di Fabio Angiolini (Fabiomln)

Dovevo avere circa cinque o sei anni.

Come tutti i bambini di quell’età, gli unici pensieri che affollavano la mia mente riguardavano il divertimento, l’esplorazione e il gioco.

In effetti i bambini sono pura felicità e, ancora non condizionati dagli adulti e dalle loro ‘conoscenze’, vivono la vita con la spensieratezza della loro età. Poi diventano grandi, la magia sparisce e, secondo me, si comincia a morire.

Anch’io presto avrei dovuto fare i conti con questo passaggio.

Un giorno affacciandomi dalla finestra di casa mia verso il cortile del condominio, il ricordo invero è piuttosto labile, vidi un drappo color viola. Non ricordo nel dettaglio come si svolse la conversazione, ma rivolgendomi a mia madre le domandai cosa fosse quel telo appeso. Non ricordo quale parole usò esattamente ma capii che il drappo era in relazione alla morte di qualcuno. Non avevo mai sentito parlare di morte e mi domando ancor oggi quali parole potesse avere usato mia madre per spiegarmi che la morte aveva relazione con la cessazione della vita.

Non rammento per l’appunto le parole, ma ricordo benissimo la sensazione di smarrimento e paura che mi colse. Fu come una lama che ti si conficca nel corpo e ti apre in due. Quella sensazione è ancora presente oggi, a distanza di 50 anni, e penso non mi abbandonerà mai.

"Ma io non voglio morire", le dissi in maniera evidentemente turbata. Lei, che dovette aver percepito il mio stato di smarrimento e benché non credente, cercò di rimediare alla situazione raccontandomi che in fondo non si muore veramente, poiché si va in cielo con Dio. La cosa mi consolò solo parzialmente perché io in terra avevo tutti i miei interessi e affetti mentre il cielo mi sembrava piuttosto noioso, ma ricordo che cominciai a fare quelle domande tipiche dei bambini, come ad esempio dove si sarebbero poi comprati i vestiti quando questi si fossero rovinati.

Eventi come questi ti segnano nell’animo e spesso determinano le scelte future della tua vita. E infatti da allora un pensiero costante, via via più invadente ha rafforzato in me la determinazione nel far durare quanto più a lungo possibile il mio corpo poiché l’idea della morte proprio non mi appartiene sebbene spesso l’idea della stessa si ripresenti. Ricordo ad esempio, che alle scuole medie alcuni miei compagni cominciarono a fumare ma io non volli mai saperne perché mi rendevo conto che avrei accorciato la mia vita.

Con il tempo, anche se inizialmente in modo occasionale, cominciai ad approfondire alcune tecniche che sembrava potessero allungare la vita. Ad esempio la restrizione calorica, attraverso esperimenti con le scimmie, sembrava poter allungare la vita anche del trenta o quaranta percento.

Poi quindici anni fa, a seguito di alcune situazioni familiari, abbracciai pienamente lo studio della medicina in tutte le sue sfaccettature. Man mano che le conoscenze aumentavano aggiungevo cinque o dieci anni alla possibile durata della vita in funzione della scoperta appena effettuata, sempre ovviamente nel tentativo di esorcizzare l’evento in tutti noi fatale.

Poi scoprii che la persona che ha vissuto più a lungo fra quelle ampiamente documentate, è stata una certa J. Calment. Visse 122 anni e 164 giorni. Fra l’altro la sua vita è ricca di aneddoti curiosi, come quando a 110 anni il suo medico le consigliò di smettere di fumare perché poteva causarle problemi di salute. Quindi mi dissi che 123 anni poteva essere un obiettivo realistico. Poi saltò fuori un uomo che sembra sia vissuto 168 anni e quindi ho spostato il mio obiettivo a 169. Da allora sono emersi altri casi di persone che sembrano essere vissuti ancor più a lungo, di qualcuno si parla di 256 anni. Ma onestamente io sono pronto ad accontentarmi di 169.

Purtuttavia è evidente che per quanto si possa spostare nel tempo la data della propria morte, prima o poi sarà necessario fare i conti con l’ineluttabile destino di noi esseri umani.

E’ per questo che in parallelo cerco conferme all’esistenza dopo la morte o per meglio dire che la morte sia solo l’apertura di una porta verso una esistenza alternativa (auspicabilmente migliore di quella attuale). E’ una ricerca lenta la mia, poiché non verrei turbare, nell’eventuale acquisizione di certezze, la mia determinazione a vivere 169 anni.

Quindi se fra voi ci sono persone che hanno risposte certe in merito alla nostra esistenza, prego di segnalarmelo con cautela.

Poi al passaggio ineluttabile, il mio epitaffio potrebbe essere il seguente: Mi sono assentato (temporaneamente).