Vittorio emanuele: "avevo torto" sull'omicidio Hamer

Inviato da  orkid il 10/9/2006 10:07:31
Microspia in cella, Vittorio Emanuele si autoaccusa

Vittorio Emanuele (primo piano), foto Ansa, 16 giugno 2006
Il principe non perde il vizio: si è fatto intercettare anche nel carcere di Potenza. A registrare i "pensieri ad alta voce" di Vittorio Emanuele è stata una microspia nascosta nella sua cella. Parole che pesano, sia per il futuro delle inchieste che vedono il figlio di Umberto II indagato da tre procure, sia per le involontarie rivelazioni sull´episodio più drammatico del suo passato.

«Io avevo torto», dice chiaro riferendosi al processo per la morte di Dirk Hamer, ferito mortalmente da un colpo di fucile sparato dal principe il 18 agosto 1978 nell' Isola corsica di Cavallo. Vittorio Emanuele, che fu assolto, non ha imbarazza a ricordare quell´episodio drammatico. Anzi, sui giudici francesi ha un´idea precisa, anche se un po´ sgrammaticata: «Devo dire che li ho fregati... eccezionale, poi ha... venti testimoni e si sono affacciate tante di quelle personalità pubbliche. E... è stato... il Procuratore aveva chiesto 5 anni e 6 mesi. Ero sicuro di vincere. Ero più che sicuro».

«L' indagato ammette di avere torto e di essere tuttavia uscito vittorioso dal processo», annota il gip di Potenza Rocco Pavese motivando il rifiuto di rimuovere il divieto di espatrio. E a sfavore di Vittorio Emanuele, pesa anche la sequela di insulti rivolti agli inquirenti italiani: «Sono dei poveretti - dice al telefono ad un conoscente il 28 luglio, dopo la liberazione - degli invidiosi, degli stronzi, pensa a quei coglioni che ci stanno ascoltando... sono dei morti di fame, non hanno un soldo, devono rimanere tutta la giornata ad ascoltare, mentre probabilmente la moglie gli fa le corna».

Ma non è solo il «cinismo e disprezzo per la legittima attività investigativa e giurisdizionale da parte dell'indagato» a spingere il gip di Potenza a rifiutare la richiesta della difesa del Principe. Dietro la sua decisione c´è anche «la disponibilità di abitazioni all' estero, le ingenti risorse economiche dell'indagato e la fitta rete di rapporti internazionali da lui instaurati con persone, enti e governi». Tanto più che proprio la smania di abbandonare l´Italia avrebbe spinto Vittorio Emanuele ad avvalersi della facoltà di non rispondere nell´ultimo interrogatorio del 28 luglio, chiesto proprio dai suo avvocati.

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