In occasione della sentenza di condanna di Navalny, emessa oggi a Mosca, riproponiamo un articolo di Byoblu di qualche giorno fa, che mette in dubbio quanto sia genuina la sua missione anti-Putin in Russia.

La politica e la stampa italiana si sono mobilitate per difendere Alexei Navalny, il blogger russo recentemente arrestato a Mosca. Leader dell’opposizione contro Putin, il Nelson Mandela russo, con questi roboanti slogan viene descritto questo personaggio, che nasconde in realtà una storia più controversa. Politici e media sono davvero a conoscenza della persona che stanno difendendo?

Navalny: da blogger xenofobo a novello Mandela

La confusione che regna su Navalny è molta e a contribuire a crearla ci hanno pensato gli stessi media che oggi lo dipingono come un paladino della libertà. Nel 2012 La Stampa parlava infatti di Navalny come “blogger xenofobo”, definendo “galassia destrorsa” e “ultranazionalista” l’area politica entro cui militava e milita tutt’ora Navalny.

Quantomeno curioso notare la giravolta compiuta dallo stesso giornale che oggi cambia etichetta per descrivere il dissidente russo, non più “blogger xenofobo“, ma addirittura “il Nelson Mandela russo”. Cos’è cambiato in questi 8 anni? A guardare il suo curriculum però Navalny è rimasto sempre lo stesso. Il blogger russo non ha infatti mai nascosto le sue posizioni nazionaliste, identitarie e anti immigrazioniste.

Quando Navalny paragonava gli islamici agli scarafaggi

Anzi queste idee venivano rilanciate dallo stesso Navalny attraverso video difficilmente male interpretabili. Come un filmato con cui il blogger intende evidentemente mostrare la sua proposta politica su come affrontare il tema dell’estremismo religioso di matrice islamica. Nel breve estratto Navalny interpreta la parte di un conduttore di televendite, spiegando i vari rimedi disponibili per scacciare insetti e scarafaggi. Sul finire del video però questi animali si trasformano all’improvviso in estremisti religiosi di chiara fede islamica, che Navalny consiglia di scacciare con l’uso di una pistola.

Islamici paragonati a insetti e incentivo all’utilizzo delle armi come difesa personale. Chissà se il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti era a conoscenza di queste idee di Navalny prima di esporsi in prima persona per chiedere il rilascio del blogger russo.

Leader dell’opposizione russa per finta

Se Navalny non è quindi sicuramente un paladino di libertà e inclusione, non può essere nemmeno certamente descritto come leader dell’opposizione russa. Navalny è stato infatti membro del partito Jabloko per poi arrivare a fondare il proprio movimento nel 2018 denominato Russia Unita. In entrambi i casi si tratta di presenze minoritarie all’interno del panorama politico russo. Per intendersi alle ultime presidenziali Jabloko ha ottenuto l’1.05% delle preferenze, mentre Russia Unita non ha nemmeno partecipato alle elezioni nazionali, presentandosi solo alle elezioni comunali di Mosca e ottenendo un discreto risultato.

Ci si chiede quindi su che basi la stampa italiana continui a descriverlo come “leader dell’opposizione”, come fatto recentemente dall’AGI, dal Corriere della Sera, da Wired e da molte altre. Si tratta però di semplici sviste o c’è dell’altro? Insomma perché un blogger, rappresentante di un’ala minoritaria della politica russa, è diventato all’improvviso uno strumento dell’Occidente per mettere sotto pressione la Russia?