Un anno e mezzo fa ho votato un partito che mi prometteva, come minimo, un referendum sull’uscita dall’Euro. Oggi mi ritrovo con lo stesso partito che va al governo con il PD, ovvero con il più europeista dei partiti italiani.
Il partito che mi prometteva un riposizionamento internazionale dell’Italia, più distaccato dalla dipendenza americana, oggi va al governo con il PD, ovvero con il più atlantista dei partiti italiani.
Il partito che mi prometteva di combattere lo strapotere delle banche oggi va al governo con il partito che più di tutti si è dimostrato amico delle banche. E tutto questo, mi dicono, è passato dal voto sulla piattaforma Rousseau.
di Mario Monforte
I 5S che conosco, con cui ho collaborato e intendo continuare a farlo, adesso, oltre a essere - giustamente - contrari all’accordo di governo M5S-Pd, sono impegnati - ancora giustamente - a sostenere il voto-no sulla Piattaforma Rousseau.
Certo, si rendono ben conto che la cosa è problematica. Infatti, aggiungo io, se c’è un notaio “registratore” degli esiti, però chi controlla l’immissione dei dati? Inoltre, il “grosso” dei parlamentari 5S è pro-accordo (anche, e questo non è qualunquismo, per mantenere il posto, inteso come prebenda), e i parlamentari hanno pur i loro seguiti nelle aree di origine, che saranno orientati al «sí», il che vale a maggior ragione per i 5S al governo.
In piú, l’autorità di Grillo (ispiratore e fondatore del movimento) ha un peso ragguardevole sui 5S, e Grillo ha preso posizione con forte decisione perché il governo M5S-Pd si faccia, e dire «no» significherebbe anche andare contro Grillo.
È stato geniale. Con un semplice 17% in parlamento, Salvini è riuscito ad andare al governo facendo un accordo acrobatico e improbabile con i Cinque Stelle. In realtà a lui di quello che c’era scritto nel “contratto di governo” non importava più di tanto. Quello che gli importava veramente era di avere il ministero degli interni, perché grazie a quello Salvini ha potuto impostare “da dentro” una campagna elettorale permanente. Come ministro degli interni, infatti, ha potuto mostrare i muscoli ed ha potuto chiudere i porti delle coste italiane.
Gli è bastato così respingere qualche centinaio di migranti, per passare agli occhi di tutti come il salvatore della patria. “Se Salvini vuole respingere i migranti - ragiona l’uomo della strada - vuol dire che ha veramente a cuore l’Italia e gli italiani, e quindi io alle prossime elezioni lo voterò sicuramente.”
In questo modo il favore di Salvini è schizzato rapidamente verso l’alto, e quello che solo un anno fa era un relativamente magro 17%, si è letteralmente raddoppiato con le elezioni europee.
Gli americani hanno un'espressione (che è anche il titolo di un film famoso): Dead man walking. Si riferisce al condannato a morte, nelle sue ultime ore di vita. Quando il condannato viene trasferito dalla sua cella alle stanze dove avverrà l'esecuzione, i secondini annunciano a voce alta, con tono ferale: "Dead man walking!", ovvero "morto che cammina", e tutti gli altri prigionieri si affacciano sui corridoi, per veder passare l'uomo che si avvia verso la sedia elettrica.
I 5 Stelle oggi sono l'equivalente di un dead man walking. Sono vivi, stanno al governo, ma sono ormai irrilevanti, hanno le ore contate, e si avviano mestamente verso l'atto finale della loro esperienza politica.
Come siano riusciti a sperperare in così poco tempo un patrimonio politico accumulato con anni di entusiasmanti battaglie sarà una questione che verrà dibattuta a lungo nei libri di storia. Ma di fatto un partito che ha, paradossalmente, la maggioranza in parlamento, oggi viene considerato semplicemente la carcassa vuota di quello che solo un anno fa era la più promettente formazione politica comparsa in Europa negli ultimi decenni.
Di solito metto la puntata di Bordernights nei commenti liberi, ma l'intervista che abbiamo realizzato oggi all'avv. Miraglia merita l'attenzione della homepage.
di Giorgio Cattaneo *
Era nell'aria: il Governo del Tradimento si sarebbe apprestato a rimangiarsi anche l'ultima delle sue promesse. Ovvero: non gettare via miliardi in valle di Susa per il Tav Torino-Lione, senza prima averne verificato l'utilità. La verifica – la prima, nella storia – era arrivata nei mesi scorsi dopo decenni di silenzio da parte dei governi romani, per merito del ministro Danilo Toninelli. Verdetto negativo, firmato dal più autorevole trasportista italiano, il professor Marco Ponti, già docente del Politecnico di Milano e consulente della Banca Mondiale: un'opera faraonica e completamente inutile, perfetto doppione della linea Italia-Francia che già attraversa la valle di Susa, collegando Torino e Lione via Traforo del Fréjus, da poco riammodernato al prezzo di quasi mezzo miliardo di euro per consentire il passaggio di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. Lo sapevano anche i sassi, peraltro: il traffico Italia-Francia è praticamente estinto. Lo chiarisce la Svizzera, delegata dall'Ue a monitorare i trasporti transalpini: l'attuale linea valsusina Torino-Modane-Lione, ormai semideserta e destinata a restare un binario morto anche nei prossimi decenni, potrebbe aumentare del 900% il suo volume di traffico, se solo esistesse almeno il miraggio di merci da trasportare, un giorno.
Esattamente come era successo lo scorso inverno, quando i nostri governanti sbraitavano "2,4 o morte!", per poi dover scendere umilmente al 2,04, ora è successa la stessa cosa: Salvini sbraitava "Non ci impediranno di fare la flat-tax, non ci ricatteranno con la procedura di infrazione!", e invece ci hanno ricattato, e il ricatto ha funzionato benissimo. Per evitare la procedura di infrazione infatti ci hanno obbligato a raggranellare tutto quello che avevamo da parte - persino le monetine sotto i cuscini del divano - e mettere tutto sul piatto del "bilancio nazionale".
In questo modo non ci resta più alcun margine per fare manovre espansionistiche.
Ma non basta: la lugubre minaccia del "rischio infrazione" si è curiosamente verificata proprio nel momento in cui si facevano le nomine europee per il prossimo quinquennio, e si è dissolta nel nulla proprio ieri sera, a nomine avvenute.
Solo un cretino potrebbe non accorgersi della coincidenza.
Lo scorso 28 maggio, a Montecitorio, è stato discusso un provvedimento per lo sblocco del pagamento dei debiti da parte dell’amministrazione verso privati, anche attraverso l’utilizzo dei Minibot presenti nel Contratto di Governo M5S – Lega. La mozione, dapprima approvata all’unanimità, è stata successivamente respinta da una parte delle opposizioni. Perché questo dietrofront? Ai microfoni di Byoblu risponde Pino Cabras, già membro della Commissione Finanze alla Camera per il Movimento 5 Stelle.
Cabras racconta, dal suo punto di vista, non solo la marcia indietro del PD sui Minibot, ma anche il loro impiego per rilanciare l’economia, il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti per contrastare lo spread e la necessità di finanziare una nuova televisione per avere un’informazione libera e indipendente, al di fuori dei circuiti mainstream.
A me il discorso di Conte è piaciuto molto. Ha offerto un bagno di realismo per tutti, parlando con onestà e con trasparenza, senza giri di parole e senza nascondersi dietro a un dito. Era da tempo che non si sentiva una tale chiarezza in un discorso politico.
Voi cosa ne pensate?