LE GRANDI DICOTOMIE NEL CONFLITTO POLITICO DEL NUOVO SECOLO

di Fabio de Nardis

Negli Stati Uniti, i telegiornali e gli organi di stampa aprono regolarmente con le notizie dal mondo e ne danno una interpretazione affatto peculiare. Al momento sono due le questioni di maggiore interesse: la Guerra in Iraq e le dinamiche di cambiamento politico nei paesi della sfera occidentale. Due fatti a mio avviso connessi.

È ormai innegabile che l’adesione o meno a quella Guerra scellerata è divenuta una variabile che discrimina i livelli di consenso alle classi dirigenti occidentali. Shroeder, da tempo in crisi e malgrado i limiti della sua politica economica, viene riconfermato Cancelliere su una piattaforma programmatica che lo vede fermo oppositore accanto alla Francia di Chirac all’intervento bellico in Medioriente. Per la ragione contraria, Blair in Gran Bretagna...

... è da mesi sotto il tiro dei media e dell’opinione pubblica con l’accusa di aver mentito alla Nazione sulla questione delle armi di Saddam (c’è maggior onta per un leader politico?). I socialisti di Zapatero stravincono le elezioni in Spagna con un programma pacifista, malgrado il grave attentato dell’11 Marzo che avrebbe potuto favorire Aznar e i popolari. Berlusconi, in Italia, si prepara ad affrontare una piazza gremita che lo accuserà di essere subalterno ai piani imperialistici del governo americano. E infine Bush non riesce ha dare seguito al suo progetto di esportazione globale dell’American Way of Life e per questo è accusato di incompetenza dai suoi stessi consiglieri. Come scrive Eddie Mahed Jr., un esperto di strategia politica del Republican National Committee, Bush non è riuscito a creare nuovo lavoro, non è riuscito ha trovare le armi di distruzione di massa attorno a cui aveva articolato il suo teorema della Guerra preventiva, e infine non riesce a rispondere in maniera efficace alle accuse del suo avversario democratico che ha ormai intrapreso una campagna di aggressione nei suoi confronti che sembra raccogliere il consenso degli americani. Insomma, gli effetti di questa Guerra sembrano ritorcersi contro chi l’ha voluta e sostenuta, facendo emergere una inedita società civile globale che sembra ormai in grado di determinare cambiamenti sociali significativi indipendentemente dalle strategie delle classi politiche istituzionali. Il movimento pacifista si è fatto da tempo potere costituente che non intende diventare potere costituito ma riesce a muoversi con disinvoltura su una dimensione transnazionale alternando antagonismo e cooperazione, a seconda delle contingenze politiche e degli obiettivi della protesta.

Nello stesso tempo, esso mette in luce i limiti della politica istituzionale nella sua forma partitica e nazionale laddove essa si mostra subalterna alle dinamiche globali di una ideologia neoliberale che produce nuove forme di disuguaglianza e sfruttamento e sovente si serve del potere militare degli Stati per poter estendere la propria sfera d’influenza. Si sono ormai definite le grandi dicotomie su cui si articolerà il conflitto politico del nuovo secolo. Guerra e Pace; Efficienza e Solidarietà; Disuguaglianza e Uguaglianza; Potere imperiale e Contropotere.

Fabio de Nardis

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Professore di Sociologia Politica all’Università di Lecce, e professore di Scienze Politiche all’Orientale di Napoli, Fabio de Nardis è attualmente alla UCLA (University of California Los Angeles), per un periodo di ricerca scientifica. Fabio de Nardis è anche direttore della rivista (cartacea e on-line)  “il Dubbio”, una pubblicazione internazionale di analisi politica e sociale.