di Fabio de Nardis
14.06.04 - Come al solito hanno vinto tutti, almeno stando alle dichiarazioni pubbliche. Nessuno ammette la sconfitta anche laddove essa è palese. Senza dubbio il grande sconfitto è il Presidente del Consiglio il cui partito fa registrare un vero crollo elettorale che consente al listone riformista di cantare vittoria. Bondi si domanda come sia stato possibile, e cerca di giustificare il catastrofe affermando che su Forza Italia pesano le maggiori responsabilità istituzionali. Questo è in parte vero, anche se pesa soprattutto la condotta a dir poco discutibile di un uomo che dopo dieci anni di esperienza parlamentare e tre di governo non ha ancora imparato a essere un leader politico.
I cittadini cominciano a mostrare una certa insofferenza verso un Premier che vive la politica come un quiz televisivo; che esterna senza pensare, fin dentro le urne elettorali; che promette senza mantenere e, non ultimo, che ci umilia a livello internazionale ...
...con una politica di totale subalternità agli Stati Uniti. Nello stesso tempo, la delusione degli italiani non premia il centrosinistra ma, come è già capitato in passato, si sfoga in favore dei partiti minori di centrodestra che ora chiedono legittimamente di velocizzare i tempi di una verifica di governo.
Sul fronte opposto, discreta, ma non soddisfacente, è la prestazione del listone riformista, che mostra di poter vincere quando l’avversario perde ma che, come era previsto, non aggiunge nessun plus-valore quantitativo al centrosinistra, ottenendo meno voti della somma dei partiti che lo compongono. Buono è il risultato delle liste di sinistra, che crescono tutte, un po’, come nel caso di Verdi, Comunisti Italiani e la lista Di Pietro-Occhetto, perché raccolgono il dissenso nel Centrosinistra; un po’, come nel caso di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, per la sua coerente opposizione alla guerra imperialista di Bush.
Il Centrosinistra con Rifondazione, diventa la prima coalizione in Italia, ma non risolve il grande problema degli ultimi anni. L’assenza di progettualità. Gli eletti della lista Uniti per l’Ulivo si ritroveranno a Strasburgo senza avere neanche una precisa collocazione politica nel Parlamento europeo. Questo è il limite di chi utilizza l’ingegneria politica per compensare una mancanza di elaborazione culturale. Il Centrosinistra nel complesso ottiene un buon risultato, e questo è un bene, ma lo fa senza un progetto comune di società, e questo è un male.
Galvanizzati dal risultato elettorale, i moderati dell’Ulivo adesso accelereranno i percorso di costruzione di un grande partito riformista. Un progetto che non ci appassiona ma che speriamo se non altro possa realizzarsi attraverso un serio percorso di riflessione. C’è ancora tempo per le politiche ma occorre arrivarci preparati. Nello stesso tempo, sommando impropriamente i risultati di Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani, emerge che un eventuale partito della sinistra italiana, con l’aggiunta magari dei dissidenti interni ai Ds, che si preparano ad affrontare un Congresso di fuoco, potrebbe ottenere un risultato competitivo raggiungendo una percentuale che va tra il 10 e il 15%, diventando la terza forza del paese. Potrebbe anche essere un'idea...
Un ultima considerazione riguarda l’astensionismo, non eccessivo rispetto alla media europea ma comunque alto. Questo indica da un lato, una crescente sfiducia nei confronti della politica istituzionale; dall’altro, una sostanziale distanza dei cittadini europei dall’Europa, la dimensione su cui oggi si dovrebbe lavorare maggiormente per rendere l’Unione un vero soggetto politico credibile a livello internazionale e potenzialmente alternativo al nascente "neo-impero" americano.
Diciamo che oggi stiamo certo molto meglio di ieri, anche se - come diceva una vecchia canzone inglese - It’s a long way, La strada è lunga.
Fabio de Nardis