Ieri mia nuora, che abita accanto a me, ha bussato alla mia porta trafelata chiedendomi: "Posso prendere la tua bicicletta?"

"Certo, prendila pure - le ho risposto io - che cosa succede?"

Ma lei era già scesa di corsa dalle scale. Ho appena fatto un tempo a sentire "Te lo spiego dopo" che già se n'era andata. Dopo mezz'oretta è tornata, con un sorriso trionfale dipinto sul volto: "L'ho preso" mi ha detto con gli occhi pieni di allegria. E io: "Che cosa hai preso?" "Il Pokemon! Era qui vicino, proprio sulla statale, davanti al bar di Alberto".

Ho passato la mezz'ora seguente a farmi spiegare come funzioni questa faccenda dei Pokemon. In sintesi - per chi ancora non lo sapesse - gli inventori di questo nuovo gioco hanno avuto la geniale idea di utilizzare il sistema GPS di Google Maps per organizzare una specie di caccia al tesoro virtuale, a livello globale. Dovunque tu vada, in giro per il mondo, potresti imbatterti in un Pokemon: basterà sovrapporre l'immagine virtuale del luogo in cui ti trovi (quella dello smartphone) a quella del luogo stesso, per vederlo sul tuo schermo. In altre parole, il Pokemon si trova sì "davanti al bar di Alberto", ma soltanto nel mondo virtuale di Google Maps. Davanti al bar di Alberto, nel mondo reale, non c'è assolutamente nulla; però tu, per poter catturare quel Pokemon virtuale, dovrai recarti davanti al bar reale.

La mania di questo nuovo gioco sta dilagando in maniera talmente rapida in tutto il mondo che impone una domanda: che cosa c'è di così affascinante nell'andare in giro per le strade a catturare cose che non esistono?

L'ho chiesto, prima di tutto, alla mia stessa nuora: "E' bellissimo! - mi ha risposto lei - Non solo puoi catturare i Pokemon, ma poi li puoi allevare, li puoi addestrare in palestra, e puoi anche andare a combattere contro altre squadre di Pokemon in altre palestre."

Io credo però che la spiegazione per questo successo, tanto istantaneo quanto globale, vada ricercata ad un livello più profondo, e sta nell'aver finalmente completato la fusione fra mondo reale e mondo virtuale.

Da circa vent'anni ormai noi viviamo in un mondo dissociato, distopico, duplicato: da una parte il mondo fisico, quello della vita quotidiana, dove andiamo a lavorare, andiamo alla partita, andiamo al ristorante con i nostri amici. E dall'altra il mondo virtuale, fatto di avatar, di log-in, di videogames, di messaggi chat, di emozioni digitali.

Ora, grazie all'idea di Pokemon, i due mondi si sono sovrapposti, e la barriera non esiste più: è tutto reale (devi camminare fisicamente, per trovare i Pokemon) ma è tutto virtuale (nella realtà queste bestionline non esistono, stanno solo sul tuo schermo).

E così, per le nuove generazioni che crescono risulterà sempre più difficile distinguere con chiarezza il mondo reale da quello virtuale. Già oggi abbiamo un problema enorme, che è l'incapacità delle nuove generazioni  di contestualizzare i fatti singoli all'interno di una visione storica ben definita. Ma ora che il fatto reale rischia di confondersi definitivamente con quello virtuale, il problema della contestualizzazione storica degli eventi potrebbe diventare irreversibile.

Chi era John Fitzgerald Kennedy? Il presidente progressista ucciso dalla CIA e dalla mafia nel 1963, oppure quella figurina bidimensionale che compare sullo schermo del nostro smartphone, se ci rechiamo a Dallas e decidiamo magari di giocare a "shoot the president"?

Massimo Mazzucco