[img align=right]library/paldo-o.jpg[/img]di Giovanni Giavelli [i]“So di non sapere. Per questo indago.”[/i] Padre Aldo Bergamaschi Vorrei che le poche note che seguono fossero intese non come necrologio, bensì come omaggio sincero a un uomo ignoto ai più e, anche per questo, incredibilmente grande. Padre Aldo Bergamaschi - frate francescano deceduto poco tempo fa - non avrebbe mai potuto salire agli onori delle cronache, né ricoprire cariche “importanti”: una vita, la sua, troppo virtuosa, una cultura sconfinata, un miscuglio di talenti esplosivo per le menti... E’ morto a ottant’anni, come Platone, l’ammirato filosofo della classicità - assieme a Socrate - cui spesso si rifaceva per rafforzare, laicamente, qualunque dei suoi tanti teoremi che prendevano forza dalla lettura consapevole e adulta del Vangelo. Ebbi l’ardire di adottarlo come padre spirituale (credo si dica così) quando, da ventenne inappagato qual ero, avevo urgente bisogno di riferimenti spirituali e culturali che mi fornissero le chiavi di lettura per le tante incongruenze e contraddizioni di cui la vita è intessuta. Mi ha aiutato a trovare risposta a mille interrogativi, ad amare il più inutile e insieme indispensabile deposito di conoscenze, la filosofia, tra i cui esponenti, remoti, moderni e attuali, si muoveva con sorprendente scioltezza. Ogni ateo consapevole avrebbe trovato in lui l’interlocutore ideale. Frequenti, eruditi, ma mai pedanti, erano i suoi rimandi ai “fari” della letteratura (su tutti, il Manzoni), della teologia, della scienza. Fedele all’[i]omnia munda mundis[/i], affrontava tutti i temi, compresi quelli che il comune sentire etichetta come scabrosi, ... ... con il pragmatismo del chirurgo, evidenziando la calda passione di chi è innamorato del vero. Nella sua feconda produzione omelica mai ha affrontato i testi secondo la tradizione, e nemmeno alla luce del libero esame, ma ha fatto ricorso alla chiave infallibile della razionalità, guidato dal principio di non contraddizione, mostrando come Dio parli alla ragione dell’uomo e come questi possa umilmente ricercare, e talvolta scorgere laVerità. La “Parola di Dio”, quella che ha attraversato venti secoli di storia senza apparentemente scalfire il nostro rapportarci con l’altro e con lo stesso divino ([i]homo homini lupus e homo religiosus[/i]), ha trovato in lui un interprete acuto e vivace, capace di tradurre in modo spesso sorprendente una [i]novità esistenziale[/i] sconvolgente, dove sacro e divino non sono concepiti come dimensione eterna che [i]domina[/i] la storia, bensì come salvezza [i]ab intrinseco[/i] del divenire (quel [i]divenire[/i] che Severino traduce con “apparire dell’eterno”). Cristo uomo-Dio è l'[i]oximoron[/i] che viene a chiudere l'epoca delle religioni e degli stati sovrani: due mali che opprimono l’umanità e rendono impossibili pace e giustizia. Quanti libri, conferenze, omelìe, saggi, discorsi, carteggi, interviste, corrispondenze, sceneggiature di presepi! E quanta incomprensione, durezza di cuori, avversioni, ostilità e condanne, a cominciare dagli stessi confratelli e gerarchie! (Il poi futuro presidente CEI, non ancora porporato, era di casa da queste parti...) Solo un accenno ad alcune delle sue stimolanti tesi: - I comandamenti possono essere dieci o cento, ma tutti derivano dall’unico “amatevi come io vi ho amato”; senza profitto. - Il cristianesimo proclamato dal Nuovo Testamento non è una religione; e la vicenda terrena di Gesù non dovrebbe lasciare dubbi al riguardo. - Il cristianesimo storico, da Costantino in poi, è caduto al rango di religione (religione cristiana), si è mescolato al potere e ne ha “consacrato” le aberrazioni; questa disgrazia perdura tuttora. - Gli stati nazionali e i differenti idiomi - con le tante disparità e discriminazioni che forzosamente vi convivono all’interno - sono all’origine di tutte le tensioni, di tutti i conflitti: se proprio è necessario compartimentare l’umanità, non lo si faccia per confini geografici, ma per segmenti dell’etica ([i]Per il cristiano, ogni Paese straniero è patria, e, ogni patria è Paese straniero[/i]). - Il cristianesimo non è “la” soluzione dei problemi sociali, ma il cristiano, tale per conversione ([i]metanoia[/i]) e non per nascita, è chiamato al conseguente manifestarsi del suo credo nel quotidiano, con l’esempio del suo comportamento nei rapporti tra singoli, nella famiglia, sul lavoro, in campo sociale. - La santità non è di chi compie miracoli o lenisce le tribolazioni di poveri e afflitti, ma di chi denuncia e combatte i soprusi, spesso inflitti “in nome di Dio”. - La Chiesa, per essere credibile non ha bisogno di preti e di ordini religiosi, ma di cristiani; essere cristiani rimane la vocazione più difficile soprattutto nella prassi, quando costringe l’individuo a distinguere il [i]non si può fare[/i] dal [i]non si riesce a fare[/i]. - Non esiste felice concordismo fra noi e il cosmo, e bisogna far qualcosa di "pratico" affinché i finalismi umani (es. salute) non incontrino altri finalismi in sé perfetti (es. virus e veleni), volti ad attuare disegni che ci sfuggono a motivo della nostra ignoranza. Il lui l’aderenza al Messaggio fu totale, radicale, e rafforzata - se mai ve ne fosse bisogno - dalla potente mediazione di San Francesco, suo costante “méntore” assieme a don Primo Mazzolari. Spesso ricorre, negli scritti di Padre Aldo, il pensiero del frate d’Assisi, di questo strano “idiota” che si estranea dagli affari pubblici per rientrarvi in modo salvifico; pensiero che mai viene espresso per concetti, ma per gesti; se Francesco avesse teorizzato la prassi, sarebbe stato il più temibile degli eretici. Padre Aldo, come Francesco, ha rilanciato nella cristianità la imitazione di Cristo e l'attuazione del Messaggio senza mediazioni storiche o linguistiche. La fatalistica iattura della religiosità naturale viene sempre e inevitabilmente scossa da questi pensatori che, senza rimandare con puntigliosa insistenza al Vangelo, lo rievocano fra le righe di un comportamento coerente, come una speranza di possibile ribaltamento istituzionale. Francesco e il discepolo Aldo hanno avuto il dono di rianimare Cristo nei cuori in cui giace ibernato, facendolo sgorgare senza la mediazione della predicazione dogmatica e del carisma sacramentale, rilanciando la salvezza per la fede mediante il raccordo dell'etica col “fuori sistema”, ossìa con l'Altissimo, e non certo con la Chiesa storica, fonte inquinata della morale pratica. Ha combattuto con forza contro la religione-paranoia, così focalizzata sulla ricerca della perfezione personale mutevolmente intesa da pecore e pastori. Ne ha denunciato l’ottuso miracolismo, illusorio residuo del messaggio perduto e disatteso. In questa ottica deforme, il cristiano, pure abilitato da Cristo a "fare cose più grandi delle Sue” - e cioè a essere portatore di novità nei tre settori fondanti della società (sesso, danaro, potere) - aspetta grazie personali da Dio o dai suoi santi. Viceversa, qualora i seguaci dei vari rinnovamenti esprimessero una catena di comunità cristiane nel rapporto di lavoro, oltre a colpire il capitalismo nel suo punto vitale, mostrerebbero al mondo il significato autentico dell'[i]amatevi come ho amato voi[/i], posto da Cristo a fondamento della Fede. E invece la storia di tutti i tempi documenta l’intensificarsi dell'[i]opus religionis[/i] per cui si vede la religione, ma non si vedono i cristiani, mentre le gerarchie soffrono di frustrato paternalismo e ora cavalcano, ora criticano, la tigre della religiosità volgare (devozionismo) di cui sono infauste amministratrici. Difficile, adesso, pensare a qualcuno che sappia raccogliere tanta eredità e alimentare con nuova linfa un giardino mentale così rigoglioso e variopinto. Ma il seme sparso talvolta porta frutto, e, nell’attesa, mantiene viva la speranza che sia davvero possibile praticare su questa Terra l’insegnamento del Signore Gesù. Giovanni Giavelli (“Padre Aldo”) [url=http://www.padrebergamaschi.com/]Gli amici di Padre Aldo Bergamaschi[/url]