Re: Anarchia, moneta, proprietà ed altre amenità

Inviato da  andycap il 28/5/2006 10:46:30
Pantonico pax
Forse non mi sono spiegato… ed è evidente se quello che dico sugli artisti ti spaventa
Chiariamoci subito, io suono, è il mio interesse principale, e rispondo quasi perfettamente all’identikit da te tracciato dell’artista, profilo che credo implicitamente ricalcato su te stesso, se non è così correggimi. Mi differenzio da ciò che dici perché la mia sopravvivenza è legata ad altre attività, che scelgo in base al tempo che mi lasciano per potermi dedicare ai suoni.
Ma soffermati pure sulla seconda parte della mia risposta ad ashoka, dove all’arte viene riconosciuto un ruolo importantissimo (ed io mi riconosco in quel ruolo).
La questione è, di nuovo, quanto il lavoro “intellettuale” sia più importante del lavoro manuale. In questa società all’artista (sia di nicchia quanto largamente riconosciuto) viene fornito un piedistallo, che serve a gratificare l’uomo e subordinarlo agli interessi del potere. Chi è, o è stato insubordinato ha vissuto con le pezze al culo (bianciardi e celine, ma a quanti altri il valore è stato riconosciuto “postumo”), è morto pazzo (van gogh su tutti, anche lui un “postumo”). In questo molto interessante la Storia sociale dell’Arte di Hauser (se non ricordo male, edizioni Einaudi).
Già mi ti vedo a rosicchiarti i pennelli perché tu, ovviamente in maniera del tutto onesta, sei lì a farti un mazzo tanto perché venga in qualche modo gratificato questo tuo spirito artistico e tu possa ascendere finalmente in questo limbo dorato dell’artista fumettista. Questa è solo una mia congettura, che non vuole essere in alcun modo offensiva, ma legata alla lettura del presente: questo è l’artista oggi, e alla luce della situazione attuale non posso che augurarti un buon “successo”.
Io invece parlavo di anarchismo, dove il lavoro intellettuale è al pari di tutti gli altri: così come è necessario il pane, è necessaria l’arte, né più né meno. Quindi sottolineavo come fenomeno di “santificazione” dell’artista imposto dall’attuale “establishment” sia subordinato al concetto stesso di potere. La “santificazione” serve a creare miti e modelli quasi irraggiungibili, in modo tale che chiunque decida di intraprendere una carriera artistica sa quanto è dura la salita (uno su mille ce la fa): un mezzo per “alienare” l’arte.
Tu ed Ashoka fate riferimento, in qualche modo, a questo processo di beatificazione nel momento in cui affermate l’incapacità dell’artista di fare altro, e questo per me sottintende una posizione “snob” nei confronti del lavoro manuale, che in qualche modo intralcerebbe con l’estasi creativa. Questo aspetto lo riconosco ampiamente in questa società, ma non è per me immaginabile in una altra società, dove il lavoro non è più specializzato settorialmente.

forza panathinaikos...



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