di Navyone

Sono stato qualche giorno in vacanza all’estero e al rientro in Italia ecco la prima sorpresa del nuovo anno: a partire da ieri, 2 gennaio 2018, i supermercati hanno incominciato ad applicare la normativa voluta dal Governo e riguardante la tassazione dei sacchetti utilizzati per la pesatura ed il trasporto dei generi non sottoposti ad imbustamento all’origine (in genere frutta e verdura da banco).

Questa decisione è stata presa, come accade ultimamente, in modo unilaterale e senza consultazione di organi che tutelano il consumatore, come invece mi sarei aspettato.

La manovra porta solo vantaggi al governo ed ai punti vendita, mentre come al solito, penalizza il consumatore.

Ma vediamo come.

Guadagno per il Governo:

Ovviamente visto il numero enorme di sacchetti utilizzati va da se che, una tassa su di essi, sia un sistema utile a portare nuove entrate allo Stato.

Ora tale tassa potrebbe essere anche giusta se:

- Il fine fosse quello di limitare l’uso dei suddetti diminuendo il quantitativo di materiale plastico procapite;
- I fondi raccolti fossero destinati a lavori ambientali atti a salvaguardare il benessere comune;
- Studiare un sistema più “green” per il servizio di imbustamento “fai da te” fino ad ora offerto.

Di fatto non sembra che lo scopo sia quanto espresso quì sopra, inoltre questa manovra, che in teoria avrebbe dovuto essere a carico di coloro che forniscono tali borse (i Supermencati) è stata abilmente girata a carico del consumatore.

Guadagno facile per i punti vendita:

Per farmene una idea oggi 3 Gennaio 2018 trovandomi con il frigorifero vuoto, ho fatto un giro presso alcuni punti vendita ed ecco la sorpresa.

Come espresso in precedenza il costo avrebbe dovuto essere assorbito dai vari punti vendita, che già normalmente fanno pagare il sacchetto in fase di pesatura.

Ma il dato preoccupante è che l’oggetto non ha un costo standard, ma sta al “buon cuore” del centro di vendita applicare su di esso un prezzo che, già dai primi momenti in cui è entrata in vigore la disposizione, varia sensibilmente:

_ Punto vendita ESSELUNGA di C.so Traiano (Torino) costo del sacchetto 1 centesimo;
_ Punto vendita EATALY di Via Nizza (Torino) costo del sacchetto 2 centesimi;
_ Punto vendita PAM presso 8 Gallery (Torino) costo del sacchetto 3 centesimi.

Da quì si vede che non vi è una regola atta a “calmierizzare” il prezzo del sudetto con costi procapite non indifferenti.

Il problema del contenuto

Detto questo, per il consumatore non vi sono alternative al suo utilizzo, poichè:

- Non è possibile portarsi uno o più sacchetti da casa;
- In caso di più pezzi (es. quattro mele) non è consentita la pesatura separata di ogni oggetto;
- Non è possibile, per motivi igienici, applicare su ogni pezzo acquistato il proprio scontrino;
- Non è possibile imbustare oggetti diversi che abbiano lo stesso prezzo nella stessa busta.

L’unica alternativa che rimane al consumatore è quella di acquistare prodotti già imbustati all’origine.

Questa alternativa favorisce:

- Lo spreco dei beni (se ho necessità solo di una mela, perchè devo comperare una confezione da quattro);
- La penalizzazione di coloro (contadino) che producono piccole quantità e che non hanno possiblità di portare i loro prodotti ad una “filiera” industriale (spesso per motivi logistici o di costi) per l’imbustamento e la vendita;
- L’impiego di imballaggi non biodegradabili, come invece sono le attuali borse utilizzate.