Massimo Mazzucco: Qualche giorno fa c’è stata a Roma la prima manifestazione nazionale del coordinamento R2020. Si è parlato di temi molto interessanti, ci sono stati ospiti importanti, ma c’è anche stato uno strascico polemico, dovuto alla cosiddetta questione del “satanismo”. Puoi spiegarci esattamente che cosa è successo?

Davide Barillari: Noi crediamo che sia stato un attacco coordinato, strumentale, perché abbiamo visto che improvvisamente troppe persone hanno iniziato a muoverci critiche, basate sul nulla. Secondo noi si tratta di un attacco organizzato da qualcuno che non vuole vederci crescere. Era troppo ben coordinato per essere un fatto casuale.

M.M.: Però sono state mostrate delle foto con una simbologia apertamente satanica…

D.B.: Certo, ma quelle foto non hanno nulla a che vedere con l’artista che è venuto da noi, e con lo spettacolo che ha presentato. Come ha spiegato lo stesso artista, lui in passato aveva collaborato con uno scenografo che aveva realizzato quello spettacolo in stile horror, e quindi è stato usato questo per fare il collegamento con R2020, e per appiccicarci in qualche modo l’etichetta di “satanisti”.

M.M.: In effetti, io stesso ho ricevuto alcune e-mail che mi dicevano sostanzialmente: “Visto che tu avevi appoggiato il coordinamento R2020, ora che questi si sono rivelati dei satanisti, non ti sembra il caso di dissociati da loro?” Ovviamente io non ho nemmeno risposto, ma mi ha colpito la credulità con cui certe persone accettano determinate idee senza minimamente utilizzare lo spirito critico.

D.B.: Siamo alla follia pura. Evidentemente l’operazione ha funzionato molto bene, perché c’è molta gente che ormai è convinta che noi siamo decisamente dei “satanisti”. D’altronde, esiste il video dello spettacolo che è andato in scena da noi. Invito chiunque a guardarlo e a segnalarci qualunque indizio di “satanismo” vi riuscisse a trovare. Semplicemente non c’è. Non c’è stato il minimo accenno né a simbolismi né a riti particolari. Lo spettacolo descrive semplicemente la lotta fra il male e il bene, e fra le altre cose, alla fine vince il bene. Ai bambini è piaciuto molto, e anche gli adulti lo hanno apprezzato.

M.M.: Bene, archiviamo questa triste parentesi, e parliamo di cose serie. C’è in giro molta confusione, molti dicono che ormai i nuovi partiti sono troppi, e si rischia di fare confusione. R2020, Vox Italia, Siamo, Movimento 3V, ecc.

D.B.: Noi confermiamo il fatto che R2020 non è un partito. Come dici tu, di partiti nuovi ce ne sono già troppi. A questo punto ha senso cercare di unire le forze, e non spaccarle ancora di più. Noi in realtà vorremmo creare una rete per rinforzare e coordinare tutte queste forze. Questa rete non ha un leader e non ha un capo: questa è la grande differenza con il Movimento Cinque Stelle. Ci sarà solamente un coordinamento a livello nazionale di tutti questi fuochi locali, composti dalle varie organizzazioni. Né io né Sara [Cunial] né Ivan [Catalano] avremo un ruolo in questa rete. Noi vogliamo solo coordinare le varie battaglie locali, ad esempio quella contro l’obbligo vaccinale, o quella sul 5G.

M.M.: Però si rischia che prima o poi un certo gruppo diventi inevitabilmente più forte degli altri…

D.B.: Può succedere, ma starà a noi evitare che prenda il sopravvento sugli altri. Ogni singola organizzazione locale deve potere lavorare in perfetta autonomia.

M.M.: Facciamo un esempio pratico: ad esempio, il Movimento 3V vuole portare avanti la sua battaglia contro l’obbligo vaccinale. In che modo può usufruire e trarre vantaggio da R2020?

D.B.: Lo scopo principale è quello di fare informazione. Noi dobbiamo alzare la consapevolezza dei cittadini sulle varie battaglie.

M.M.: Quindi, praticamente, passando per R2020 vengono condivise tutte le informazioni, battaglia per battaglia?

D.B.: Esatto. In questo modo non ci sarà più la battaglia di quel singolo movimento o gruppo, ma diventa una battaglia condivisa da tutti quelli che vogliono aderire. Se qualche fuoco locale non ha come priorità quella battaglia, non farà quella battaglia. È tutto basato sui fuochi di resistenza locali, l’idea di Giulietto Chiesa.

M.M.: Ma il coordinamento come funziona?

D.B.: L’idea della rete che coordina è ancora in stato di evoluzione, e non tutti l’hanno capita. Molti si aspettano che da noi emerga un leader – ad esempio Sara – che prenda in mano la situazione e guidi tutti nelle varie battaglie. Ma non è questa la nostra idea. È lei la prima a dire che vogliamo smontare questo modello, accentrato su un gruppo dirigente o su una singola persona. Una rete è fatta di tante battaglie che si coordinano. Ciascun gruppo rimane con la sua identità.

M.M.: Scusami se insisto, ma vorrei che tu mi facessi un esempio pratico di come si possono coordinare certe battaglie.

D.B.: Noi abbiamo fatto questi 30 gruppi di lavoro. Stiamo applicando un modello sociologico in cui si confrontano tre livelli: i cittadini, i tecnici e i politici. Insieme lavorano sui bisogni della comunità. Questi bisogni diventano delle battaglie da fare. Ad esempio, io ho un gruppo a Roma, la battaglia è la discarica. Se questo è un interesse soltanto locale, il gruppo di Roma lo porta avanti da solo, se invece ci sono altri gruppi che hanno un problema simile, allora ci si coordina, si condividono le informazioni, si condividono le strategie, e si porta avanti la battaglia a livello nazionale.

M.M.: Ma per condividere informazioni e strategie serve una piattaforma…

D.B.: Infatti, la stiamo preparando. Questa piattaforma permetterà non solo di condividere informazioni fra i vari gruppi locali, ma anche di mettere a disposizione assistenza per tutti, ad esempio dal punto di vista legale.

M.M.: Quindi possono nascere anche iniziative a livello personale?

D.B.: Certamente. Anzi, noi prevediamo proprio tre livelli diversi di iniziative. Il primo è quello personale: come la persona può cambiare il mondo, quindi cambiare stile di vita, cambiare alimentazione, fare iniziative personali, anche di boicottaggio. E questo è il piano più importante, nel quale non serve neanche l’istituzione politica. Ciascuno può agire da solo, facendo magari acquisti diversi eccetera. Poi c’è il piano locale. A livello locale si mettono insieme cinque, dieci o quindici persone e portano avanti una iniziativa comune: ad esempio scrivono al sindaco, fanno un sit-in, un flash-mob, eccetera. E poi c’è il livello nazionale, nel quale tutti i fuochi devono coordinarsi. Quindi, se ad esempio noi inseriamo a livello nazionale la battaglia contro l’obbligo vaccinale il 1° di settembre, tutti i fuochi che partecipano porteranno avanti la stessa iniziativa, ciascuno nella loro località.

M.M.: Quindi i fuochi locali sono autonomi?

D.B.: Sì, i fuochi locali sono autonomi, mentre il coordinamento funziona a livello nazionale. In questo modo diamo autonomia e libertà assoluta ai fuochi locali per gestire in proprio le loro battaglie. Loro conoscono il territorio, conoscono i bisogni e coinvolgono i politici locali e i tecnici locali. Il tutto diventa coordinato, quando il problema è condiviso a livello nazionale. Più avanti vorremmo anche espandere la rete a livello internazionale, sulle questioni fondamentali dei diritti umani, che riguardano i popoli di tutte le nazioni.

M.M.: Una domanda che molti si pongono spesso di fronte al neonato R2020 è questa: “Perché mai mi dovrei fidare di loro, e che cosa mi garantisce che non faranno esattamente la stessa fine che hanno fatto i Cinque Stelle?”

D.B.: È giusto non fidarsi di nessuno alla cieca. Chi è rimasto scottato, purtroppo lo sarà per sempre. Ma R2020 non è una riproposizione del Movimento Cinque Stelle, proprio perché non c’è nessun leader. Io stesso, Sara e Ivan stiamo cercando di toglierci da una qualunque responsabilità, proprio perché vogliamo creare una rete indipendente da un potere centrale. Questa rete avrà un coordinamento, ma non ci sarà mai nessun gruppo dirigente che possa portare a quello che abbiamo visto succedere praticamente in tutti i partiti e movimenti.

M.M.: Quindi in realtà mi stai dicendo che R2020 non diventerà mai un partito?

D.B.: A questa domanda risponderà la rete. Se a un certo punto la rete vorrà decidere che R2020 diventi un partito potrà farlo, non lo escludiamo, però in questo momento non è l’obiettivo. L’obiettivo non è entrare nelle istituzioni. Se la rete diventerà abbastanza forte, sarà sufficiente per portare avanti le proprie richieste anche da fuori, indirizzandole direttamente alle istituzioni stesse. Inoltre, ci sono alcune battaglie, come ad esempio il 5G, che riguardano livelli ancora più alti delle nostre istituzioni, per cui servirebbe a poco portare queste battaglie in Parlamento. Questi sono battaglie internazionali, che debbono partire dal basso, e che possono avere successo soltanto con un grande consenso della base. Indipendentemente dal fatto che ci sia qualcuno di noi a rappresentarci fisicamente all’interno delle istituzioni.

M.M.: Bene, allora aspettiamo di vedere questa piattaforma, per poter verificare da vicino come funziona.

D.B.: Ci stiamo lavorando intensamente. Appena sarà pronta lo annunceremo.

Intervista di Massimo Mazzucco per luogocomune.net