I RAGAZZI DELLA MONTAGNA

di Fernanda Alene

E’ giusto ricordare il 25 Aprile. E’ giusto ricordare quelli che sono morti.

Ma non credo che fosse questa l’Italia che avrebbero voluto, quei partigiani. Quelli che chiamavamo “i ragazzi della montagna”. Scendevano la notte, verso le cascine. In quel terribile ultimo inverno, con la temperatura perennemente sotto zero. Non aprivano la porta con un calcio. Come facevano i tedeschi. Chiedevano se c’era un pò di latte caldo, o qualche uovo. Chiedevano se potevano rimanere qualche ora nella stalla, al coperto, per scaldarsi. Lì qualcuno si addormentava sulla paglia, qualcun altro cantava sottovoce “Ma che importa se ci chiaman banditi...” Poi verso l’alba una voce forte chiamava “Sveglia, compagni, è ora di tornare sù!”

Li chiamavano ribelli, ma per noi ... ...erano eroi buoni, con la coperta sulle spalle, il mitra a tracolla e le scarpe rabberciate. Per noi i cattivi erano gli altri, quelli con la camicia nera e le scarpe lucide.

No, non credo che i ragazzi della montagna vorrebbero vedere un’altra volta il popolo ingannato, un pagliaccio che ricorda Mussolini, un fascista che avalla la tortura.

Non è per questo che sono morti.

Credo che oggi i ragazzi della montagna manderebbere via a calci quelli che litigano per avere visibilità alla testa del corteo, quelli che in parlamento non compiono il dovere che gli è stato assegnato, quelli che chiamano “terroristi” altri ragazzi come loro.

I ragazzi della montagna oggi vorrebbero sentire una voce forte che non c’è. “Sveglia compagni, dobbiamo tornare su!”

Fernanda Alene


FERNANDA ALENE: una testimone scomoda. Fernanda Alene era già un'italiana quando Mussolini usciva di prigione, e fa sentire la sua voce ogni volta che la storia ci venga presentata in maniera troppo confusa, accomodante, o troppo di parte. Purtroppo per molti infatti, e nonostante la giovanissima età, la sua memoria rimane pura e cristallina.

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