di Marco Cedolin
Negli ultimi anni sono stati molti gli attentati al desco dei lavoratori, portati dai sostenitori della
legge 30 che li ha costretti giocoforza a mangiare a “singhiozzo”, dai fautori del modello americano che li ha indotti a consumare
cibo spazzatura seduti alla scrivania, dalla grande imprenditoria impegnata nella delocalizzazione delle imprese che ha reso loro assai difficile riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena.
Oggi, nel bel mezzo di una
crisi economica potenzialmente catastrofica, indotta in larga parte anche dalla sovrapproduzione di merci, il ministro per l’attuazione del programma di governo Gianfranco Rotondi, nel corso di un’intervista alla web TV “Klaus Condicio” ha ritenuto giusto porre fine a questo stillicidio e dopo avere definito la pausa pranzo “un danno per il lavoro ed una ritualità che blocca tutta l’Italia”, ha auspicato che presto si possa mettere fine a questa insana pratica che nuoce gravemente alla produttività.
Larghi tratti dell’intervista in questione, comparsa sull’home page del sito web del[url=http://www.corriere.it/politica/09_novembre_23/rotondi-pausa-pranzo_495a963e-d829-11de-a7cd-00144f02aabc.shtml
] Corriere della Sera, [/url]... ... somigliano più ad una gag comica stile Bagaglino, piuttosto che non a delle serie riflessioni portate da un uomo politico, così nonostante il tema abbia un certo spessore, si finisce spesso per sorridere, anche se talvolta in modo sardonico.
Rotondi afferma “non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare”.
Curioso come il ministro, pervaso da genuina bonomia, dichiari che non è possibile imporre ai lavoratori quando (e se?) mangiare, ma si dica altresì convinto che per qualche arcana ragione nota solo a lui che come il replicante di Blade Runner, Roy Batty può vantarsi di avere visto le “navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione”, le ore più produttive risultino essere proprio quelle in cui il disgraziato lavoratore si accinge a pranzare. Basta insomma il verso di avvicinarsi al desco, per trasformare quel fatidico momento nell’acme potenziale della produttività
Continua Rotondi “Chiunque svolga un'attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo”.
Affermazione anch’essa alquanto originale, dal momento che i lavoratori autonomi, trattandosi di esseri umani e non dei replicanti tanto cari al ministro, sono comunque costretti a pranzare se vogliono evitare di cadere preda del deliquio prima che faccia sera, anche se per forza di cose pranzano naturalmente quando hanno tempo per farlo.
Rotondi sembra poi farsi meno massimalista, arrivando a dichiarare “Casomai sarebbe meglio distribuirla in modo diverso, come avviene negli altri Paesi” ed a questo riguardo porta tutta una serie di esempi a suo avviso illuminanti ai quali sarebbe saggio adeguarsi.
“In Germania, ad esempio, per incentivare la produttività la pausa pranzo in alcuni posti di lavoro dura mezz'ora, mentre si estende a 45 minuti per chi lavora oltre le 9 ore. Tuttavia, secondo un recente sondaggio, un quarto dei tedeschi trascorre la propria pausa pranzo lavorando. Anche in Inghilterra molti dipendenti vi rinunciano o la riducono, sia nei minuti che nel numero di pause nel corso dell'intera settimana. Negli ultimi due anni, infatti, si è scesi da una media di 3,5 pause a settimana del 2006 a 3,3 nel 2008. Addirittura meno di 3 per le donne. In Francia lo statuto dei lavoratori riconosce 20 minuti ogni 6 ore, mentre in America la pausa pranzo non è proprio prevista dalla legge federale ed è regolamentata autonomamente dai singoli Stati, mentre in Canada e Svezia si pranza davanti alla scrivania”.
Insomma questa stortura del metabolismo umano in virtù della quale il lavoratore per riuscire a produrre sia costretto anche a mangiare, il paffuto ministro Rotondi proprio non riesce a digerirla. Se il lavoratore deve proprio mangiare, almeno lo faccia in fretta, senza alzarsi dalla scrivania. O meglio prenda l’abitudine di pranzare un giorno si e l’altro no, imparando dagli interinali e comunque non si permetta mai di abbandonarsi ai richiami dello stomaco prima di avere prodotto per almeno 6 ore consecutive, se poi sono 9 meglio ancora.
Senza dubbio il ministro Rotondi, memore delle sue esperienze “vicino alle porte di Tannhäuser” preferirebbe sostituire i tradizionali lavoratori, vittime delle costrizioni imposte dalla carne, con una truppa di androidi che sarebbero certo più vicini alla sua visione del mondo del lavoro. Purtroppo però gli androidi digiunano ma non pagano le tasse e per ironia del destino trovare qualcosa da mettere sul desco diventerebbe un grosso problema anche per lui che, neanche si trattasse di Piero Fassino, la pausa pranzo giura di “averla abolita da almeno 20 anni”.
Marco Cedolin