di Maurizio Blondet

“All’Italia conviene tornare alla lira”. Lo sostiene il tedesco Marc Friedrich, consulente finanziario di fama, in una intervista a Sputnik Deutschland. Non solo l’Italia, affondata da un tasso record di debito e disoccupazione, ma “tutti i paesi del Sud Europa starebbero meglio con una moneta sovrana invece che con l’euro. Questi ‘paesi, con i limiti imposti dalla Banca Centrale, non vedranno mai quell’inizio di crescita che permetterebbe loro di rimettersi”.

Marc Friedrich è co-autore di un saggio «Der groesste Raubzug der Geschichte», che è stato un best seller nel 2012. “Già allora dimostravamo che l’euro non funziona. Adesso vedo che per la prima volta, in Italia il concetto di Italexit non è più tabù”.

Cita “Alberto Bagnai dell’università di Pescara”. Ha ragione Bagnai. “In marzo, sostenendo che l’euro collasserà comunque qualunque sia il capitale politico investito in esso, questo professore di economia ha sottolineato la necessità di una uscita “controllata” dalla moneta unica, padroneggiando l’inevitabile:

“La causa più probabile – ha scritto Bagnai – sarà il collasso del sistema bancario italiano, che trascinerà con sé il sistema tedesco. E’ nell’interesse di ogni potere politico, certo dei dirigenti europei declinanti, e probabilmente anche degli USA, gestire questo evento invece di attenderlo passivamente”.

Parole di buon senso. Di fronte alle quali non c’è, probabilmente, il vero e proprio terrore delle oligarchie dominanti davanti a quel che hanno fatto col loro malgoverno monetario. Che le paralizza. Pochi sanno che nell’eurozona, i prestiti andati a male in pancia alle banche assommano alla cifra stratosferica di 1.092 miliardi di euro. L’Italia è la prima del disastro, con 276 miliardi di prestiti inesigibili; ma la seconda è la Francia di Macron con 148 miliardi. Seguono la Spagna con 141, e la Grecia con 115. La Germania ne cova 68 miliardi, l’Olanda 45, il Portogallo 41.

Prima della Germania, ci seguirebbe nel precipizio la Francia – trascinandosi evidentemente giù anche l’Egemone di Berlino.

Il rischio è passato inosservato, spiega l’economista francese Philippe Herlin, perché si comparano questi 148 miliardi di prestiti andati a male con i bilanci delle grandi banche francesi, il triplo del Pil nazionale (che ammonta a 2.450 miliardi di dollari). Errore, perché in caso di crisi le cifre iscritte a bilancio sono poco o nulla mobilizzabili; “quel che conta è la liquidità, il cash, i fondi propri”. I fondi propri delle banche francesi sono 259,7 miliardi; quasi il 60 per cento (il 57) sarebbero dunque divorati dai prestiti marciti; Herlin prevede dunque l’uso di bad bank riempite con il denaro dei contribuenti. “Per ora non c’è urgenza, al contrario dell’Italia, ma in caso di aggravamento della crisi finanziaria (aumento dei fallimenti, un qualunque shock finanziario)il governo sarà forzato a intervenire”.

Non riusciamo ad immaginare i sudori freddi che provoca a Berlino la prospettiva di contribuire coi risparmi dei virtuosi tedeschi ad una bad bank pan-europea da mille miliardi. Eppure, continua Friedrich, “se l’Italia deve restare nella UE, allora l’economia più forte del blocco, la Germania, deve accollarsi il fardello delle sovvenzioni all’Italia e agli altri Stati membri del Sud”. Ovviamente, anche lui ritiene che l’immane compra di titoli di debito che sta facendo la BCE al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, non fa che nascondere il problema e guadagnare tempo. Per farlo, i vertici hanno rotto tutte le regole, a cominciare dalle loro. Ma collasserà, e possiamo solo sperare che i politici responsabilmente cercheranno allora di minimizzare i guasti e di eliminare l’euro in modo controllato. In ogni caso ciò costerà caro”.

Si potrà contare sulla Merkel come la politica che responsabilmente smonterà la moneta unica in modo controllato? E’ assorbita non tanto dalle prossime elezioni, ma dalla strategia che ha (espresso anche a nome nostro) dopo il disastroso G7 di Taormina, e lo scontro con Trump: “Noi europei dobbiamo veramente prendere in mano il nostro destino”. Ma come? Per quanto erratico e imprevedibile, in mano a pulsioni emotive incontrollate e sotto schiaffo del Deep State che vuole la sua eliminzione (e lo sta facendo), The Donald è chiaro e costante nella sua ostilità commerciale verso la Germania, che accusa di slealtà e di manipolazione della moneta.

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