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"Date a Cesare quel che è di Cesare" e per par condicio "e date a Dio quel che è di Dio"tutti gli uomini a TUTTI I LIVELLI ed il suo comunismo è stato il più vero perchè gli uomini,uguali nella dignità, sono UGUALI ANCHE NEL DIRITTO DI POSSESSO.
Nella parabola dei talenti è espresso abbastanza chiaramente il concetto che Dio ti ha già dato tutto il kit perché te la possa cavare: c'è chi fa le mossa giusta e chi sbaglia senza fare alcuna mossa per la troppa paura di sbagliare.l'uomo orgoglioso si LIBERA da questi doveri e preferisce rinnegare Dio piuttosto che ammettere di non riuscire a fare qualcosa solo con le proprie forze ma di aver bisogno di chiedere l'aiuto divino!
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Marauder ha scritto: In quale delle due categorie metteresti l'uomo orgoglioso di cui parli?
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Però il problema è un altro, visto che la Fede non esiste.
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Marauder ha scritto:
Mi sfugge perché sostieni che non esiste, in modo oggettivo mi sembra.
Nell'accezione cristiana esiste, non è trasferibile, e poco incline all'essere discutibile in quanto fede, appunto; è evidente che è questo è il contesto in cui dobbiamo operare.
Può non esistere, nel senso di dimorare, in noi due ma magari nell'amico/a Keturas invece sì, o almeno così dice lui/lei in modo indiretto.
Che poi non "funzioni" è un altro paio di maniche, che però è di nuovo fuori dal perimetro disegnato da Keturas.
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Marauder ha scritto: Facile: è sapere senza conoscere.
La certezza senza l'esperienza.
Meglio di così non so esprimerlo, ammettendone la sinteticità ma non per questo una minor chiarezza.
edit: riguardo all'autore del thread, booohh
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Mi piace questa definizione ma la considero un'estensione di quella che ho dato, non una sostituzione: io l'ho rapportata a se stessi, tu hai esteso il campo a terzi, aumentando la definizione ma non annullando quella che riguarda la sfera personale. Anzi, aggiungo, che di strumenti razionali per trattare la fede non ne esistono per nessuna azione.La Fede è conoscere senza avere gli strumenti razionali per poterlo comunicare su di un piano d'interazione replicabile
Ecco qui non capisco. Stiamo parlando di un qualcosa non concreto e comunque concettualmente condiviso, di cui peraltro abbiamo stabilito anche il riferimento in cui la si sta trattando, l'accezione cristiana. Quindi esiste, astrattamente, ma è.La fede (che non esiste) è una certezza la cui esperienza esula dai piani sensibili riconosciuti tali dal paradigma illuminista (che poi è massonico)
Questa mi piace e oggettivamente è così, per tutti, anche per te e come hai espresso il tuo pensiero: ognuno è influenzato dalla cultura di base che lo circonda e dalle influenze diversa che, per caso o per ricerca (ma sempre un po' casuale è), permea il suo mondo.Ti sei espresso molto bene. Ma non eri tu a parlare.
ParadossaleNon è fedele ai suoi propositi
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Marauder ha scritto: Mi piace questa definizione ma la considero un'estensione di quella che ho dato, non una sostituzione: io l'ho rapportata a se stessi, tu hai esteso il campo a terzi, aumentando la definizione ma non annullando quella che riguarda la sfera personale. Anzi, aggiungo, che di strumenti razionali per trattare la fede non ne esistono per nessuna azione.
Ecco qui non capisco. Stiamo parlando di un qualcosa non concreto e comunque concettualmente condiviso, di cui peraltro abbiamo stabilito anche il riferimento in cui la si sta trattando, l'accezione cristiana. Quindi esiste, astrattamente, ma è.
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In che senso? Vuoi dire che questa scissione è un'astrazione che va a tagliare ciò che è tutt'uno? sempre in quella logica estremista e manichea?Ma il mondo intero non è mondo fenomenico e mondo metafisico, come Lor Signori Grandi Figli Di Puttana hanno indotto - da secoli - a CREDERE
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Naaaaaa
La fede è conoscere. Tu scrivi che è sapere senza conoscere. Ahiò.
Io non ho detto che hai esteso la fede a terzi, ho detto che hai esteso il campo a terzi:Io non lo ho estesa a terzi, io ti dico che in aggiunta non è esplicitabile su di un piano probabotario di stampo illuminista.
Ed essendo un loop diventa forzatamente una conclusione: come si può discutere se si parlano lingue diverse? E capirsi?C'è un altro problema, per questo ti dico che tu non usi parole tu e io, non avertene: Sì. Perché per "tue" e "mie" non mi riferisco ai retaggi, ma alle accezioni definite dalle nomenclature ufficiali, alle quali tu ti appelli e io no. Ti faccio un ulteriore approfondimento a corroborare quanto tu non stia usando parole tue:
Qui io ci vedo più banalmente la questione di convenzione.- la razionalità e l'irrazionalità, non esistono (facci caso, non ho usato questi strumenti farlocchi come li usi tu). Anche questi, come la fede sono costrutti filosofici legittimati da paradigmi massonici, da secoli e secoli.
Della prima affermazione posso solo prenderne atto, nulla più, ma non ne sono affatto convinto.Non è concettualmente condiviso.
Se conosci: Sai.
Se sai: sai che altri sanno.
Punto.
Null'altro.
Ecco, e ce ne potrebbero essere molti di più. Qual'è la differenza tra un piano e tutti gli altri?Non c'è una condivisione. La condivisione è su di un piano morale; può esservi, ma non è l'elemento sostanziale che ne definisce la formula.
Non è vero che non è concreto, è su di un altro piano di concretezza.
Concordo con Shavo, bello quest'esempio e rende bene il punto che vuoi mostrare, e al tempo stesso il mio, che non è diverso per nulla, cambia solo l' osservatoRendiamo senziente il pensiero, come fosse - esso stesso - un essere vivente a sé (e non è così) ma mettiamo sia così, ok? Bene. Se il pensiero la pensasse come Te e gli si chiedesse: «La realtà fenomenica esiste?» ... lui ti risponderebbe che non è concreta
Il resto discende da qui.
Questo, grazie a Dio, lo sapevo.Per ora mi fermo alla prima lezione, e ricorda che per la questione "che tutti siamo soggetti alla cultura", la cultura e la conoscenza non sono nemmeno sinonimi.
Certo, pensare in modo a-culturale dalla cultura A. Ma poi c'è la cultura B. E la C. E non sono nemmeno culture diverse, ma diversi livelli della stessa, unica cultura.Pensare in modo A-Culturale è possibile e anche elementarmente semplice. Basta scoprire il barbatrucco di quei gran figli di puttana, è solo un click
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Se la fede è circoscivibile nell'applicazione di un codice comportamentale entra a far parte di diritto tra le cose esistenti.
Se ogni pensiero fosse una automazione indipendentente dalla complessità dell'individuo da cui scaturisce?
Agire in un modo e pensare di fare dell'altro non è prova schiacciante di indipendenza dal complesso individuale?
prima o poi lo leggo!Povero keturas, invaso dai troll che vanno ot... E pensare che prometteva bene il topic... (ma qual'è il senso, poi, del topic: è un manifesto del faith pride?).
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Shavo ha scritto: In che senso? Vuoi dire che questa scissione è un'astrazione che va a tagliare ciò che è tutt'uno? sempre in quella logica estremista e manichea?
Ps. bello l'esempio del pensiero come essere senziente
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Ma si basa sull'insegnamento, sulla dottrina. È una costruzione che avviene nella realtà sensibile. Non è manco per i ciufolo innata. Se ho capiro la tua obbiezione.Circoscrivere la fede nell'ambito delle cose sensibili non è un'idea furba. La fede concerne tutto ciò che è causa delle cose sensibili. In altre parole non la realtà sensibile: tutto il resto
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Quella io la chiamo religione, non fede. D'accordo non sia innata (la fede).Ma si basa sull'insegnamento, sulla dottrina. È una costruzione che avviene nella realtà sensibile. Non è manco per i ciufolo innata.
beh mi sembra lapalissiano che, condizione necessaria perchè nasca una religione, ci sia bisogno di un credo, che è sempre antecedente a rigor di logica.Non mi pare esistano casi di fedeli auto disciplinatisi in una religione, o per lo meno è certo che se esistessero avrebbero maturato il proprio credo in pura soggettività. In pura soggettività sensibile, intendo (se mi consenti il termine ed il collegamento con ció che dicevi).
Fino a prova contraria la fede non ha nulla a che vedere con la realtà sensibile. stai di nuovo parlando di religione (al "fino a prova contraria" mi hai invitato tu , sia chiaro!)Fino a prova contraria la fede è una costruzione del tutto umana che non ha nulla a che vedere con ciò che non è realtà sensibile (nel senso, che ci prova, ma è solo il tentativo umano di provarci) e si manifesta in maniera fisica (psichica, mentale, cerebrale) negli individui.
Una volta mi sono innamorato.Accetteresti mai che una storia che ti provochi sentimenti e profonde reazioni emotive, proprio per come la hai vissuta nel profondo, potrebbe diventare la tua realtà, la tua verita?
Difficilmente si potrà parlare della fede come una condizione naturale (di connessione con la divinità) perchè non lo è affatto. È solo speculazione interessata (il più delle volte) insegnata ad altri come verità indiscutibile (sempre e nei secoli indiscutibilmente del tutto umana).
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Shavo ha scritto:
Calvè, ma dimmi, il Luna Park hai mica in mente di smontarlo tutto di bullone in bullone?
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Dipende da come intendiamo il verbo insegnare.Ma la fede non si insegna.
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ciò che viene comunicato soffre del mezzo di comunicazione; ci sono cose che non si possono comunicare a parole, altre che non si possono comunicare con un abbraccio, altre che non si possono comunicare in nessun modo e possono solamente essere apprese per esperienza.. chessò, un manuale per fare l'amore esiste? (probabilmente esiste ma sorvoliamo :D ) Ci stai?Imprimere, raccontare, sussurrare, imporre... non e' cosi' importante. Il punto e' l'essere comunicata ad altri : e' li che inizia ad esistere.
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ispirato a, invece che da è un lapsus? sennò non ho capito.. ma credo fosse un semplice lapsus.L'innamoramento pero' e' ispirato si ad una idea (idealizzazione) ma anche ad una persona, oltre che ad un fattore biochimico, non solo ad un'impalpabile concetto.
e come no.. certo che è più facile.E' sicuramente piu' facile credere in un qualcosa di tangibile come una persona o una relazione continuativa con essa che aver fede in un ideale.
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Nono, credimi, non voglio trarne vantaggio, anche perchè non combatto per nessuna bandiera.. son liberissimo di cambiare opinione quando mi pare.Premesso ciò, non posso accettare, ad un livello oggettivo, argomentazioni auto certificanti di tipo soggettivo che, inoltre, vorrebbero, addirittura, trarre vantaggio, da questa inadempienza comunicativa e sostanziale secondo dei, seppur comunque inadeguati viste le complessitá di cui trattano, parametri oggettivi. Mi riferisco all'attribuirsi valore in quanto sostenitori della propria singolarità intellettiva come prova assoluta (credo fosse l'approccio di Calvero, ma potrei sbagliarmi) di avere la ragione o ragioni superiori.
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