I ciarlatani del terzo millennio non si presenteranno col carrozzone in piazza, e non vi venderanno unguenti miracolosi che curano la gotta e l’orticaria, ma vi appariranno in un convegno super-tecnologico, armati di audiovisivi e di laptop, e vi venderanno bacchette magiche caricate di “energia punto zero”, che in pochi secondi vi faranno guarire da tutti i mali. L’unica cosa che avranno in comune, con i ciarlatani del passato, sono i metodi di dimostrazione sul campo, quelli “davanti ai vostri occhi”, poichè i trucchi a cui debbono ricorrere sono purtroppo sempre gli stessi.
Qualche settimana fa sono stato invitato – da una signora che sosteneva di avermi cercato per il mio “interessante” lavoro su Internet – alla dimostrazione pratica di un nuovo metodo di cura, che arrivava da Singapore.
“Negli ultimi 6 anni la compagnia ha già investito 1,8 milioni di dollari in Asia – mi disse al telefono - e ora sono pronti a sbarcare in America”. [Io vivo negli Stati Uniti]. “Praticamente – continuò la signora – hanno messo a punto un sistema di cura completamente nuovo, estremamente efficace, unendo la fisica quantistica con la meccanica quantistica.”
“Li me’ cojoni” – avrei voluto dire io, ma non conoscevo l’esatto equivalente in inglese.
“Di cosa si tratta, esattamente?” le chiesi.
“Guardi, si fidi di quello che le dico – mi rispose – Venga direttamente ad una dimostrazione, e le garantisco che assisterà a qualcosa che non dimenticherà più nella vita”.
“Va bene andiamo a questa dimostrazione – pensai – Se sono in business da 6 anni, e se addirittura pensano di sfondare in America, qualche cosa di solido devono averlo di sicuro”.
E così, in un tardo pomeriggio di luglio ci siamo incamminati verso Irvine, ... ... una cittadina che si trova circa un’ora a sud di Los Angeles. Ero in compagnia di mia figlia e del suo fidanzato, J., anche lui interessato alle cosiddette nuove forme di energia.
La signora ci aspettava davanti ad un edificio “corporate”, di quelli che appartengono per intero ad una sola società, la quale si permette il lusso di piazzare il proprio nome ben in vista all’ultimo piano.
“Bene – pensai – sui soldi non mi ha mentito. Ce li hanno davvero”.
Dopo le presentazioni la signora si avvicinò a mia figlia, e le mise graziosamante al collo un pesante medaglione metallico, completamente liscio su ambo i lati.
“Serve a proteggerti dalle radiazioni dei telefonini” – le disse.
Colpita dalla cosa mia figlia la ringraziò, e ci avviammo tutti verso la sala delle conferenze. La signora ci fece sedere in prima fila, come per assicurarsi che potessimo vedere da vicino tutto quello che stava per accadere sul palco.
Dopo un pò arrivò un panzone ansimante, che pesava almeno 200 chili, con la camicia fuori dalla cintura, con un bottone abbottonato e due no. Si presentò, sbuffando come se avesse fatto la Parigi-Roubaix, e annunciò che il presentatore della serata era leggermente in ritardo, per cui ne avrebbe approfittato per raccontarci qualcosa della sua meravigliosa esperienza con questa nuova società.
“Da quando ho scoperto
Amega – questo il nome della società di Singapore – la mia vita è cambiata radicalmente. Sono sempre di ottimo umore, non ho più i dolori che prima mi tormentavano dappertutto, e mi stanno addirittura tornando a crescere i capelli”. Io osservavo i rotoli di ciccia che cercavano di uscire dalla camicia semi-sbottonata, e mi domandavo quanto miserabile dovesse essere la sua vita prima della cura.
Nel frattempo la sala si andava riempiendo. C’erano circa 100 persone quando arrivò “lui”, il presentatore della serata, che fu accolto da un caloroso applauso. Una cinquantina d’anni portati benissimo, capello superbianco ma fluente, occhio celeste trasparente, camicia salmone su panta bianco, mocassino Tod’s senza calza, abbronzato persino dietro alle orecchie, sembrava che fosse appena sceso da uno yacht a Montecarlo. Al collo portava lo stesso medaglione che aveva ricevuto mia figlia poco prima. Con passo agile il presentatore attraversò la platea, raggiunse il palco e si voltò, restando ad osservare per un momento il “suo“ pubblico.
Se avesse avuto addosso una pelliccia poteva essere Liberace.
Mentre ci fissava uno per uno, sembrava quasi che pensasse “a me gli occhi, bastardi”. Io nel frattempo mi ero accorto che al centro della testa, completamente bianca, aveva una curiosa chiazza di capelli neri, e non riuscivo a capire quali fossero quelli tinti e quali no. Mia figlia, che aveva notato la stessa cosa, si avvicinò e mi sospirò nell’orecchio: “Sembra una puzzola”.
In quel momento si fece silenzio, e il presentatore iniziò il suo “discorso della montagna”, che andò più o meno così: “Siamo alle soglie di un grande cambiamento, il mondo sta per fare un enorme passo in avanti, fra qualche anno nulla sarà più come prima”.
“Va beh - pensai io - fin qui ci siamo. Sono cose che dice anche Al Gore, quindi sarà sicuramente vero”.
“I cambiamenti non riguarderanno solo le persone, ma l’intera società. Specialmente nel mondo delle scienze, cambierà tutto. Siamo di fronte ad un vero e proprio cambiamento di paradigma.”
“Ahia – pensai io – Ci siamo, con il “Paradygm Shift”. Questi proprio non li reggo.”
“E nel mondo delle scienze sarà la medicina in particolare a vedere una vera e propria rivoluzione. Noi viviamo immersi in un mondo di energia, noi stessi siamo energia, e se impariamo a dominare questa energia possiamo tranquillamente arrivare a curarci da soli. La buona notizia è che Amega è già riuscita a catturare questa energia, ed è già in grado di sfruttarla per curare moltissime delle nostre malattie”.
A quel punto il presentatore estrasse dal taschino una bacchetta metallica, identica in tutto e per tutto ad una penna stilografica, e la mostrò orgoglioso alla platea.
“Qui dentro – disse – ci sono milioni di particelle di … (non ricordo il termine che usò, ma suonava come un composto chimico rarissimo e prezioso), che sono state caricate per 21 giorni di Energia del Punto Zero”.
Fece una pausa, godendosi l’effetto sul pubblico, poi riprese puntando la bacchetta in tutte le direzioni.
“Funziona fino a 30 centimetri di distanza – disse – non si scarica mai, ed agisce in modo benefico su tutti i materiali organici che incontra. Oggi ad esempio ho visto un piccione che zoppicava, mi sono avvicinato e gli ho puntato la bacchetta per un paio di minuti, dopodichè ha smesso di zoppicare”.
“Oooohhhhh” – fece il pubblico, subito intenerito. A quel punto mi voltai, e mi resi conto che in sala c’erano solo persone dai 50 anni in su (me compreso, purtroppo). Gli unici giovani erano mia figlia ed il suo fidanzato, che ne hanno circa la metà, ma per il resto era evidente che gli “acciacchi” della vecchiaia fossero il motivo principale che aveva attratto queste persone alla presentazione.
“Naturalmente – continuò il presentatore - la nostra “wand” [letteralmente “bacchetta”, da “bacchetta magica”] agisce soprattutto sulle persone, e il suo funzionamento è garantito per 9.900 anni.”
Mentre tutti ridevano per la battuta, io mi resi conto che il presentatore aveva completamente saltato la parte più importante del discorso. Alzai la mano, e chiesi con innocenza: “Scusi, ma cosa sarebbe esattamente, l’Energia del Punto Zero?”
Lui mi fece un sorriso di ghiaccio, che tradotto in parole avrebbe suonato come “E tu da dove spunti, rompicoglioni di merda?”, poi mi disse gentile: “Invece di perderci in lunghe spiegazioni scientifiche, lasciate che vi mostri direttamente i risultati della nostra tecnologia. Prima di tutto, vorrei un volontario per mostrare il riequilibrio bio-dinamico del corpo che si può ottenere con i nostri prodotti.”
Si fece avanti un tizio sulla sessantina, e subito il presentatore lo fece salire sul palco accanto a lui.
"Chiuda gli occhi" - gli disse. Poi gli fece stringere il pugno, con il braccio teso verso il basso, e con la sua mano aperta, da sotto, si mise a spingere il suo pugno verso l’alto. L’altro naturalmente contrastava la spinta con una spinta verso il basso, e quando Puzzola tolse di colpo la sua mano, quello quasi gli cadde addosso.
“Lo vede - disse Puzzola – il suo equilibrio è davvero precario. Ora guardi”.
Si tolse il medaglione dal collo, e glielo fece girare più volte davanti alla faccia, dicendogli: “Le sto togliendo tutte le radiazioni dannose. Sono quelle che indeboliscono il corpo e fanno perdere il senso dell’equilibrio”.
Quando ebbe finito disse: “Ora riproviamo”.
Rifece lo stesso esperimento, ed in effetti, al momento di togliere la mano, quello rimase praticamente immobile, senza perdere l’equilibrio.
Dalla sala partì un applauiso scrosciante.
A quel punto J. – che aveva capito il trucco - alzò la mano, e fingendo entusiasmo disse: “Posso provare anch’io?”
Ormai era in piedi, a mezzo metro dal palco, e Puzzola non potè che invitarlo a salire.
“Io passo praticamente tutta la giornata con il cellulare all’orecchio – gli spiegò J. mentre si metteva accanto a lui – quindi potrei averne un grande beneficio”.
“Certamente, come no” - rispose l’altro, mentre si apprestava a ripetere l’esperimento.
Ma per quanto spingesse verso l’alto, e per quanto improvvisamente togliesse la mano da sotto il pugno di J., non riusciva a fargli perdere l’equilibrio. (Il trucco sta nel fatto che la prima volta non te l'aspetti, la seconda col cacchio che ti fai sbilanciare). Il presentatore riprovò più volte, poi si arrese e disse a J.: “Forse sei uno dei pochi soggetti che non risentono molto delle radiazioni.”
“Forse è semplicemente giovane” - commentai io, senza riuscire a trattenermi.
Puzzola avrebbe voluto folgorarmi, ma la risata che arrivò dalla sala lo costrinse ad abbozzare un sorriso, mentre J. scendeva serafico dal palcoscenico.
“Ora passiamo alle cose serie – disse il presentatore, cercando di riprendere il controllo della situazione - Chi c’è fra voi che in questo momento soffre di dolori particolari?”
Praticamente tutti alzarono la mano, provocando nuove risate in sala. La cosa si metteva male per il nostro Mesmer di Montecarlo.
“Attenzione – disse con tono estremamente serio - non intendo i normali dolorini di tutti i giorni. Parlo di quei dolori veramente acuti, al limite della sopportazione, che se non ti passano entro un quarto d’ora ti viene voglia di chiamare l’ambulanza”.
A me venne da chiedere chi mai, in quelle condizioni, sarebbe uscito di casa per venire a sentire lui, ma non osai farlo.
Dopo una prolungata indagine fra i presenti, fu scelta una signora anziana, che aveva appena subito una operazione alla spalla, e soffriva di dolori lancinanti dietro alla scapola. La signora fu fatta accomodare su una sedia al centro del palco, e il presentatore le chiese: “In questo momento come valuterebbe il suo dolore, in una scala da uno a dieci?”
“Almeno otto” – disse la signora, visibilmente sofferente.
“Benissimo, cominciamo – disse lui – Chiuda gli occhi, e faccia una serie di respiri profondi. Espiri, inspiri… espiri, inspiri… Ecco, continui così.”
Mentre la signora respirava a pieni polmoni, lui estrasse la magica wand, la puntò sulla scapola malata e iniziò a farla girare in tondo, come se volesse spargere il raggio miracoloso su tutta la zona dolorante.
Dopo un pò le chiese: “Ora come si sente?”
Lei esitò leggermente, poi disse: “Come prima”.
Lui tirò fuori una seconda wand, la appaiò alla prima, e rifece daccapo l’operazione. Poi le chiese: “E ora, nella scala da uno a dieci, come si sente?”.
La signora provò ad alzare appena il braccio, poi disse: “Mi sembra di muoverlo un pò meglio, ma il dolore è sempre lo stesso”.
A quel punto il presentatore fece un cenno verso la platea, ed improvvisamente dal pubblico spuntarono tre personaggi, che lui introdusse come suoi assistenti.
“Quando un dolore è particolarmente forte – spiegò il presentatore al pubblico – ci vuole più tempo del normale. E siccome noi di tempo ne abbiamo poco, moltiplichiamo la potenza”. A quel punto i tre assistenti tirarono fuori una wand ciascuno, circondarono la signora, ed iniziarono un turbinio impazzito su tutte le parti del corpo. Gambe, braccia, torace, perfino gli alluci dei piedi venivano investiti dal benefico raggio, mentre il presentatore incitava la signora a respirare forte.
Alla fine tutto si fermò, e lui le chiese: “Ora come si sente?”
La signora aprì gli occhi, si guardò intorno esitante, ma non disse nulla.
“Da uno a dieci come si sente? – insistette lui, quasi pressandola - Sempre otto, o forse sette, sette e mezzo?”
“Magari sette e mezzo” - disse lei, che a quel punto si sentiva quasi obbligata a guarire.
“Allora facciamo così – disse il presentatore, un pò seccato – Lei si metta là nell’angolo, con un mio assistente che continua il trattamento, e noi andiamo avanti con un’altra persona”.
La signora fu fatta sedere nell’angolo del palco, e uno degli assistenti iniziò a farle roteare intorno la sua wand.
Il presentatore chiamò la seconda persona che aveva scelto, una donna vietnamita sulla cinquantina, che diceva di soffrire di un particolare dolore alle anche, dovuto ad un lontano incidente d’auto.
“Da uno a dieci quanto soffre adesso?”
“Sei e mezzo, forse sette”.
“Benissimo, cominciamo”.
La donna fu fatta sedere al centro del palco, e il presentatore ripetè la stessa procedura di irradiazione, questa volta aiutato fin dall’inizio dagli altri due assistenti.
“Respiri, respiri. Dentro, fuori… dentro, fuori…”
Le bacchette giravano, e la donna respirava con forza tutta l’aria che potevano contenere i suoi piccoli polmoni.
“Forza, forza, respiri forte – la incitava lui - Butti fuori quel male terribile, che non le appartiene. Lo butti via, lei sa che può liberarsene!”
Poi il presentatore si rivolse al pubblico, che seguiva attento, e disse: “Anche voi, aiutatela. Datele la forza di liberarsi del male!”
Qualcuno cominciò ad incitarla, dicendo “Forza che ce la può fare, forza che ce la può fare!”
Le wand girarono impazzite per lunghi minuti, mentre iniziava a crearsi una strana atmosfera da esorcismo popolare, poi tutto si fermò di colpo.
Lui, leggermente ansimante, chiese alla donna: ”Adesso com’è il dolore, da uno a dieci?”
Lei si alzò, fece due passi, provò a muovere le anche, e poi disse: “Cinque, forse cinque e mezzo?”
Lui fece un gesto compiaciuto verso il pubblico, come dire “visto che funziona?”, quando la donna aggiunse: “però adesso mi fanno male le ginocchia”, e tutti scoppiarono a ridere di nuovo.
A quel punto ne avevamo avuto abbastanza. Era chiaro che il fattore principale su cui contava il presentatore era l’autosuggestione, aiutata dalla iperventilazione, i cui effetti sono ben noti a chi fa meditazione. Contava inoltre sulla spinta emotiva della gente, che vuole a tutti i costi vedere la guarigione. Ma nella “magica wand” poteva anche esserci del letame vaporizzato, a mio parere, e l’effetto sarebbe stato esattamente lo stesso.
E siccome purtroppo noi gli avevamo rovinato la serata, con le nostre battutine estemporanee e con la sputtanata del “riequilibrio bio-dinamico”, lui non era riuscito a creare quell’atmosfera da “miracolo di Lourdes“ che probabilmente, in altre situazioni, gli permette di riportare successi più convincenti.
A quel punto ci alzammo, salutammo veloci la signora che ci aveva invitato, e con discrezione uscimmo dalla sala. Ma non è facile sgusciare dalla prima fila senza essere notati, ed infatti mentre mi allontanavo sentivo sulla schiena lo sguardo avvelenato di Puzzola, che aveva dovuto subire da parte nostra anche questa ultima umiliazione.
Sulla strada di casa ci facemmo due risate su quanto accaduto, poi io dissi a mia figlia: “Beh, a te è andata bene. Tu almeno ci hai guadagnato il medaglione.”
“Macchè – mi rispose lei - quella me l’ha lasciato per dieci minuti, per provarlo, ma poi lo ha rivoluto indietro”.
Ora che ci ripenso, è davvero un peccato che la signora che ci aveva invitato non mi abbia più richiamato.
Massimo Mazzucco
PS: Dimenticavo: la magica wand costa 270 dollari, circa 200 euro.