In un articolo della scorsa settimana mi ero chiesto quale fosse esattamente la strategia di Salvini rispetto all'Europa. Di fronte alle sue sbruffonate da bar ("aspettiamo la lettera di Babbo Natale"), si presentavano infatti due possibilità diverse: la prima, che Salvini sperasse di farla franca, riuscendo a mantenere intatto il suo 2,4, ed uscendo a testa alta dal duello con Bruxelles. Sarebbe stato un eroe nazionale. La seconda è che cercasse lo scontro con l'Europa, obbligandoli a far scattare la procedura di infrazione, per poi fare la vittima e trarne un sostanzioso vantaggio elettorale. Sarebbe stato un eroe alle urne.

Invece a quanto pare non aveva in mente nessuna di queste strategie. E' bastata una cena di Conte con Juncker, ed improvvisamente il nostro governo ha dovuto calare le braghe con l'Europa.

Quello che prima era un "non si arretra di un millimetro" è diventato un molto più arrendevole "i decimali non sono così importanti". (Non sono importanti un par de ciufoli: lo 0,2% vale circa 3 miliardi e mezzo di Euro). E ora che Bruxelles ha capito che ci siamo spaventati, ha subito raddoppiato la posta. Dombrovsky oggi ha detto "Non basteranno dei ritocchi di facciata, l'Italia deve cambiare sostanzialmente la propria manovra economica."

Salteranno quindi la quota cento come era stata concepita, e il fantomatico reddito di cittadinanza slitterà inesorabilmente verso l'infinito.

A questo punto una domanda è d'obbligo: sono semplicemente i nostri governanti (Salvini e Di Maio, in questo caso) che non hanno i coglioni per combattere fino in fondo, oppure il sistema di schiavitù finanziaria che ruota intorno all'Euro è talmente ben architettato che non c'è modo di uscirne?

Perchè anche Tsipras ha fatto lo stesso percorso, un paio di anni fa. Come fa la stessa persona che vince un referendum per uscire dall'euro il giovedì, ritornare da Bruxelles il lunedì seguente con lo sguardo mesto e le mutande completamente abbassate?

Massimo Mazzucco