di Gianni Elvezia
Qualche tempo fa sono andato ad un concerto di musica classica, a cui nel Regno Unito è abbastanza usuale assistere nei luoghi piu disparati: chiese, scuole, case massoniche, municipi e via elencando - a differenza che in Italia - eseguita da gruppi amatoriali che nulla hanno da invidiare ai professionisti se non lo stipendio.
Mi ci ero recato soprattutto per consentire a mia figlia per pochissimo non ancora adolescente (prima che sia troppo tardi per capire istintivamente la differenza da quanto propone lo zombie-box) di sperimentare la musica dal vivo nella sua forma più eclatante e dirompente, nella fattispecie eseguita da un’orchestra sinfonica non folta come numero di orchestranti ma ugualmente capace di trasmettere tutto l’impatto del suonare collettivo con strumenti tradizionali, per di più in una sala non enorme ma dall’acustica ottima.
Mentre ascoltavo l’esecuzione della overture del Flauto Magico, l’opera più esoterica e gioiosa di Mozart, un pensiero mi ha colpito con una chiarezza folgorante: questo, e non altro – se l’umanità sopravviverà ancora per molti secoli – sarà l’eredità per cui la cosiddetta civiltà occidentale moderna sarà ricordata: la musica di Mozart.
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Questo pensiero che mi ha folgorato non è un pensiero generalmente condiviso, e neanche io l’avevo mai considerato prima di quella sera. Comunemente si pensa che la tecnologia e la scienza siano le più grandi conquiste della modernità. Ma ora mi è chiaro come le cose non stiano cosi’.
Infatti il pensiero scientifico ha avuto la sua più alta espressione, per quanto possiamo realizzare dai documenti storici, nella Grecia Classica e prima ancora nella Mezza Luna Fertile con il fenomeno dei Magi ed in Egitto con la Tradizione Ermetica. Tecnologicamente la cultura degli Antichi Romani ha utilizzato le teorie precedenti fino al punto consentito dalla loro organizzazione sociale e dalle congiunture storiche.
Tutto questo corpus di conoscenze e metodologie è stato dimenticato in occidente per grossomodo un millennio dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e se non fosse stato per l’influenza preservatrice dell’Islam probabilmente in Europa saremmo ancora pressapoco alla tecnologia medioevale.
La scienza moderna è stata infatti essenzialmente un fenomeno islamico fino a che una particolare scoperta non ha avvantaggiato l’occidente nella trasmissione del sapere antico e orientale e nella susseguente esplosione scientifica da essi ereditata, restando pero’ essenzialmente islamica nella sua essenza, come essenzialmente greche erano rimaste le basi della tecnologia romana - con la differenza che i Romani non hanno mai negato le origini della loro opulenza non avendo prevenzioni di tipo settario verso i Greci quali noi abbiamo nei confronti degli scismatici maomettani.
La scoperta in oggetto è la famosa stampa dei caratteri mobili. Grazie ai caratteri mobili si poté stampare su carta (una invenzione portataci dagli arabi ed originaria della Cina, da sempre la fabbrica del mondo) tutto il sapere disponibile, velocemente ed economicamente cosicché la cultura occidentale si poté diffondere per il mondo come un incendio incontrollabile.
La cosa buffa è che anche da parte islamica fu la prevenzione settaria a farla da padrona ed ad impedire che una invenzione cosi’ importante potesse sviluppare anche l’informazione in un mondo maomettano che andava dal Marocco al Borneo. E tutto successe perché uno stampatore veneziano non fece un buon lavoro coi caratteri arabi. Infatti nel ‘500 il Califfato ordino’ una stampa del Corano a Venezia. Un po’ per ridurre i costi ed un po’ per ignoranza dell’Arabico la stampa presento’ parecchie imperfezioni nei caratteri che furono prese dal committente per evidenza della poca affidabilità della nuova tecnologia di stampa, specie trattandosi di un’opera in cui la fedeltà all’originale era questione della massima importanza.
La commessa non fu mai completamente pagata e gran parte dei libri furono cosi’ riciclati. Una copia del primo Corano dato alle stampe è stata ritrovata solo di recente a Venezia illuminando gli storici circa la ragione dello scarto scientifico e tecnologico che si apri’ da allora tra oriente e occidente. Ma, come solo ora possiamo apprezzare, la tanto decantata superiorità europea dal punto di vista scientifico fu unicamente dovuta alla maggiore facilità di trasmissione delle stesse informazioni che erano pur disponibili ad un pubblico immensamente più ristretto in oriente, con la ricaduta tecnologica, politica, economica e militare che cio’ ha consentito.
Mentre lo scarto dal punto di vista propriamente scientifico si è mostrato incolmabile solo negli ultimi 120 anni, dal punto di vista musicale si è aperta una voragine fin dal 1500 tra oriente ed occidente. Dalla nascita della musica barocca in poi la musica europea ha raggiunto livelli di sofisticazione e complessità inusitati persino per la meravigliosa tradizione bizantina. La punta più alta della musica europea, l’inizio della vera rivoluzione è cominciata con gli autori barocchi italiani ed è continuata nel centro Europa con i fiamminghi e tedeschi (il più notabile JS Bach) fino a raggiungere il suo Massimo culmine nella musica indipendente dai committenti di WA Mozart, il più grande genio musicale europeo.
In particolare la sua Messa di Requiem ha concluso la tradizione musicale del passato e cominciato una nuova fase che pero’ non ha mai mantenuto pienamente le sue promesse: come per il resto della cultura europea l’apogeo è stato anche l’inizio della fase calante che però è durata più di 200 anni ed ha dato l’impressione di essere una sommità piuttosto che una discesa.
Ci siamo accorti della fine della musica moderna, come del suo inizio, con un’altra Messa di Requiem, questa volta del compositore ungherese Ligeti. Con Ligeti e con l’arte e la scienza degli anni ’60 si è evidenziata la fine della civiltà europea.
Dal nostro punto di vista è difficile capire quale è la civiltà emergente e quale sarà il fattore scatenante del suo successo come lo è stata l’invenzione di Gutenberg per la civiltà europea moderna, ma è un fatto evidente che la civilta europea sia ormai morta o perlomeno moribonda ed infatti da almeno 40 anni si sta parlando di post-modernità.
Questo pensiero, che mi ha folgorato mentre ero assorto nella visione del volto stupito e meravigliato della mia figlioletta, vi confidero’, mi solleva non poco.
Se è vero che collettivamente saremo ricordati come la civiltà sublime di Mozart piuttosto che quella della filosofia negatrice della divinità dell’uomo separato dalla natura espressa dal Titanic, corrotta, corruttrice e diabolica, ci faremo una figura decisamente migliore. E ascoltare, suonare, godere dell’ascolto e della influenza sulla nostra mente della musica di questo genio e di altri geni della musica europea, da Paesiello a Vivaldi a Haendel a Bach a Rossini (che alcuni pazzi complottisti hanno ipotizzato essere un prestanome di un Mozart non defunto ma fuggito dai debiti simulando la morte – a volte anche i pazzi complottisti ci azzeccano, ma questa è un’altra storia) a Kachaturian a Ligeti – solo per elencarne alcuni - , ci rende più comprensivi verso società in cui siamo nati e cresciuti.
Grazie a te, Amedeo, di cuore.
Fonte: il blog di Gianni Elvezia (Pike Bishop) sul Portico Dipinto
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