Va bene, tira e molla alla fine ce l'hanno fatta. Ma chi ha vinto veramente questa partita?
L'ha vinta Mattarella, che è riuscito a negare a Savona il ministero dell'economia? L'ha vinta Di Maio, che altrimenti avrebbe visto sfumare per sempre la possibilità di andare al governo? L'ha vinta Salvini, che si prende il tanto agognato ministero degli interni - e un controllo di fatto di quello che accade - ad un prezzo decisamente accettabile?
Nei prossimi giorni si cercherà di tirare le somme di questa estenuante partita, ma nel frattempo una cosa la possiamo affermare con certezza: quelli che hanno perso sono Renzi e Berlusconi, proprio i due che speravano di fottere tutti gli altri con una legge elettorale che prevedeva l'inciucio del secolo. E anche vedere la Meloni che cerca all'ultimo momento di abbandorare la scialuppa del cdx che affonda non è male.
Almeno per stasera abbiamo qualcosa per cui festeggiare. Non è granchè, ma è meglio di nulla. Da domani vedremo...
1 - Lo spread è arrivato a 320, ma nessuno lancia più allarmi. Le borse crollano, ma nessuno sembra più preoccuparsi. Questo significa che il vero problema era il nascente governo giallo-verde, e non l'andamento dei mercati.
2 - Di Maio (appoggiato dalla Meloni) vorrebbe mettere sotto accusa Mattarella, ma Salvini nicchia. Proprio l'uomo che si è visto rifiutare il ministro più importante con una motivazione risibile e non costituzionale ("devo difendere i risparmi degli italiani"), nel momento di affilare le armi e compattarsi con il suo alleato Di Maio - che finora lo ha sostenuto al 100% - preferisce scegliere toni più concilianti.
3 - Mattarella ha bocciato un governo a causa di un ministro che ha teorizzato l'uscita dall'euro, e ora sceglie come primo ministro una persona che ha teorizzato l'uscita dall'euro. Nemmeno Ionesco sarebbe riuscito ad inventarsi un'assurdità del genere. Inoltre Cottarelli non trova nessuno che voglia fare il manichino nel governo per un paio di mesi, e rischia di rimettere il mandato.
Messora scopre che i giornali cambiano il testo del PM Conte, ma il Quirinale minaccia di denunciare Messora, e non i giornali.
Qualunque cosa si pensi della democrazia, di Mark Twain o del processo elettorale, una cosa sulla attuale situazione politica italiana possiamo già affermarla con certezza: l'esperienza Salvini-Di Maio ha cambiato per sempre le regole del gioco, e lo ha fatto in modo radicale. Da qui non torneremo mai più indietro.
Mi spiego meglio. Per la prima volta nella storia italiana è accaduto che due forze politiche si mettessero d'accordo, con un confronto pubblico, su un programma comune di governo. Sembra una stupidaggine, ma in questi termini non era mai successo prima.
Questo permetterà agli italiani, nel giorno in cui si tornasse alle urne, di valutare con precisione quali e quanti fra gli impegni governativi siano stati mantenuti e quali no. E visto che tutto si svolge alla luce del sole, potremo anche valutare i motivi reali per cui certe cose magari non saranno state fatte: potremo cioè giudicare se il mancato raggiungimento di certi obiettivi sia da imputare ad ostacoli effettivi che si sono posti sul percorso del governo, oppure più semplicemente ad una banale mancanza di volontà di realizzarli da parte del medesimo.
E' stato pubblicato il "Contratto per il governo del cambiamento" fra 5 Stelle e Lega.
Qui il documento completo.
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"Non ci sono veti su nessuno, ma con lui non trattiamo". "Non ci opponiamo, ma non voteremo a favore". "Siamo disponibili a trattare, ma stiamo all'opposizione".
Ormai il festival dell'ossimoro ha superato ogni previsione, da parte di tutti i principali attori della battaglia politica per andare al governo. Ciascuno dei protagonisti, nell'arco di 60 giorni, è riuscito a dire tutto e il contrario di tutto. E ora che le nuvole delle parole iniziano a diradarsi, si profila all'orizzonte l'unica soluzione che sia mai stata numericamente plausibile sin dall'inizio: una alleanza Lega - 5 Stelle.
Ma chi farà il capo del governo? E a chi saranno assegnati, soprattutto, i ministeri più importanti? Potranno veramente, Salvini e Di Maio, scegliere chi vogliono loro agli Interni, agli Esteri e all'Economia? O dovranno accettare le imposizioni di Mattarella, che finirà per mettere in quei ministeri personaggi graditi all'Europa, e quindi assolutamente inutili dal punto di vista programmatico di Lega e 5 Stelle?
di Federico Giovannini
Ultimamente nel web e in tv un filosofo giovane e coraggioso ha fatto la parte del famoso bambino della favola puntando il dito e affermando che il re è nudo.
Effettivamente non ci voleva un filosofo per rendersi conto che oggi il partito democratico non è un partito di sinistra, che non è un partito che tutela i lavoratori, ma uno al servizio dell’economia mondialista e capitalista (turbo-capitalista come direbbe il filosofo).
Anche le persone comuni se ne sono accorte e i numeri parlano da soli. Il partito democratico perde continuamente punti e a guadagnarli sono indubbiamente i partiti così detti "populisti" (a prescindere se poi le promesse verranno più o meno disattese) come il movimento 5 stelle e la lega.
La grande massa degli sconfitti della globalizzazione (sempre per usare le parole del filosofo) si rendono conto che il PD non li rappresenta più e cercano delle alternative. Diego Fusaro ha l'indubbio merito di esporre in tv, alle grandi masse e in maniera cristallina e inoppugnabile quello che ormai è diventata questa ovvietà, una cosa sotto gli occhi di tutti, ma che pochi hanno il coraggio di dire chiaramente.
La legge Fornero prima e il Job Act dopo hanno fatto tramontare definitivamente le vestigia di quello che era il partito dei lavoratori: il partito comunista italiano.
di Massimiliano Paoli
"Nell'agire come ha agito l'imputato non ha avuto fini personali [...]. Secondo l'impostazione dell'accusa [...] il reato ascritto all'ex uomo del Sisde, non era un caso di infedeltà individuale, ma si inseriva purtroppo in un sistema di connivenza tra Stato legale e Stato illegale [...]. Nella convinzione che una pacifica convivenza dei due apparati, quello legale e quello illegale, fosse indispensabile per raggiungere l'equilibrio [...] del «niente più arresti, niente più stragi»"(1).
La domanda sorge spontanea e apparentemente provocatoria: com’è possibile che un personaggio come Bruno Contrada abbia prima ricevuto dallo Stato il lusso di poter terminare la sua condanna agli arresti domiciliari e successivamente sia stato “salvato” sul piano giudiziario dalla giustizia europea?
Una domanda che ha una duplice risposta e una lunga, triste, e poco edificante storia "alle spalle". La storia è quella della lotta alla mafia, un argomento, nella sua semplicità, così intricato e complesso da non poter certo venire descritto adeguatamente in poche righe.
L'altra sera a Bordernights ho criticato i 5 Stelle per la loro svolta atlantista, e più in generale per un atteggiamento fin troppo rassicurante verso i poteri forti. A quel punto Paolo Franceschetti e Fabio Frabetti - praticamente in coro - mi hanno detto: "Massimo, noi però te l'avevamo detto".
A questo punto è nata la discussione: che la svolta istituzionale dei 5 Stelle ci sia stata, nessuno lo mette in dubbio. La domanda è se questo fosse stato previsto sin dall'inizio (tesi di Franceschetti/Frabetti), oppure se i 5 stelle abbiano semplicemente dovuto cambiare rotta man mano che si avvicinavamo alle stanze del potere (mia tesi).
Da oggi Luigi di Maio si gioca la partita della sua vita. Si trova infatti in una situazione unica, e per lui certamente irripetibile: ha in mano il pallino per i giochi di governo, ma non ha la forza di imporre nessuna soluzione particolare. Può solo giocare di rimessa, dichiarando in anticipo la propria posizione, per poi aspettare che siano gli altri a decidere.
Già ha detto che o lui sarà premier, oppure di 5 Stelle al governo non se ne parla. Questa è stata una mossa molto azzardata, perchè Di Maio è già al secondo mandato, quindi se la palla non gli va in buca stavolta, per lui il sogno di una premiership è bruciato per sempre.
Ma ha anche detto che non andrà mai al governo insieme a Berlusconi: quindi, o il centrodestra si spacca, e Di Maio fa un governo con la Lega, oppure anche in questo caso salta tutto. Ma difficilmente Berlusconi permetterebbe a Salvini di andare al governo senza di lui, ricattandolo in ogni modo possibile dai banchi del Senato. (Oltre ad avere la presidenza in mano, almeno metà dei senatori leghisti sono pro-Berlusconi).