di Leonardo Facco
Penso di essere stato l’unico (o tra i pochissimi), nel bel mezzo della ridondante cagnara della stampa nazionale, a sostenere da sempre – e controcorrente – che il Movimento 5 Stelle non c’entra – e mai è c’entrato nulla in vero – con l’antipolitica. Ciononostante, l’ascesa del partito che di Grillo è l’emanazione è stata puntualmente bollata come l’avanzare senza freni di “quel sentimento antipolitico che mette a repentaglio le nostre istituzioni”. Quest’ultimo ritornello ha trovato in Giorgio Napolitano il più acceso dei giaculatori, con tanto di prefiche parlamentari pronte a battergli le mani, a rieleggerlo, e a cantare con lui in coro una litania tanto falsa quanto straziante.
L’antipolitica è una cosa seria, viene da lontano, essa è il tentativo di arginare lo Stato, il potere e il governo rispetto alla propria sfera privata. Non certo quello di piagnucolare se non si viene nominati al Copasir. Antipolitica non significa sottrarsi alla società, alle proprie responsabilità. Significa, semmai, più “laissez faire”, maggiori possibilità di scegliere liberamente, un’altra idea di comunità insomma. Antipolitica è il ritorno del “buon senso”. [...] Pensatori come Lao Tze, Étienne de la Boétié, Thoureau, Spencer, Spooner, De Molinari, Rothbard rappresentano l’antipolitica. Nessuno di loro, guarda il caso, appartiene alla cultura e all’ideologia di cui sono invasati i grillini.
Poi, come sempre, arrivano i fatti – anche se in Italia contano poco e qualcuno li chiamerà “scivoloni” – a mettere in chiaro come stanno le cose: son bastati un paio di mesi di frequentazione dei palazzacci romani, dei profumi delle rosticcerie teverine, per trasformare gli “spartani grillini” in una banda di piccoli, e famelici, Cirini Pomicini, politicamente irreggimentati ed istituzionalizzati. “Difficile fare il deputato con 2.500 euro al mese”, ha sentenziato tale Patrizia Terzoni, mentre tra i pentastellati – travestiti ormai da deputati e senatori mainstream – si votava per decidere di trattenere per sé anche la diaria.
Nulla di nuovo sotto il sole, il “potere tende a corrompere” diceva Lord Acton. Certo è che in quanto a tempi, le orde al “servizio” del comico genovese hanno battuto ogni record di omologazione. Meglio così, almeno una volta per tutte si smetterà di definire il Movimento le cui stelle son cinque – ma pur sempre a cinque punte – come una compagine antipolitica, tutta intenta a mettere fine alle prebende della casta.
Beppe Grillo, dopo i primi successi alle amministrative, ebbe a sentenziare: “Questo è solo l’inizio, ci vediamo in Parlamento”. Ci sono arrivati e in massa! Da oggi, l’unica casta che cominceranno ad odiare sarà, probabilmente, Letizia.
Leonardo Facco
Fonte
L'indipendenza