata specialmente dal ministero della difesa israeliano a misura. Sia all’entrata che all’uscita giovani, anziani, bambini e donne incinte devono entrare nella camera a gas per un intero minuto. Questa camera - spiega Al-Saqqa - è molto pericolosa per la salute delle persone ed è una stanza di vetro coperta all’esterno in modo tale che l’impiegato israeliano responsabile di timbrare i passaporti dei palestinesi che escono dalla stanza (solo chi dispone del timbro può lasciare il confine) non venga danneggiato dal gas, intanto mentre un palestinese sta dentro la stanza ci sono dei raggi che penetrano il suo corpo per permettere agli israeliani di vedere perfino le sue ossa. Questi raggi secondo il gruppo medico dell’ospedale A-Shifa’ sono dannosi e i danni si manifestano dopo diversi anni in: distruzione delle cellule, diminuzione nel numero delle linfe, problemi di vista, malformazione dei feti, cancro di pelle e del sangue, disfunzioni della tiroide e altro…Questo è un nuovo tipo di guerra aggiunge Al-Saqqa uccidere a lungo termine…"
Ora, che i danni a lungo termine indicati dal comunicato si possano essere già manifestati, lo dubitiamo, e consideriamo inoltre che l'accusa possa anche essere stata "colorita" in maniera particolare, per eccesso di vittimismo, ma di fatto questo strumento sicuramente esiste, sano non deve essere di certo, e viene quotidianamente usato dagli israeliani nei confronti dei palestinesi.
Ora, prima che qualcuno inizi a dire che qui "stiamo sempre dalla parte degli arabi", o che "gli israeliani hanno il sacrosanto diritto di proteggersi dal terrorismo", ricordiamo soltanto due cose: 1) I palestinesi, fino a prova contraria, sono a casa loro. 2) Il vero terrorismo arabo è stato inventato dagli stessi sionisti, nel 1943, con l'auto-attacco al King David Hotel di Gerusalemme.
Queste non sono opinioni di chi scrive, sono fatti che la Storia ci racconta.
Massimo Mazzucco
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