SHARON E YASSIN, DUE VOLTI DELLA STESSA MEDAGLIA?
di Massimo Mazzucco
Nelle ore immediatamente seguenti l’uccisione di Yassin non è certo facile per nessuno capire qualcosa di certo rispetto ai veri interessi che possono aver guidato questa azione omicida.
Ma mentre le brigate Al-Aqsa gridano vendetta ai quattro venti – e sicuramente non aspettiamoci la sfilata delle suore benedettine - potremmo almeno evitare di cadere nella banale retorica della “spirale di violenza inarrestabile” che probabilmente ci propineranno da oggi i media ufficiali in ogni salsa e condimento.
Perchè? Perchè la logica si oppone ad una semplificazione così elementare di contrapposizioni assolute, e per più di un motivo: prima di tutto, bisognerebbe domandarsi come mai ogni sacrosanta volta che Sharon stava per incontrare un qualunque dirigente palestinese... ... nell’ambito di un ipotetico discorso di pace, Hamas interveniva a togliergli le castagne dal fuoco con un attentato che lo costringeva regolarmente a cancellare tutto. Questo è accaduto almeno una ventina di volte – contate - dal giorno dell’elezione di Sharon a primo mìnistro, e l’ultima di queste si è verificata proprio la settimana scorsa, in un attentato che ha avuto meno risonanza del solito solo perchè avvenuto nella scia immediata di quello di Madrid. Ma che è costato comunque la vita ad una dozzina di israeliani, sufficienti ad impedire anche stavolta a Sharon di incontrare un leader palestinese che lo aspettava con il caffè già in tazzina.
Ma poi, soprattutto, due sono le domande a cui bisognerebbe dare una risposta valida, prima di escludere una concomitanza di interessi fra Sharon e Yassin (fino a ieri, ovviamente).
1: Perchè Sahron ha per ben due volte permesso ad Yassin di tornarsene a casa, dopo averlo arrestato e fatto condannare in ambedue i casi? La prima volta fu nell’85, quando in seguito Yassin fondava proprio il movimento di Hamas. E dopo averlo arrestato di nuovo nel 1989, e dopo avergli fatto appioppare un bell’ergastolo dal tribunale israeliano, lo ha fatto di nuovo liberare (nel ’97), permettendogli così di tornare a casa, accolto come un eroe mitologico da 15 mila palestinesi impazziti dalla gioia? Non avrà certo pensato che Yassin, una volta rientato, si sarebbe dedicato al giardinaggio, giusto?
2: La seconda domanda è ancora più ingombrante: perchè mai, visto che Hamas rivendicava ormai regolarmente tutti gli attentati di questa ultima intifada, Sharon si è accanito a far circondare Arafat, tenendolo a pane ed acqua per tre mesi, mentre Yassin restava libero di muoversi (in senso figurato, ovviamente), di coordinare ed agire come credeva, come se lui con la faccenda palestinese non c’entrasse niente? Se era lui il mandante di tutti quegli attentati – e lo dichiaravano pure tutti apertamente - perchè non tagliare a lui le comunicazioni?
(Trovatemi un solo giornalista che si sia mai posto questa banalissima domanda, e lo pago a peso d’oro).
E’ quindi ovvio che qualche interesse in comune Yassin e Sharon debbano averlo avuto. E diventa quindi d’obbligo pensare che l’accordo – dal passato già non particolarmente sereno - si deve essere incrinato ad un punto di non ritorno. O forse, semplicemente, Sharon ha deciso che è il momento di avviare la mossa finale, e si è liberato di un elemento che non gli serve più, scatenando nel frattrempo la furia di cui ha bisogno per poter entrare una volta per tutte in Palestina e prendersi tutto quello che ritiene suo dal giorno in cui è nato.
Comunque stiano le cose, di sicuro questo omicidio ha permesso a Yassin di fare un ultimo favore a Sharon anche da morto: questa svolta nell’escalation arriva infatti proprio a due giorni da un voto in parlamento in cui Sharon è riuscito a restare in groppa per la bellezza di un solo voto. Ma ora certo c’è l’intifada da fronteggiare, non vorrete mica discutere di un rimpasto proprio adesso!
Che dite, sempre e soltanto coincidenze?
Massimo Mazzucco