Coronavirus, il gruppo ribelle dei medici legali: "Fateci fare le autopsie". Da sei città l’appello al ministro della Salute: "Annulli la circolare che sconsiglia gli esami post mortem". Il professor Pomara: "I morti parlano, no al lockdown della scienza. Si potrebbero scoprire molte cose".

Cristoforo Pomara è il più giovane ordinario di Medicina legale d’Italia, dirige l’Isituto di Medicina legale di Catania ed è l’autore di un trattato di tecniche autoptiche forensi studiato in tutto il mondo. "Ci stiamo organizzando contro il lockdown della scienza. Siamo una trentina. Medici legali e anatomopatologi biochimici, anestesisti e clinici medici di Foggia, Trieste, della Sapienza di Roma, Catania, Messina e Torino. Abbiamo deciso di fare da soli, visto che lo Stato non vuole utilizzare le nostre conoscenze", afferma al Corriere della Sera.

"Stiamo collezionando le autopsie fatte nei nostri rispettivi istituti, che sono poche e quasi tutte ordinate dall’autorità giudiziaria. Mettiamo assieme gruppi di ricerca, informazioni preziose, stiamo attentissimi a quello che pubblicano gli altri scienziati nel mondo e studiamo i tessuti sotto varie forme: le loro alterazioni, la biochimica, la patologia molecolare...".

I finanziamenti?"Finora è stato autofinanziamento, adesso ha deciso di darci una mano una fondazione catanese. Fra noi ci stiamo dividendo i compiti a seconda del tipo di laboratorio di cui disponiamo e dei contributi che possiamo dare. Lo scopo è cercare di capire il più possibile su questo virus, più studi i tessuti più puoi intervenire meglio e velocemente".

Perché in Italia le autopsie non si fanno?"Perché c’è questa circolare del ministero della salute che dice espressamente “non si dovrebbero fare” e in sostanza questo vuol dire che chi ordina di farle, cioè direzioni sanitarie e magistrati, si assume la responsabilità in caso di contagio fra i medici. Quindi le dispongono in pochissimi. So che ne hanno fatte alcune a Bergamo, a Milano. Vorrei ricordare che il nostro sistema prevede l’obbligatorietà dell’autopsia a fini diagnostici quando non si conosce esattamente la causa della morte".

Per i pazienti infetti morti nelle rianimazioni si è parlato quasi sempre di polmonite."Ma non si muore così in tanti di polmonite nelle rianimazioni! Tanto che quando a Bergamo hanno fatto le prime autopsie hanno realizzato che più pazienti erano deceduti a causa di trombosi e che la polmonite era una conseguenza della formazione dei trombi. Il passaggio successivo è stato ipotizzare il coinvolgimento dei vasi sanguigni. Insomma: un passo alla volta si può fare molta strada nelle conoscenze cliniche e quindi nella terapia".

E invece la prima circolare che scoraggiava le autopsie è stata ripubblicata anche a maggio."Sembra incredibile ma è così. Io dallo Stato mi aspetterei che si chiedesse: di cosa sono morte tutte quelle persone? Mi aspetterei che dicesse: studiamoci bene tutto, preveniamo eventuali ricadute. I morti parlano, come si dice. È successo per Ebola, per l’Aids: le autopsie hanno fatto la differenza, sono fondamentali per cercare le risposte giuste".

Però il ministro diceva nella circolare che si potevano fare in sicurezza con le sale di biocontenimento."Benissimo, e allora facciamole queste camere di biocontenimento. Stiamo spendendo una montagna di soldi per fronteggiare il virus. Ognuna di quelle sale costerà al massimo 50 mila euro, non è una spesa impossibile. Ne basta una per ogni capoluogo di provincia".

Secondo lei saremmo ancora in tempo?"Certo. Siamo in tempo a fare tutto. Facciamo come hanno fatto i tedeschi che sono diventati i top mondiale nelle pubblicazioni scientifiche sui risultati degli esami autoptici. Ad Amburgo, che è capofila di questi studi, le autopsie sono obbligatorie. Vogliamo dire che forse è anche per questo impegno che la Germania conta meno vittime dell’Italia?".

Quindi se lei potesse sciogliere il nodo qui e adesso che cosa farebbe?"Io come ricercatore — e con me il nostro gruppo dei 30 medici legali che le dicevo prima — chiedo a mani giunte di rivedere questa circolare e mettere i ricercatori nelle condizioni di poter studiare la fisiopatologia della morte, cioè la catena della morte. Se potessi fare un appello mi spingerei anche un po’ oltre». In che senso? «Chiederei una deroga al divieto di mostrare i congiunti ai parenti. Perché non poterli vedere e salutare un’ultima volta? È straziante quello a cui abbiamo assistito: lunghi ricoveri in solitudine e poi niente funerali, nessun addio. Noi medici legali possiamo sterilizzare il cadavere e renderlo alla famiglia per un ultimo saluto, senza contatti. Nessuno lo sa ma perfino l’Oms ha scritto che tutto questo è possibile".

Fonte AFFARITALIANI