LA VILLETTA E L’UOMO NUOVO
di Carlo Brevi
Uno dei fattori che maggiormente sono in grado di influenzare il nostro modo di essere - spesso senza che ce ne rendiamo conto - è l’ambiente in cui ci troviamo a vivere, a cominciare proprio dalla nostra casa.
Le abitazioni degli uomini si sono evolute nel tempo, spesso rispecchiavano il carattere di una società, altre volte questo carattere erano in grado di condizionarlo.
Nei paesi del mediterraneo, in particolar modo, per secoli la vita delle persone si svolgeva quasi nella sua totalità all’aria aperta; gli uomini rientravano a casa solo per il sonno notturno, mentre le donne, quando non lavoravano nei campi ... ... portavano avanti le loro attività in comune. Se c’era una cosa di cui l’uomo del mediterraneo non soffriva era la solitudine, la vita comunitaria era la regola.
E le città prendevano forma di conseguenza: gli edifici si affacciavano direttamente sulla strada, ai piani bassi si aprivano i negozi e le botteghe degli artigiani, mentre le abitazioni si sviluppavano intorno a delle corti dove diverse famiglie svolgevano le loro attività quotidiane.
Questa forma di città la ritroviamo ancora oggi, sono i nostri centri storici, e sono il motivo che attira in Italia ogni anno milioni di turisti e lo stimolo che spinge la Domenica le famiglie e i fidanzati ad uscire e fare quattro passi nel centro. Senza dubbio i centri storici risultano accoglienti, testimonianza di un modo di vivere che appartiene al passato.
Ma le nuove esigenze della società ci hanno portato a definire anche delle nuove tipologie abitative.
Per dare alloggio ad un grande numero di lavoratori che giungevano nelle città si sono cercate delle soluzioni diverse, una ricerca che sembrava culminare con i grandi palazzoni pensati dal movimento razionalista, edifici che volevano assicurare uno standard di vita dignitoso ad un gran numero di persone.
Sono quei palazzi che si sono costruiti a partire dagli anni venti fino agli anni settanta, abitazioni che nello stabilire delle regole minime per la sopravvivenza dignitosa di una famiglia a volte rischiavano di limitare l’essere umano ad una macchina con determinate esigenze, soddisfatte le quali il suo “funzionamento” era garantito.
Le nostre periferie sono state edificate seguendo questi criteri, ed anche se il concetto di “bello” e di “brutto” sono da evitare nel giudicare l’architettura, solitamente le persone preferiscono farsi la loro camminata nel centro, tra la città medioevale piuttosto che nella moderna periferia.
Col miglioramento delle condizioni economiche ha fatto la sua comparsa in Europa una nuova tipologia, la campionessa dell’edilizia attuale: la villetta.
Il pensiero che sta alla base della villetta è semplice: un nuovo tipo di abitare, un voler emulare le condizioni di vita che in altri tempi erano esclusivo appannaggio del “signore”, una ricerca della privacy, un’isola felice dove la famiglia si separa dal mondo circostante.
La villetta si allontana dalla strada, crea una zona franca, il giardinetto, che permette al proprietario di muoversi tra le mura domestiche con una maggiore intimità, e si isola anche la famiglia dall’antica vita comunitaria.
Il regime nazista fu uno dei principali sostenitori di questa nuova tipologia. Hitler la vedeva con favore perché temeva la vita in comune del suo popolo: la gente quando si incontra parla, le idee circolano, e con esse le critiche al governo.
Nella villetta invece il cittadino ritrova la sua tranquillità, e il giardino da curare riesce a tenerlo occupato nel suo tempo libero, così che anche le sue uscite si riducono col tempo, e con esse le possibilità che venga a contatto con portatori di idee pericolose.
Oggi, in particolar modo nei centri minori, la villetta rimane il sogno di ogni famiglia mediamente benestante; attorno ai centri storici di ogni paese si sviluppano gli anelli di queste nuove costruzioni, e con esse muta anche il senso del nostro vivere.
Nei quartieri delle villette non si cammina: sono studiati per l’automobile.
In america la villetta rappresenta la middle class, ha avuto una grande fortuna ed è entrata nel nostro immaginario anche grazie ai programmi televisivi che ci arrivano da oltreoceano; basta pensare alla casa di Homer Simpson, alla casa dei Keaton, alla tipica casa di ogni famiglia media le cui avventure vediamo ogni giorno nei telefilm spensierati all’ora di pranzo.
Negli States in molti dei quartieri composti da villette per potere fare quattro passi è necessario munirsi di un cane o di una tuta da jogging: si rischia altrimenti di essere fermati dalla polizia che chiederà informazioni sul motivo per cui ci si trova a piedi lungo quella strada; e in effetti, non esiste nessun motivo per camminare in quelle vie, se non per portare fuori l’animale domestico, farsi una corsa o studiare la disposizione delle case per progettare un furto.
E lo sviluppo incontenibile che noi vediamo nelle nostre cittadine potrebbe portare anche noi proprio a questo: la morte del nostro millenario modo di vivere e il trionfo dell’uomo nuovo che esce di casa solo con l’automobile, alla perenne ricerca di un’isola felice piena della tecnologia che possa riempire il suo tempo e infastidito dai sempre più rari contatti con i suoi vicini, definitivamente trasformatisi da persone con cui divideva le sofferenze di una vita dura a dei curiosi ficcanaso.
Se è vero che spesso il modo di vivere ha influenzato il nostro modo di pensare, non rischiamo di emulare troppo da vicino il nostro nuovo habitat, diventando tutti delle "villette" isolate, che hanno smesso di comunicare, e quindi, in ultima analisi, di pensare?
Carlo Brevi (Santaruina)