Nota storica

Il diritto d'autore è cosa piuttosto recente e di certo non esisteva nel 1700. Questo ha causato non pochi problemi in merito al riconoscimento della paternità di opere musicali dell'epoca in tutte le loro forme (opere, sinfonie, quartetti, sonate, concerti ecc). Nel 1700, infatti, a causa di un commercio fiorente delle partiture su commissione, si viene a verificare il problema di attribuzione della paternità di molteplici opere musicali importanti, in quanto spesso l'acquirente, o il committente che fosse, ne diventava non solo il possessore, ma anche il proprietario che poteva spacciarsi per l'autore della musica o attribuirla ad un suo protetto. Va sottolineato che il commercio gravitava intorno alle parti orchestrali, infatti le partiture, ovvero i manoscritti originali, quasi sempre non sono disponibili in quanto 'andate perse'. I manoscritti originali svelerebbero, tramite la calligrafia del compositore, l'identità dell'autore dell'opera.  

In conservatorio e nei corsi universitari di musicologia si studia la storia della musica per grandi nomi. Tra questi troviamo gli esponenti della Wiener Klassic (o prima scuola di Vienna) che sono oggi considerati dei 'mostri sacri' della musica. Stiamo parlando di J. Haydn, W.A. Mozart e L.v. Beethoven. Interessante notare come anche su Wikipedia si trovi uno striminzito commento di questo tipo: "La prima scuola di Vienna non si fonda su alcuna base storica né, tantomeno, estetica", insomma un accidente musicale. Ovviamente non c'è nulla di più storicamente falso.

Veniamo ora al nocciolo della questione. Il primo problema che sorge è quello relativo alla cittadinanza di questi compositori: nessuno di essi era di Vienna. La stessa Wiener Klassic è avvolta da un mistero, nel senso che viene considerata come un fatto assodato. Gli storici e i musicologi non si sbottonano troppo nello spiegare le origini di quest'epoca importantissima per la storia della musica, mentre mai un'epoca ha presentato nella storiografia musicale più punti oscuri in relazione alle reali paternità di opere importanti.

IL CASO MOZART

È il caso, ad esempio, di Wolfgang Amadeus Mozart, che costituisce la punta dell'iceberg di questo fenomeno. Dei 626 lavori che il Cav. Köchel attribuì a Mozart, oltre 70 furono scoperti essere di altri autori, centinaia furono spostati di data e decine sono rielaborazioni di lavori altrui da parte del Mozart. Infine, altri lavori gli furono disattribuiti perché considerati mediocri. Insomma, il modus operandi dei musicologi e degli studiosi in materia fu spesso basato su un'affiliazione stilistico-qualitativa del tipo "il lavoro è raffinato e suona 'alla Mozart', pertanto deve essere per forza suo” [1].

Inizialmente, ad esempio, gli furono accreditate un centinaio di sinfonie, numero che successivamente scese a cinquanta e, dopo anni di 'studio e ricerca', ridotto a 41. Oggi è praticamente certo che anche le ultime sinfonie di Mozart non fossero affatto di suo pugno e, nel caso delle sinfonie Nº 41 "Jupiter",  Nº 38 "Praga" e Nº 35 "Haffner", ne abbiamo addirittura le prove, il che riduce ulteriormente il numero delle sinfonie attribuitegli. (Vedi sotto).

Ovviamente l'interesse a tenere queste informazioni sotto chiave è sempre stato altissimo da parte delle autorità austriache. Pensate al dànno di immagine che l'Austria ne deriverebbe, nonché al dànno economico causato dalla perdita di prestigio del loro enfant prodige.

LO STILE DI MOZART

Chiediamoci prima di tutto come suonano le composizioni giovanili di Mozart rispetto a quelle più mature. Inoltre, è doveroso menzionare brevemente come si formi un compositore per sviluppare e maturare un suo stile personale.

Per rispondere a queste domande dobbiamo iniziare con i lavori giovanili del piccolo Wolfgang. Abbiamo infatti a nostra disposizione una ventina di sinfonie scritte prima dei vent’anni. Ebbene, a detta di molti, sono quasi inascoltabili [2] e di un livello che nulla ha a che vedere con gli ultimi dodici capolavori sinfonici, i quartetti ed i concerti per pianoforte e orchestra dell'età matura. Sono proprio questi ultimi, infatti, i lavori di dubbia provenienza nel catalogo di Mozart. Riguardo ai concerti per violino ed orchestra a tutt'oggi grava il buio più totale, in quanto non sappiamo se veramente li abbia composti Mozart, oppure se li abbia acquistati da terzi. Molti parlano di Mozart compositore come di un artista al quale mancavano, in realtà, solide basi di armonia e contrappunto (ossia l'arte di far funzionare due o più linee musicali assieme). Nel 1945 Alfred Einstein (noto musicologo esperto di Mozart) ci aveva informato che il 10 ottobre 1770 lo stesso Mozart non superò a Bologna l'esame di contrappunto di Padre Martini, fallendo miseramente. Tutte le vanterie del padre Leopold riguardo alle qualità geniali del figlio non sarebbero che menzogne [3]. A causa dei suoi frequenti e lunghissimi viaggi che il padre Leopold gli imponeva in giro per l'Europa, non si capisce come il giovane Mozart avesse potuto apprendere l'arte della composizione musicale, spostandosi di continuo in diligenza da un Paese all'altro. Inoltre, i suoi manoscritti sono talmente perfetti da non presentare sbavature e cancellazioni: insomma, non v'è segno sui manoscritti di questi interminabili viaggi su strade sterrate e dissestate, percorse su diligenze traballanti. I suoi manoscritti sembrano, appunto, copiati invece che composti: nessun errore, nessun ripensamento o idea alternativa. Tutto sembra essere stato scritto direttamente in partitura alla perfezione; eppure nelle immagini di manoscritti di compositori importanti si evince che la composizione va in tutt'altro modo. È normale vi siano parti tagliate, notazioni, ripensamenti, cancellazioni. Questo è vero per qualsiasi compositore (è sufficiente paragonare gli esempi dei manoscritti di Bach, Beethoven, Brahms, Verdi, Puccini, Schumann, Schubert e Mahler con quelli di Mozart come risulta dalle immagini [4]). In taluni casi, Mozart si dimentica addirittura ben 7 battute in partitura. Questo è conosciuto come l'errore del copista, e di certo non lo commette chi invece sta creando in tempo reale un'opera d'arte, in quanto la sequenza logico-creativa non permette di saltare una frase di tali proporzioni.

Sappiamo che Mozart amava 'prendere in prestito' temi da altri compositori, quando addirittura non comprava le partiture già composte ed orchestrate. Mozart fu recidivo in tali comportamenti, e di ciò abbiamo la prova storica in un increscioso incidente documentato a Parigi nel 1777. Infatti, il compositore fu cacciato dalla capitale francese dal barone Von Grimm, venuto a conoscenza che la sinfonia di Mozart era, in realtà, un falso.

Tra i 'suoi' lavori di maggior successo, ma che sarebbero attribuibili ad altri, vi sono la Sinfonia Nº 41 (Jupiter), la Sinfonia Nº 35 (Haffner), la Serenata Nº 9, la Sinfonia Nº 31 (Parigi), la Sinfonia Nº 38 (Praga), la Serenata K 320 (Posthorn) e altri lavori.

Va aggiunto che in 35 anni di vita, considerando che nei primi cinque anni la sua produzione è pressoché insignificante, Mozart scrive quasi settecento lavori per un totale di oltre 550 ore di musica: una media cioè di ventitré lavori all’anno, due al mese per trent’anni di seguito, senza interruzione. Durante i suoi frequenti spostamenti Mozart però passava intere settimane in carrozza, ed è difficile credere che realizzasse una così copiosa produzione considerate tutte le circostanze logistiche. (Tali circostanze sarebbero inoltre  aggravate dalle sue difficoltà economiche, che peraltro sono inspiegabili visto e considerato che praticamente tutti i suoi lavori erano su commissione).

MA ALLORA, CHI COMPONEVA QUESTE MUSICHE?

Per gettare una luce in questo buco nero storico bisogna partire dalle ricerche musicologhe. Già negli anni trenta del secolo scorso, lo studioso  tedesco Theodor Anton Henseler rivelava degli inquietanti silenzi intorno al ruolo di un musicista in particolare, e cioè il maestro italiano Andrea Luchesi. Quest'ultimo a seguito di un intenso studio della musica e della composizione con i migliori maestri italiani dell'epoca e, dopo aver appreso tutte le tecniche contrappuntistiche che si avvantaggiavano dei princìpi matematici applicati alla musica, si trasferì a Bonn dove occupò per vent'anni il ruolo di kapellmeister (maestro di cappella) e insegnando, tra l'altro, al giovane Ludwig van Beethoven [5]. Anche in questo caso, è stato tutto messo a tacere, ed il nome Luchesi fu volutamente estromesso dalla storia della musica degli ultimi due secoli.

Gli studi più importanti in materia sono stati portati avanti grazie alle ricerche di diversi musicologi, ma va sottolineato il lavoro pionieristico in Italia del matematico Dott. Giorgio Taboga autore, tra l'altro, del libro Andrea Luchesi: L'ora della Verità.  Queste ricerche sono ora proseguite grazie al figlio, il regista Dott. Agostino Taboga, il quale ha esteso le sue analisi anche al tipo di carte filigranate risultate essere di fabbricazione italiana, utilizzate per la copiatura delle parti orchestrali. Si evince infatti dalle analisi portate a termine in un laboratorio spagnolo, che queste pergamene siano di origine italiana, e non austriaca. Dalle analisi si è arrivati a capire che si trattava della carta tipica veneziana (probabilmente della ditta Vincenzo Vicario Toscolano) databile attorno al 1770, un'epoca quindi anteriore alla scomparsa dalla scena musicale di Luchesi. È interessante sottolineare che a seguito di una prima pubblicazione del Dott. G. Taboga, il governo austriaco, inizialmente rifiutò di soddisfare la sua richiesta di invio dei manoscritti microfilmati del Mozart (ufficialmente per ragioni di ‘restauro’ dei medesimi), ma fu costretto in un secondo momento, su richiesta dell’Ambasciata Italiana a Vienna, ad inviare i documenti richiesti i quali, però, stranamente avevano diverse parti censurate, quasi si trattasse di materiale top secret. La cosa è a dir poco anomala, trattandosi di musica oggi di demanio pubblico e, quindi, stampata in toto in molteplici edizioni.

I LAVORI DI LUCHESI, KAPELLMEISTER DI BONN

Come fa notare Taboga, quando un musicista diventava kapellmeister, la sua produzione diventava anonima e di proprietà esclusiva della cappella. Alla morte del kapellmeister, tutta la musica composta durante il periodo in cui egli era stato in carica gli veniva attribuita d’ufficio. La prassi dell’anonimo, come era chiamata, assai comune nel XVIII secolo, stranamente per Luchesi non fu mai applicata, rendendo così ancor più fitto il mistero che caratterizza la sua vita e i suoi lavori. Le fortune della Cappella di Bonn sotto il principe Max Franz durarono fino al 1794, anno in cui il principato fu occupato dalle truppe francesi. Pensionato, ma non sostituito, il kapellmeister Luchesi rimase nella sua città di adozione fino alla morte (1801).

A Bonn, a seguito delle campagne napoleoniche, l’archivio della cappella fu spostato e, dopo varie peripezie, molti manoscritti furono inviati in Italia. Questi documenti sono oggi consultabili nel fondo Luchesi presso la Biblioteca Estense di Modena, nella quale curiosamente si possono trovare le parti orchestrali della sinfonia 'Jupiter' Nº 41, che i musicologi d'oltralpe da sempre hanno attribuito a W.A. Mozart, ma che lì risultano essere anonime. Quelle dell’anonimo autore sono datate 1784 o forse addirittura precedenti. La partitura di Mozart della medesima sinfonia, è datata invece 1788, quindi Mozart deve averla copiata da una partitura preesistente, risalente almeno al 1784. (Mozart infatti divenne kapellmeister di Bonn subito dopo Luchesi, e quindi avrebbe potuto tranquillamente ritrovarsi fra le mani alcuni composizioni del vecchio maestro, che ha poi reso proprie).

Come se non fosse abbastanza, il nome di Luchese compare nella partitura della sinfonia Nº 31 ‘Parigi’ (vedi immagine), conservata in Germania a Regensburg. Che le sinfonie "di Mozart" potessero avere paternità multiple, è testimoniato anche dalla copia della sinfonia K. 338, intestata a Ignace Pleyel presso l’archivio della corte di Madrid.

Il fondo di Modena solleva non pochi problemi. Le fonti dubbie ed importantissime non si limitano alla 'Jupiter' e alla 'Parigi'. Esistono, infatti, in quell’archivio, altre sinfonie anonime attribuite poi a Mozart e altre, sempre anonime, attribuite successivamente a F. Joseph Haydn.

Come accennato in apertura, per capire esattamente quello che succedeva, dobbiamo ricordare quelle che fossero le pratiche che regolavano la fruizione e la diffusione musicale in quel tempo. I nobili acquistavano musica che regolarmente e arbitrariamente veniva sottratta al vero autore per poi essere attribuita ai direttori a loro servizio. Insomma, chi acquistava la musica ne deteneva i diritti, compreso quello d’attribuirla ad altri, vincolando al silenzio il vero compositore e suggellando l’accordo dal notaio. Il Dott. Agostino Taboga fa giustamente notare come i manoscritti autografi all'epoca venissero consegnati direttamente ai copisti per la trascrizione delle parti orchestrali, per poi essere gettati via. La carta, infatti, aveva costi elevati ed era soggetta a pesanti dazi doganali, pertanto i compositori difficilmente ricopiavano in 'bella copia' le loro opere una volta prodotte.

I manoscritti di W. A. Mozart, J. Haydn, F. X. Pokorny sono in parte dimostrabili come false partiture autografe di composizioni di una ventina di autori diversi. Queste partiture sembrano essere state create ad-hoc in un'epoca in cui la copiatura del manoscritto finale non era prassi. Ovviamente questo modus operandi andava a vantaggio di quei compositori che, come Mozart e Haydn, arricchivano il loro repertorio grazie agli sforzi artistici di compositori anonimi e, l'assenza di manoscritti originali ha reso fino ad oggi l'attribuzione della paternità di molte opere estremamente difficile.

Come mai Mozart aveva tanti manoscritti in 'bella copia' quando la prassi era quella di gettarli? Voleva assicurarsi la paternità di lavori non suoi, come ad esempio nell'episodio di Parigi del 1777?

Rimane il fatto che un Mozart non potesse aver composto in media 23 lavori all'anno tutti perfettamente trascritti su manoscritti (quando sappiamo bene che quest'ultimi erano per prassi dei canovacci). Sappiamo anche che Mozart viaggiava moltissimo ed aveva un'intensa attività concertistica in giro per l'Europa: sfiderei chiunque a comporre senza mai commettere errori, con musiche 'già pronte in testa per essere trascritte' senza mai una virgola fuori posto. Non parliamo poi degli interminabili viaggi in diligenza con le strade dissestate di allora: com'era possibile azzeccare i righi e gli spazi di questi manoscritti? Come può lo stile dei lavori giovanili di Mozart differenziarsi così tanto dagli ultimi sei concerti per pianoforte e dalle ultime dieci sinfonie? Gli ultimi suoi lavori evidenziano una maestria nel gestire l'armonia ed il contrappunto, nonché una raffinatezza nel linguaggio musicale di gran lunga superiore a quella dei suoi lavori precedenti. Come è possibile avere delle parti, che sono sempre estrapolate dal manoscritto completo e mai prodotte prima del manoscritto finale, pre-datate di almeno 4 anni nella cappella di Bonn, dove Luchesi era stato Maestro di Cappella per un ventennio? Come spieghiamo la 'coincidenza' che Luchesi avesse un amico fraterno, un certo Johann Peter Salomon, il quale era anche amico di Franz Joseph Haydn e suo impresario a Londra? Oggi il sospetto è quasi una certezza: le sinfonie londinesi di Haydn e tutte le sue messe sono in realtà del Luchesi. Sappiamo inoltre da documenti scritti che Luchesi nel 1771 conobbe i Mozart a Venezia (padre e figlio), e che cedette loro ufficialmente almeno un concerto per Cembalo e Orchestra (il Fa Maggiore per il quale Mozart scrisse la cadenza). Oltre ai lavori sopra citati, sono 10 le sinfonie che Neefe [5] inventariò per ordine del Principe elettore nel 1784 come de differents Auteurs e che oggi troviamo alla Biblioteca Estense di Modena intestate a Mozart. Facciamo riferimento alle seguenti opere: K.182, 200, 201, 203, 297 Pariser, 319, 320, 385 Haffner II, 504 Praga e 551 Jupiter; e non sono le sole.

Infine, bisogna rispondere alla seconda domanda posta all'inizio sulla formazione di un compositore. In musica non esiste alcun genio autodidatta. La formazione di un compositore avviene infatti sempre per mezzo di un maestro che trasmette il proprio sapere e la propria scuola all'allievo in anni di studio paziente. In questo periodo un giovane compositore passa attraverso tre fasi: l'imitazione, la transizione e la riflessione. Questo potrebbe spiegare, ad esempio, come mai il giovane Beethoven (che non risulta aver studiato con Mozart e che ebbe sicuramente Luchesi come maestro) componga inizialmente lavori 'mozartiani'. Si ascoltino i primi due concerti per pianoforte e orchestra e le sue due prime sinfonie, e si noti come il concerto No. 20 K.466 in Re minore di 'Mozart' (in realtà del Luchesi) abbia un suono 'Beethoveniano'. La cadenza è addirittura di L.v. Beethoven! Era in uso infatti, per gli allievi più bravi, comporre le cadenze dei concerti scritti dai loro maestri, ma non si ha alcuna prova che Beethoven avesse studiato con Mozart, mentre è certo che la formazione musicale di Beethoven rientrasse negli obblighi contrattuali del Luchesi, ovvero del kapellmeister in carica.

Mozart e Haydn, ma non furono i soli, avrebbero quindi raccolto l'eredità del genio di Andrea Luchesi nel corso di uno dei periodi più prolifici della sua carriera. Facendo luce sui fatti, ricostruendo le vicende - documenti alla mano s'intende - diventa inevitabile il dover riscrivere la storia della musica, restituendo la paternità di molti capolavori musicali ai legittimi autori. Solo in questa maniera potremmo fare ordine su un periodo buio della musica, e soprattutto sull'anello mancante che ci aiuta a capire le origini della Prima Scuola di Vienna.

Tristemente per l'Italia, questa verità è stata offuscata per oltre due secoli e molti tentativi di far luce sui fatti sono stati volutamene ostacolati o soppressi. Per rendere onore alla verità dei fatti non è mai troppo tardi.

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L'autore dell'articolo, che preferisce restare anonimo, è compositore e direttore d'orchestra. Ha diretto ed inciso con diverse orchestre internazionali. L'autore ringrazia per la collaborazione il Dott. Agostino Taboga.

[L'autore è iscritto al sito con il nick "Vapensiero"]


Note

(1) Come K.444 era un capolavoro di Mozart prima di rivelarsi una mediocre sinfonia di Michael Haydn, anche il Requiem - che qualcuno ha proposto di togliere dal catalogo mozartiano e che, secondo Buscaroli, "oscilla tra il sublime e lo scolastico" - rimarrà bello finché sarà considerato di Mozart. Anche le Sonate romantiche K.55-60 sono "capolavori" per chi le ritiene autentiche, ma assolutamente indegne di Mozart per chi le giudica apocrife.
(2) Anche Leopold Mozart (il padre) sapeva che a tutto il 24 settembre 1778 (primi 19 anni di lavoro) alle opere del figlio mancasse questo "sigillo della perfezione". In risposta alla lettera dell'11 settembre di quell'anno con la quale Wolfgang gli comunicava che a Parigi le sue sinfonie non erano apprezzate, lo "consolava" scrivendo: "Ciò che non ti fa onore è meglio che non sia conosciuto. Per questo non ho dato via nessuna delle tue sinfonie giacchè prevedo che in tempi più maturi, quando cresce la capacità critica, sarai ben contento che nessuno le possieda, anche se quando le avevi scritte ne eri soddisfatto. Si diventa sempre più esigenti”.
(3) Nel 1956 il celeberrimo direttore d’orchestra Bruno Walter rendeva pubblico quello che Buscaroli definisce un disagio acutamente mozartiano: Nulla di quello che conosciamo dell'uomo Mozart corrisponde al creatore che fu, o che si volle far figurare. In realtà, ancora nel 1947, la documentata pochezza di studi teorici di Mozart faceva dire a Edward Dent che la sua "educazione musicale appare curiosamente superficiale".
(4) Nelle seguenti immagini si noti come i manoscritti di tutti i più grandi compositori presentino correzioni e cancellazioni. Li si confronti con quelli di Mozart, sempre perfetti.
(5) Questo è particolare non da poco in quanto rappresenta un tassello mancante, ma importantissimo, nella formazione del giovane Beethoven perché semplicemente Christian Gottlob Neefe (il quale fu pure prefetto della sezione di Bonn degli illuminati), menzionato in tutte le biografie di Beethoven come suo maestro, non aveva le conoscenze, che aveva Luchesi, da trasmettere al grande genio.