È stato geniale. Con un semplice 17% in parlamento, Salvini è riuscito ad andare al governo facendo un accordo acrobatico e improbabile con i Cinque Stelle. In realtà a lui di quello che c’era scritto nel “contratto di governo” non importava più di tanto. Quello che gli importava veramente era di avere il ministero degli interni, perché grazie a quello Salvini ha potuto impostare “da dentro” una campagna elettorale permanente. Come ministro degli interni, infatti, ha potuto mostrare i muscoli ed ha potuto chiudere i porti delle coste italiane.
Gli è bastato così respingere qualche centinaio di migranti, per passare agli occhi di tutti come il salvatore della patria. “Se Salvini vuole respingere i migranti - ragiona l’uomo della strada - vuol dire che ha veramente a cuore l’Italia e gli italiani, e quindi io alle prossime elezioni lo voterò sicuramente.”
In questo modo il favore di Salvini è schizzato rapidamente verso l’alto, e quello che solo un anno fa era un relativamente magro 17%, si è letteralmente raddoppiato con le elezioni europee.
Gli americani hanno un'espressione (che è anche il titolo di un film famoso): Dead man walking. Si riferisce al condannato a morte, nelle sue ultime ore di vita. Quando il condannato viene trasferito dalla sua cella alle stanze dove avverrà l'esecuzione, i secondini annunciano a voce alta, con tono ferale: "Dead man walking!", ovvero "morto che cammina", e tutti gli altri prigionieri si affacciano sui corridoi, per veder passare l'uomo che si avvia verso la sedia elettrica.
I 5 Stelle oggi sono l'equivalente di un dead man walking. Sono vivi, stanno al governo, ma sono ormai irrilevanti, hanno le ore contate, e si avviano mestamente verso l'atto finale della loro esperienza politica.
Come siano riusciti a sperperare in così poco tempo un patrimonio politico accumulato con anni di entusiasmanti battaglie sarà una questione che verrà dibattuta a lungo nei libri di storia. Ma di fatto un partito che ha, paradossalmente, la maggioranza in parlamento, oggi viene considerato semplicemente la carcassa vuota di quello che solo un anno fa era la più promettente formazione politica comparsa in Europa negli ultimi decenni.
Di solito metto la puntata di Bordernights nei commenti liberi, ma l'intervista che abbiamo realizzato oggi all'avv. Miraglia merita l'attenzione della homepage.
di Giorgio Cattaneo *
Era nell'aria: il Governo del Tradimento si sarebbe apprestato a rimangiarsi anche l'ultima delle sue promesse. Ovvero: non gettare via miliardi in valle di Susa per il Tav Torino-Lione, senza prima averne verificato l'utilità. La verifica – la prima, nella storia – era arrivata nei mesi scorsi dopo decenni di silenzio da parte dei governi romani, per merito del ministro Danilo Toninelli. Verdetto negativo, firmato dal più autorevole trasportista italiano, il professor Marco Ponti, già docente del Politecnico di Milano e consulente della Banca Mondiale: un'opera faraonica e completamente inutile, perfetto doppione della linea Italia-Francia che già attraversa la valle di Susa, collegando Torino e Lione via Traforo del Fréjus, da poco riammodernato al prezzo di quasi mezzo miliardo di euro per consentire il passaggio di treni con a bordo i Tir e i grandi container “navali”. Lo sapevano anche i sassi, peraltro: il traffico Italia-Francia è praticamente estinto. Lo chiarisce la Svizzera, delegata dall'Ue a monitorare i trasporti transalpini: l'attuale linea valsusina Torino-Modane-Lione, ormai semideserta e destinata a restare un binario morto anche nei prossimi decenni, potrebbe aumentare del 900% il suo volume di traffico, se solo esistesse almeno il miraggio di merci da trasportare, un giorno.
Esattamente come era successo lo scorso inverno, quando i nostri governanti sbraitavano "2,4 o morte!", per poi dover scendere umilmente al 2,04, ora è successa la stessa cosa: Salvini sbraitava "Non ci impediranno di fare la flat-tax, non ci ricatteranno con la procedura di infrazione!", e invece ci hanno ricattato, e il ricatto ha funzionato benissimo. Per evitare la procedura di infrazione infatti ci hanno obbligato a raggranellare tutto quello che avevamo da parte - persino le monetine sotto i cuscini del divano - e mettere tutto sul piatto del "bilancio nazionale".
In questo modo non ci resta più alcun margine per fare manovre espansionistiche.
Ma non basta: la lugubre minaccia del "rischio infrazione" si è curiosamente verificata proprio nel momento in cui si facevano le nomine europee per il prossimo quinquennio, e si è dissolta nel nulla proprio ieri sera, a nomine avvenute.
Solo un cretino potrebbe non accorgersi della coincidenza.
Lo scorso 28 maggio, a Montecitorio, è stato discusso un provvedimento per lo sblocco del pagamento dei debiti da parte dell’amministrazione verso privati, anche attraverso l’utilizzo dei Minibot presenti nel Contratto di Governo M5S – Lega. La mozione, dapprima approvata all’unanimità, è stata successivamente respinta da una parte delle opposizioni. Perché questo dietrofront? Ai microfoni di Byoblu risponde Pino Cabras, già membro della Commissione Finanze alla Camera per il Movimento 5 Stelle.
Cabras racconta, dal suo punto di vista, non solo la marcia indietro del PD sui Minibot, ma anche il loro impiego per rilanciare l’economia, il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti per contrastare lo spread e la necessità di finanziare una nuova televisione per avere un’informazione libera e indipendente, al di fuori dei circuiti mainstream.
A me il discorso di Conte è piaciuto molto. Ha offerto un bagno di realismo per tutti, parlando con onestà e con trasparenza, senza giri di parole e senza nascondersi dietro a un dito. Era da tempo che non si sentiva una tale chiarezza in un discorso politico.
Voi cosa ne pensate?
Scegliendo di confermare Di Maio come leader del movimento, i 5 Stelle si sono condannati all'irrilevanza politica.
Hanno avuto paura di riconoscere l'errore di fondo che la gestione "democristiana" del movimento comportava, e si sono messi da soli in un cul-de-sac che li porterà alla lenta estinzione.
Quando dicevo, già dall'anno scorso, che seguendo la strada del compromesso i 5 stelle avrebbero progressivamente perso quote sostanziali del loro elettorato, (purtroppo) non sbagliavo. Eppure la lezione non gli è bastata. Spaventati e tramortiti dalla batosta elettorale, hanno scelto di restare aggrappati alle posizioni già acquisite invece di cogliere l'occasione per riportare il movimento sul sentiero che ne aveva decretato l'immenso successo elettorale.
Uno strumento eccezionale, praticamente finito nel dimenticatoio, ora potrebbe tornare utile ai 5 Stelle.
Sto parlando della piattaforma Rousseau, la piattaforma digitale che permette di consultare tutti gli iscritti al Movimento 5 Stelle in tempo reale.
Dopo essere stata creata con grande fanfara, un paio di anni fa, la piattaforma è stata usata principalmente in due casi storici: quando si trattava di approvare l'accordo di governo con la Lega, ad inizio legislatura, e quando si trattava di decidere se Salvini dovesse o meno andare sotto processo per il caso Diciotti.
In altre parole, si è avuto l'impressione che in entrambi i casi la piattaforma sia stata usata per avere un alibi contro eventuali contestazioni da parte della base dell'elettorato. Una mossa di puro paraculismo, più che una reale intenzione di implementare la democrazia dal basso.
Ora invece si presenta l'opportunità di usare la piattaforma per quello che era stata concepita: sentire, vagliare e soppesare l'opinione degli iscritti, in un momento di innegabile svolta storica per il Movimento.
Dopo la clamorosa sconfitta dei 5 stelle, inizia la caccia al colpevole. C'è chi dice che il sud non è tornato a votare in massa, "perchè ormai il reddito di cittadinanza l'abbiamo avuto". C'è chi dice che i 5 Stelle hanno pagato il tradimento sui vaccini, poichè la fetta di elettorato free-vax sarebbe molto più grossa di quello che si immagina. C'è chi dice che i 5 Stelle hanno pagato i vari voltafaccia, sulla TAP, sugli F-35, sull'uscita dall'Euro ecc.
Ma nessuna di queste motivazioni può spiegare un crollo così verticale del supporto elettorale nell'arco di un solo anno. Non dimentichiamo infatti che il 4 marzo 2018 ben 9 milioni di italiani avevano votato cinque stelle, mentre oggi, ad un solo anno di distanza, quella cifra si è praticamente dimezzata. Nessun elemento singolo può giustificare una debacle così clamorosa.
In realtà non è possibile capire il tonfo dei 5 Stelle se non si tiene in considerazione il motivo originale per cui avevano avuto successo in primo luogo.