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In realtà ci sono molte foto in cui messa a fuoco ed esposizione lasciano a desiderare, per non parlare delle inquadrature decentrate e dei lens flare come quelli visti prima. Per esempio Armstrong ha fatto tre foto (5897-5899) alla placca commemorativa sulla scaletta del Lem, le prime due sottoesposte, solo la terza è venuta bene.eppure tutte le foto sono a fuoco meglio che con l'autofocus e con esposizione perfetta.
Sicuramente la radiazione solare non filtrata dall'atmosfera è il 30% più forte di quella che arriva sulla superficie terrestre all'equatore a mezzogiorno....e che mi dici della sua gigantesca capacità di bruciare la pellicola? Senza atmosfera a fare da filtro, intendo.
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Hai individuato il problema, ma lo hai espresso male: in teoria l'Ektachrome 64 regge bene la luce diretta del sole (cioè non "buca" necessariamente del tutto la pellicola), PURCHE' tu tenga un diaframma molto chiuso (es: da f/16 in su). Quindi nel frattempo NON PUOI anche vedere bene la definizione del LEM in ombra, come in questa foto:Io mi domanderei piuttosto come fai a vedere il resto della foto con il sole sparato dritto nella pellicola senza l'atmosfera a filtrarlo in qualche modo.
Come ho già detto, le dimensioni relative di un oggetto fotografato dipendono dalla focale usata. Più vai verso il grandangolo, più gli oggetti lontani ti appaiono piccoli. Infatti nella foto del sumo postata da HUMAN, che è scattata con un forte teleobiettivo, la luce del flash appare enorme (sproporzionata). Questa sproporzione è dovuta in parte al flare (che esagera le dimensioni del lampo reale) e in parte al teleobiettivo, che comprime e avvicina le parti più lontane.Visto che le macchine fotografiche erano tarate per scattare foto, diciamo così, alla buona, come è possibile che la Terra vista dalla Luna risulti così.
Teoricamente, con una prolunga applicata all'obiettivo per controllare i diaframmi e i tempi di esposizione, è possibile scattare in quelle condizioni. Il problema casomai riguarda la messa a fuoco: finchè fai un campo lungo, regoli la messa a fuoco fra 3 metri e l'infinito, e vai con Dio, la profondità di campo è garantita. Ma quando devi mettere a fuoco qualcosa che sta ai tuoi piedi, senza poter guardare nel mirino, sono cazzi quadri. NON C'E' MODO di mettere a fuoco sulla breve distanza, se non usi il pozzetto.a volte mi domando perché non si facciano delle prove di fotografie fatte in quel modo. Alla mythbusters, per intenderci. Intendo dei fotografi professionisti dentro delle tute con la macchina attaccata sul petto, da usare con i guanti e indossando un casco. Con le stesse Hasselblad e con lo stesso tipo di rullino.
I Mithbusters hanno dedicato una puntata a smontare alcune affermazioni dei moonhoaxers, facendo una figura barbina. Tra l'altro hanno simulato con un modello in scala, la foto di Aldrin che scende la scaletta, dimostrando, secondo loro, che è realistica. Peccato che il Sole era un riflettore a pochi metri di distanza, e quindi i raggi luminosi non potevano essere paralleli e, per quanto fossero in una stanza buia, l'aria presente poteva influire sull'illuminazione generale. In poche parole, sono riusciti, involontariamente, a dimostrare l'esatto contrario.
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Nel secondo hanno dimostrato l'esatto contrario di quello che volevano dimostrare: ovvero che con una sola fonte di luce, e senza l'aiuto di pannelli riflettenti, non è possibile bilanciare la zona in luce incidente (terreno illuminato) con quella in luce riflessa (Aldrin in ombra).
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Mi ha sempre incuriosito sapere quale misurazione abbia fatto Tuttle per ottenete quel 40-40. Io lo vedo a occhio che la luminosità è uguale, però non saprei misurarla partendo da una fotografia. Come si fa?ecco l'esame della quantita' di luce resa dal terreno e da Aldrin
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Ma per fare questo tipo di misurazioni non si dovrebbero prendere a riferimento due superfici dello stesso colore?
La tuta dell'astronauta è bianca ed ha un alto indice di riflessione mentre la superficie lunare è, quantomeno, grigia.
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Ma infatti, il problema rimane immutato. Stavo solo dicendo che non si può utilizzare la scala 255 del computer come PROVA DIRETTA del problema. Ma ci sono altri modi per dimostrarlo.La questione piuttosto è: come è possibile spiegare che due punti in condizioni estremamente diverse, l'astronauta in ombra e il suolo lunare illuminato direttamente, hanno la stessa luminosità all'obiettivo, ovvero nello stesso punto di misurazione?
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Ma certo, tutte le obiezioni sono benvenute, stimolano la discussione e rappresentano un'occasione di crescita. Come ho detto, non sapevo della polvere lunare che levita. Anch'io sono molto alunno ;)Ps sono solo obiezioni per cercare di capire, non per contrastare, in questo momento mi sento molto alunno.
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E la luce che si diffonde dalla superficie, cioè dal basso, non potrebbe colpire il lato in ombra del LEM illuminandolo almeno un po'? O ti aspetti di vederlo completamente nero?La luce dovrebbe manifestarsi e diffondersi, quindi, dal basso verso l’alto e non dall’alto verso il basso come avviene sulla terra o comunque su altri corpi dotati di atmosfera. La presenza del LEM fotografato è come se facesse parte della superficie lunare e quindi dovrebbe subire lo stesso fenomeno. La luce dovrebbe quindi definire la forma del LEM ma solo dove esso è colpito direttamente, seguito da una lunga ombra. A mio modo di vedere, ossia da profano, le foto non dovrebbe offrire quel tipo di immagine.
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