[b]SENZA LA SINISTRA. SENZA I PARTITI.[/b] 14.09.04 - Se si guarda dove si era abituati a vedere, fino ai primi anni 80, le classiche forze politiche di sinistra, oggi ritroviamo solo un mare di sigle e volti anonimi, che paiono svolgere un’unica funzione effettiva: accogliere, incanalare e metabolizzare in qualche modo le immutabili esigenze della base popolare, la quale appunto, per dette esigenze, si rivolge “a sinistra” per consuetudine storica. Ma la sinistra che cercava di venire incontro a queste esigenze, nel passato, lo faceva nell’ambito di un progetto ideologico e politico vero e proprio: quello del socialismo in senso lato. E quella sinistra, l’ultima vera sinistra, se n’è andata con le lacrime di Berlinguer ... ... ai funerali di Aldo Moro, nel 1978. Lì il faticoso tentativo di compenetrare nel nostro paese due ideologie diverse, capitalismo e socialismo, si era definitivamente infranto contro il diktat irremovibile di Kissinger e Agnelli, eseguito con mano ferma ed impietosa dalla nostra malavita d'altopiano (travestita per l'occasione da "brigate rosse"), in perfetta collusione coi più alti livelli dello Stato. E a partire da quel momento, ciò che chiamiamo “sinistra” è diventato solo un cinico raccoglitore di energie popolari, che non si possono ovviamente incanalare e far sfogare tutte nella sola domenica allo stadio. (La stessa cosa è successa con il movimento delle donne, nei primi anni ‘80, quando l’UDI, organizzazione femminile nata dal basso, che aveva raggiunto un potenziale esplosivo, è stata infiltrata e metabolizzata con sapienza centenaria dalle donne del partito, che l’hanno disciolta e poi riaperta in quella cosa tanto presuntuosa quanto innocua che è l'Emily di oggi). Dalla morte di Moro in poi, quindi, tutti quelli che abbiamo visto salire sul palcoscenico rosso – occhetti, rutelli d’alemi o fassini che fossero – sono persone che hanno avuto in precedenza il nulla osta dell’establishment (Industriali/CIA e DC/Vaticano) per accedervi. Si tratta cioè di gente, magari anche in perfetta buona fede, che risulta profondamente innocua a lungo termine, mentre conserva la preziosa qualità di saper attrarre su se stessa l’attenzione (e le aspettative) della base popolare. Ma al massimo, come progressisti, possono esibirsi in qualche spericolata uscita in motorino sotto la pioggia. (Quando invece servirebbero davvero, li ritroviamo dalla parte del Vaticano ad ostacolare la gay parade, o ad andare a bombardare i serbi, o a non impedire che vengano bombardati gli iracheni). Putroppo, la cruda realtà è questa: in Italia, paese sotto il controllo della chiesa fin dai tempi di Costantino, una sinistra effettiva è esistita solo per qualche decennio in tutto, nel secolo scorso: dopo la prima guerra mondiale, quando fu schiacciata dall'avvento di Mussolini; dopo la seconda, quando fu irreggimentata e pesantemente ridimensionata dallo spiegamento delle forze cattoliche al gran completo; ed infine, nel 1978, quando fece con Moro la stessa fine che fece lo statista. (E chi ha voluto comunque riprovarci, seppur in una veste decisamente più appetibile, è finito esule e sepolto in terra d'Africa. Proprio nel periodo in cui diventava d'uso, curiosamente, il termine catto-comunista). Non si può quindi cercare una “sinistra”, oggi, semplicemente perchè quella vera non è previsto che esista. E continuare a rivolgere aspettative autentiche verso coloro che sono lì proprio perchè incapaci di risolverle, è non solo ridicolo, ma fa proprio il gioco di chi una vera sinistra in Italia non la permetterà mai: voi fate mattino litigando sui dalema di ieri, i fassino di oggi e i chissachì di domani, e noi intanto continuiamo a gestire il potere come da sempre, cambiandovi ogni tanto il fantoccio su cui azzuffarvi. E allora – dirà qualcuno - cosa facciamo? Facciamo senza! Chi l’ha detto che c’è bisogno di riconoscersi a tutti i costi in uno schieramento predeterminato, per "contare" qualcosa? Iniziamo lavorando sull’individuo, sulla crescita personale di ciascuno, senza seguire nessun libretto di istruzioni prestampato. Partiamo da noi stessi, e da chi ci sta vicino, aiutiandoci a vicenda nel crescere, nel cercare di capire, e nel diffondere quel poco che abbiamo capito a chi senta di volerlo condividere. In fondo i grandi partiti, le grandi organizzazioni, i grandi “schieramenti politici”, che da fuori sembrano dei colossi impenetrabili, visti da vicino risultano tutti composti da singoli individui, esattamente come me e come te. Ma gli individui come me e come te crescono soltanto – quando hanno la fortuna di farlo - nel buio della propria notte, e nel confronto con la propria coscienza, non certo alle “riunioni di partito”, nè ai comizi in Piazza Grande. Anzi, lì più ci si va più si fa solo - come già detto - il gioco del nemico. Qualcun altro dirà ora: sì, ma se prima o poi non ti organizzi, non potrai mai far sentire il tuo peso sul futuro della società. Certo che no, ci mancherebbe. Io suggerisco solo di capovolgere il percorso: invece di iscriversi "prima" ad un partito, per poi cercare di "cambiare il mondo" con quell'etichetta addosso, cambiare noi individualmente, per ritrovarci eventualmente a far parte di uno stesso gruppo omogeneo. Ma a posteriori, in maniera naturale, e senza averlo programmato necessariamente in anticipo. Invece di dire "chiameremo socialisti tutti coloro che aderiscono al partito socialista", diremo "chiameremo socialista - o un altro nome - l'insieme di tutte le persone che la pensano in questo dato modo." Ma attivamente, e non passivamente. Induttivamente, e non deduttivamente. Dal basso verso l'alto, e non viceversa. Senza più bisogno di ridicole tessere d'iscrizione, di definizioni storiche, di formule precostituite, o di altisonanti dichiarazioni d'intenti. A quel punto conti il doppio, non solo perchè sei parte di uno stesso partito, ma perchè quel partito sei tu stesso che lo costituisci, col tuo corpo, in prima persona, e senza di te non potrebbe esistere. E non sei più soltanto un parassita che lo subisce, e dove invece, che tu ci sia o meno, non fa proprio nessuna differenza. In fondo, se alla fine del percorso - non facile, sia chiaro - io sarò cambiato, tu sarai cambiato, e lui sarà cambiato, ed in qualche modo sarà cambiato anche chi sta accanto a ciascuno di noi, non sarà prima o poi "cambiato il mondo"? Massimo Mazzucco