Sono certo di non sapere
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Da Bronx
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Dal sito proposto da Fabrizio: Chissà il tipo là seduto a che valori di esposizione di induzione magnetica e di campo elettrico era esposto. A quanto a quei tempi pare non si andava tanto per il sottile in temini di igiene e sicurezza del lavoro. PS. 12.1.07 La foto riaussume la nostra ingenuità di fronte a fenomeni molto compelssi, che guarda caso, non "erano noti" e a cui fino a poco tempo fa nessuno pensava, anzi chi ne parlva era il solito "complottista ante-litteram". Da : http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=2913Citazione: Premessa
I vari tipi di sclerosi, il morbo di Parkinson e il morbo di Alzheimer sono malattie neurologiche caratterizzate da processi neurodegenerativi a decorso progressivo, la cui sintomatologia clinica differisce per la particolare localizzazione della degenerazione neuronale: p. es. nelle sclerosi sono colpiti i neuroni motori cortico-spinali e spino-bulbari, il che dà luogo ad una atrofia muscolare progressiva che si estende dagli arti ad altri distretti muscolari. Si osservano spesso casi clinici di sovrapposizione delle tre malattie le quali, anche dal punto di vista epidemiologico, mostrano alcune somiglianze, quali l'incremento di incidenza con l'età e “trend” storici in aumento, anche in Italia. Dal punto di vista istologico i processi neurodegenerativi consistono in lesioni non specifiche (un invecchiamento precoce di alcune popolazioni neuronali), genericamente indicative di stress cellulare. In tutti i tipi di malattie neurodegenerative le indagini immunocitochimiche rivelano la presenza di una o più alterazioni comuni.
Per questi motivi è stato suggerito un meccanismo patogenetico comune alle tre malattie, a partire da un danno primitivo ai neuroni della neocorteccia cerebrale, con una possibile rilevanza nel processo patogenetico dello stress ossidativo: con ciò si indicano le conseguenze citopatologiche di un bilancio sfavorevole tra concentrazione intracellulare di radicali liberi e capacità della cellula di neutralizzarli, per un aumento della produzione endogena di radicali liberi, per una diminuzione delle sostanze neutralizzanti, e/o per una diminuzione della capacità di riparare il danno ossidativo prodotto dai radicali liberi sulle macromolecole cellulari. L'analogia delle caratteristiche patologiche, cliniche ed epidemiologiche suggerisce l'esistenza di fattori di rischio genetici ed ambientali comuni ai diversi tipi di malattie neurodegenerative. In sostanza, le evidenze scientifiche suggeriscono per le tre principali malattie neurodegenerative un meccanismo patogenetico comune, lunghi periodi di latenza tra induzione e manifestazione chimica, e una eziologia multifattoriale risultante dall'interazione tra fattori di rischio ambientali e accentuata suscettibilità genetica individuale.
Ad esempio, per la sclerosi laterale amiotrofica nel 20% dei casi familiari il difetto genetico consisterebbe in mutazioni a carico del gene che codifica per l'enzima rame-zinco super-ossido-dismutasi, mentre, tra i fattori ambientali correlati con l'eziologia della malattia neuronale sono stati identificati il “fallout” radioattivo legato alla sperimentazione di armi nucleari in Giappone negli anni '50-'60 e le concentrazioni “indoor” di radon in Inghilterra determinate negli anni '81-'89. Questo quadro di riferimento spiega perchè, nell'ambito delle rassegne sugli effetti a lungo termine (in particolare cancerogenetici) delle esposizioni elettromagnetiche, in particolare di quelle industriali a bassissima frequenza (ELF) a 50-60 Hz, vengono di norma inclusi anche gli studi epidemiologici sulla relazione tra esposizioni a campi ELF e incidenza di malattie neurodegenerative, in particolare sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o malattie del motoneurone (MMN) nell'insieme, morbo di Alzheimer (MA) e morbo di Parkinson(MP).
Dati epidemiologici
Si riassumono le conclusioni delle principali e più recenti rassegne sull'argomento, alle quali si rimanda per la documentazione delle indagini citate. Il rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) (Lagorio et al., 1998) che, nonostante sia il più datato, riporta con maggiori dettagli il maggior numero di dati sull'argomento con un esame critico e commenti largamente più approfonditi, cita 8 indagini epidemiologiche sul rischio di SLA (o di MMN nell'insieme) in relazione a esposizioni professionali a ELF, pubblicate nel periodo 1986-1998. Come indicato dai dati riepilogati in Tab. 30 del suddetto rapporto e come commentato in dettaglio nel testo, in quasi tutti i casi esaminati si evidenzia un aumento del rischio di sviluppare SLA o MMN tra gli esposti rispetto ai controlli, con aumenti del rischio fino a 4-6 volte e con intervalli di confidenza al 95% in molti casi statisticamente significativi (limite inferiore dell'intervallo maggiore di uno, oppure p 1 microTesla; “medio” = 0,2-1 microTesla; “basso” = Il rapporto del National Institute of Enviromental Health Sciences (NIEHS, 1999), pur essendo successivo a quello dell'ISS, prende in esame solo 3 studi epidemiologici sul rischio di SLA da esposizioni professionali ELF, uno solo dei quali evidenzia un aumento significativo del rischio, e 5 studi sulla MA, tutti con incremento del rischio, in 4 dei quali l'incremento è statisticamente significativo. La conclusione del NIEHS è che “diversi studi hanno suggerito associazioni tra esposizioni occupazionali ELF e malattie neurodegenerative, specificatamente SLA e MA”. Il rapporto dell'International Agency for Research on Cancer (IARC, 2002) prende in esame 5 studi sul rischio di SLA in esposizioni professionali a campi ELF, due dei quali “mostrano un evidente aumento della mortalità per SLA negli esposti, che è molto improbabile sia dovuto al caso”. Cita poi 5 studi sul rischio di MA i quali “se considerati nel loro insieme, mostrano una associazione tra aumentata incidenza di MA ed esposizione professionale ELF”. Possibili meccanismi dell'induzione di malattie neurodegenerative da campi ELF, e dati di laboratorio a conferma di tali meccanismi. Secondo il rapporto dell'ISS “sono stati recentemente suggeriti possibili meccanismi d'azione dei campi ELF nella patogenesi delle malattie neurodegenerative. Potrebbero essere implicate alterazioni del flusso degli ioni Calcio attraverso le membrane cellulari. Potrebbe anche trattarsi di un effetto indiretto mediato da un'influenza dell'esposizione a campi magnetici sulla secrezione di melatonina, sostanza prodotta dall'epifisi e rilasciata in risposta alla scomparsa della luce solare e implicata in molteplici funzioni neuro - endocrine e dotata di elevate proprietà antiossidanti”.
Secondo il NIEHS i possibili meccanismi d'azione dei campi ELF sarebbero soprattutto due: la diminuita produzione di melatonina e le alterazioni del sistema immunitario. Nelle esposizioni residenziali è stata infatti riscontrata una riduzione della sintesi di melatonina, associata a livelli di campo magnetico misurati nella camera da letto, e anche in quelle professionali si trova spesso un'aumentata escrezione urinaria di metaboliti della melatonina, come conseguenza di una aumentata degradazione di questo ormone. I dati sull'animale sono contrastanti ma, quando si trova un effetto, questo consiste in una diminuzione della sintesi della melatonina. Gli Autori citano anche numerosi studi che hanno evidenziato modificazioni dell'elettroencefalogramma prodotte da esposizioni ELF, con varie conseguenze neurocomportamentali e, su sistemi sperimentali, alterazioni dei sistemi di transduzione dei segnali neuronali, in particolare della sensibilità dei neurorecettori e dei neurotrasmetittori cerebrali. Tra i meccanismi biofisici ipotizzati sulla base di alcuni dati esperimentali c'è anche la possibilità che i campi ELF possano interagire con particelle metalliche presenti nelle matrici biologiche (p.es. Ferro e Rame) alterandone la funzionalità.
Anche la IARC segnala casi di riduzione della sintesi di melatonina nell'uomo in esperimenti di irradiazione ELF in laboratorio e, soprattutto, in esposizioni professionali, anche a livelli di campo magnetico relativamente modesti (0,3-1 microTesla; in genere > 0,2 microTesla). Viene anche sottolineato che, almeno in alcune specie animali, la riduzione della sintesi di melatonina provocata dall'irradiazione ELF si accompagna ad un aumento del danno ossidativo a carico del DNA e ad alterazioni della risposta immunitaria. Inoltre la IARC cita un notevole numero di studi sperimentali (su ratti e topi) che mettono in evidenza significative alterazioni provocate da irradiazioni ELF sui sistemi di transduzione dei segnali neuronali e sul sistema immunitario: gli effetti comprendono la diminuzione del numero dei linfociti, le variazioni nelle sottopopolazioni linfocitarie, e la riduzione delle difese immunitarie in seguito ad inibizione dell'espressione dei recettori per l'interleuchina e della proliferazione delle cellule-T.
Queste ed altre osservazioni sono state riprese ed aggiornate in una importante monografia dell'ISS (Vanacore et al., 2004) dedicata agli effetti neurocomportamentali provocati dai campi ELF. Un paragrafo è riservato agli effetti immunitari di esposizioni ELF in soggetti esposti a valori di campo magnetico compresi tra 0,2 e 6,6 microTesla, tra i quali: leucopenia, riduzione significativa di alcune sottopopolazioni linfocitarie, incremento delle cellule “natural killer” circolanti, riduzione significativa dei linfociti B, e dei livelli ematici e della produzione sotto stimolo mitogenico di interferon-gamma nel sangue periferico. Questi dati evidenziano un legame tra esposizione ELF e risposta immune, probabilmente mediata dal sistema neuroendocrino. Un altro paragrafo è dedicato agli effetti delle esposizioni ELF sulla melatonina, la cui secrezione risulta alterata in molte condizioni patologiche, tra le quali alcune malattie neurodegenerative (MA, SLA, MMN). Secondo gli Autori, studi recenti su soggetti con esposizioni ambientali o lavorative a 50-60 Hz suggeriscono che un'esposizione cronica a campi ELF possa influenzare la secrezione della melatonina, con effetti “a cascata” su molti processi fisiologici da questa influenzati, tra i quali l'invecchiamento, la modulazione del sistema immunitario, l'inibizione della crescita tumorale, lo sviluppo di disturbi neurocomportamentali e di malattie neurodegenerative.
CONCLUSIONI
- Numerosi dati epidemiologici, riportati da importanti rassegne internazionali, indicano un aumento del rischio di contrarre malattie neurodegenerative (in particolare sclerosi laterale amiotrofica e malattie del motoneurone nell'insieme, morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson) in soggetti esposti professionalmente a campi elettromagnetici a bassissima frequenza (ELF: 50-60 Hz). In parecchi casi l'aumento del rischio è statisticamente significativo e si verifica a livelli di campo magnetico confrontabili con quelli presenti in alcune situazioni residenziali (0,2-5,0 microTesla).
- Sono stati identificati alcuni possibili meccanismi biologici d'azione dei campi elettromagnetici che potrebbero essere alla base dell'induzione di malattie neurodegenerative, eventualmente in associazione con fattori genetici predisponenti, in particolare:
1) alterazioni della sintesi dell'ormone epifisario melatonina, sostanza implicata nel controllo di molteplici funzioni neuro-endocrine;
2) induzione di “stress ossidativo” con conseguente aumento dei danni prodotti da radicali liberi sulle macromolecole biologiche;
3) modificazioni della permeabilità della membrana cellulare e conseguente alterazione del flusso di ioni biologicamente importanti, in particolare del Calcio;
4) modificazioni dell'attività elettrica cerebrale e della permeabilità della membrana emato-encefalica con conseguenti danni ai neuroni cerebrali e alterazioni del funzionamento dei neurorecettori e neurotrasmettitori cerebrali;
5) alterazioni del sistema immunitario.
- Tali meccanismi sono supportati da dati sperimentali ottenuti su sistemi di laboratorio (colture cellulari; mammiferi, in particolare roditori), su volontari umani e su soggetti esposti professionalmente.
- In conclusione, tenuto conto della valenza che viene data agli studi sopra citati, ritengo probabile una correlazione causale tra esposizioni ambientali a campi elettromagnetici a bassissima frequenza (ELF: 50-60 Hz) e malattie neurodegenerative, .....
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