Nel 2005 vivevo a Los Angeles. Luogocomune era nato da appena un anno. Un giorno mi contattò un amico dall’Italia, Federico (sul sito “Fefochip”). Mi voleva parlare di una cura straordinaria per il tumore: aveva conosciuto un dottore che curava il cancro con il bicarbonato. Io istintivamente mi misi a ridere. Mio padre era morto di tumore, quando era ancora giovane, e avevo visto da vicino quale tipo di odissea rappresenti quella malattia, da tutti considerata inguaribile. L’idea che una malattia del genere si potesse curare col bicarbonato mi sembrava una barzelletta. Dissi a Federico che la cosa non mi interessava, perchè semplicemente non ci credevo. Dopo qualche giorno – fortunatamente – Federico tornò alla carica. Insisteva nel dirmi che il metodo funzionava, e mi chiese almeno di parlare con questo dottore, prima di scartare del tutto questa possibilità.

 

Mi ritrovai così a parlare al telefono con Tullio Simoncini, il quale mi spiegò in termini assolutamente comprensibili – cosa di per sè già miracolosa, da parte di un medico – quale fosse la sua teoria: lui era convinto che il tumore fosse causato da un fungo chiamato Candida Albicans. Sulla base di questa ipotesi aveva provato ad usare il bicarbonato, che è notoriamente il nemico numero 1 dei funghi in natura. E dovunque riuscisse a raggiungere il tumore col bicarbonato - spiegava Simoncini – il tumore se ne andava.

La cosa continuava a sembrarmi folle per la sua semplicità, ma almeno adesso la sua teoria aveva un senso. C’era finalmente un “if-then” da inserire nell’equazione: SE è vero che il tumore è causato dal fungo, ALLORA sicuramente il bicarbonato può funzionare. Chiesi quindi a Simoncini di intervistare qualche paziente curato da lui, per poter verificare di persona la loro storia.

All’epoca non esisteva ancora skype, per cui la prima intervista venne realizzata in modo rocambolesco: Simoncini e Federico si recarono personalmente dal paziente, che viveva fuori Roma, portando una telecamera. Mentre lo riprendevano, il paziente parlava con me al telefono, da Los Angeles. Io a mia volta registravo la mia voce separatamente, e poi sincronizzai il tutto nel montaggio (potete vedere un estratto dell’intervista qui)

Per me quell’intervista fu una folgorazione: avevo davanti un uomo - decisamente poco colto, e assolutamente incapace di mentire, a mio parere – al quale era stato diagnosticato un cancro terminale al polmone 20 anni prima. Gli avevano dato sei mesi di vita, ma lui invece di rassegnarsi provò la cura Simoncini, e guarì dal tumore. La sua presenza “in vivo” era lì a testimoniarlo.

A quel punto chiesi a Simoncini di fare altre interviste. Volevo raccogliere il maggion numero possibile di testimonianze, per poi farne eventualmente un piccolo documentario. Simoncini era disordinato, non sapeva usare il computer, e teneva le sue scartoffie un pò dappertutto. Fortunatamente Federico seppe mettere un pò di ordine nelle sue carte, e riuscì a compilare una lista decente di pazienti curati da Simoncini negli anni precedenti.

Cominciò così il periodo delle interviste. Nel frattempo Skype aveva reso possibile la videochiamata, e questo mi permise di intervistare pazienti di Simoncini che vivevano in Canada, Messico, Guatemala, ecc. Altri, che vivevano a Los Angeles, vennero direttamente a casa mia per essere intervistati. Altre interviste le condusse direttamente Federico, in Italia, con la sua telecamera.

I pazienti intervistati raccontavano tutti più o meno la stessa storia: condannati da una diagnosi terminale a morire entro poco tempo, invece di rassegnarsi avevano provato la cura Simoncini, riuscendo in poco tempo a sconfiggere la malattia. Avevamo raccolto testimonianze di guarigione dai tumori più svariati: al polmone, alla prostata, al cervello, al fegato, all’intestino, all’utero, alla mandibola, e moltissimi al seno. (Simoncini diceva che quello al seno è il tumore più facile da curare, perchè è quello più facile da raggiungere con le infiltrazioni di bicarbonato. Per il motivo opposto, non era in grado di curare altri tumori, come ad esempio quello delle ossa, perchè in quel caso l’irrorazione sanguigna è minima, e quindi il bicarbonato non può raggiungere la parte malata).

A quel punto dissi a Simoncini di prepararsi, perchè secondo me lui avrebbe vinto il premio Nobel entro pochi anni. Lui si fece una grassa risata e mi disse: “A Massimè, ma sei matto? Questi non lo ammetteranno mai che la mia cura funziona, manco se je porto davanti un morto che cammina. Ma lo sai cosa vorrebbe dire una cosa del genere? La morte dell’industria del cancro! Il bicarbonato costa due euro a confezione, e loro cosa se ne fanno di tutti i macchinari di radioterapia, e dei milioni di dosi di chemioterapici che vendono ogni giorno? Buttano tutto nel cesso per fare contento me?”

Simoncini aveva perfettamente ragione, ma io questo non lo sapevo ancora.

Decisi così di mettere in rete (nel frattempo era nato Youtube) tutte le interviste realizzate da me e da Federico. Io personalmente non me la sentivo di confermare che la tesi fungina fosse valida, nè avevo le competenze scientifiche per farlo. Avevo però davanti dozzine di persone guarite da lui, ero assolutamente convinto della loro sincerità, e sentivo il dovere morale di farlo sapere a tutti.

Il resto, purtroppo, è storia recente. Simoncini, che già era stato preso di mira mediaticamente da Striscia la Notizia, cominciò a ricevere anche attacchi avvelenati in rete, da parte dei difensori della medicina ufficiale. L’attenzione su di lui si era moltiplicata, e le bugie su di lui si autoalimentavano, rimbalzando da un sito di debunking all’altro. I suoi nemici non persero occasione per perseguitarlo in ogni modo possibile. L’ultimo caso fu una denuncia per omicidio, a causa di un paziente morto in Albania dopo aver fatto la sua cura.

Era un curioso caso nel quale il paziente, morto di cancro, veniva invece raccontato sulla stampa come morto PER il bicarbonato. "Usa il bicarbonato e muore" dicevano i giornali. Come se, non avendo assunto il bicarbonato, avesse potuto vivere altri mille anni.

A questo proposito voglio chiarire bene una cosa: io già in passato avevo chiesto spiegazioni a Simoncini per i pazienti che erano morti dopo la sua cura (quello dell’Albania non era certo il primo caso). Simoncini mi aveva risposto col suo solito tono irriverente: “E certo! Di solito arrivano da me come ultima possibilità, dopo averle provate tutte. Prima provano le erbe della maga Magò, poi vanno a Medjugorie, e poi casomai vengono da me. A quel punto stanno già sulla carrozzella, non camminano e non mangiano più, sono praticamente dei cadaveri ambulanti, e le famiglie mi implorano di salvarli a tutti i costi. Io faccio il possibile, ma non sono Gesù Cristo. Il problema è che se poi uno muore, danno la colpa al bicarbonato, e io me bbecco pure la denuncia”.

Come funzioni la macchina del fango, in questi casi, non è necessario spiegarlo. Almeno non ai nostri lettori.

Quella di Simoncini, chiaramente, non è stata una vita facile. Basti pensare che negli anni ’80 Tullio aveva davanti a sè una carriera dorata in una lussuosa clinica romana. Ma ha abbandonato tutto per dedicarsi a curare tutti quelli che poteva, nonostante sapesse benissimo a quali problemi sarebbe andato incontro.

Riposa in pace Tullio. Il tuo dovere sulla terra lo hai fatto fino in fondo, E sono certo che dove ti trovi ora, le cerimonie per darti il Nobel – quello vero, quello degli Angeli – sono già iniziate.

Massimo Mazzucco

Qui alcune interviste ai pazienti guariti da Simoncini. Prima stavano tutte su Youtube, poi ho dovuto eliminarle per evitare la chiusura dell’account.

Tumore al cervello -
Tumore al seno -
Tumore rene-polmone
Tumori multipli -
Tumore all’utero -
Tumore al palato -
Rimozione sarcoma -
Tumore alla vescica -
Carcinoma al seno -