di Marco Cedolin
Quello del 9 Aprile, a Roma e in varie città d'Italia è stato un sabato di mobilitazioni e proteste contro la piaga
della precarietà e più in generale contro la demolizione del
mondo del lavoro che pregiudica le prospettive occupazionali di giovani e meno giovani, contribuendo a ridurre sul lastrico una marea di famiglie.
Proteste quanto mai legittime, soprattutto in un momento come quello attuale nel quale il baratro della disoccupazione e della precarietà sta approfondendosi sempre più, senza che la classe politica sembri intenzionata a proporre una qualche soluzione.
Proteste colorate e pacifiche, vissute nello slogan "il nostro tempo é adesso" che campeggiava su molti striscioni, fra i giovani partecipanti alle manifestazioni.
Proteste sacrosante che meritano tutta la nostra condivisione, ma al contempo stridenti di contraddizioni manifeste che balzerebbero all'occhio anche ad un osservatore disattento.
Perchè una protesta contro la precarietà e l'annientamento del mondo del lavoro, vissuta unicamente nella difesa di satus quo che non esistono più e priva di un messaggio forte che domandi a gran voce l'abolizione della legge 30 e l'istituzione di un reddito di cittadinanza, uniche pietre miliari sulle quali si potrebbe tentare di costruire almeno i presupposti perchè i lavoratori italiani possano riconquistare un minimo di dignità?..... Perchè una protesta contro la precarietà e la disoccupazione, a braccetto con tutti coloro,
Cgil, PD, Idv, Verdi,
Comunisti Italiani, Federazione della Sinistra (ed altri che ho dimenticato) che hanno contribuito a creare il problema, firmando e sottoscrivendo ogni genere di accordo o provvedimento legislativo che è stato determinante per creare precarietà e disoccupazione?
Vedere l'ex ministro Damiano che coccolò la legge Biagi durante gli anni in cui era al governo, insieme alla Cgil che della legge 30 avallò la nascita, inveire contro le situazioni da loro stessi create, genera un pò d'imbarazzo, facendo si che l'aria fresca diventi stantia e s'inizi a percepire il lezzo dell'ipocrisia.
Per tutti, giovani e meno giovani, il nostro tempo è adesso, ma urliamolo forte, pretendendo i diritti che sarebbero basilari in qualsiasi paese civile e soprattutto urliamolo senza falsi megafoni e sanguisughe della politica e del mondo sindacale che difendono solamente la loro poltrona, arrivando al punto di contestare quello che loro stessi hanno costruito, pur di mantenere il proprio status quo.
Se non urleremo forte e non avremo il coraggio di rifiutare il braccio di chi ha costruito questo inferno, il nostro tempo non arriverà mai e vivremo eternamente in una sala d'attesa fatta di false promesse e perline colorate.
Marco Cedolin
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