Re: Anarchia

Inviato da  shevek il 27/5/2006 13:19:18
Salut y Libertad, Ashoka!


Dici: "La proprietà privata dei mezzi di produzione implica lo sfruttamento dell'altro? (...) Non è possibile che esista un gruppo di uomini che, pur riconoscendo la proprietà privata dei mezzi di produzione, riesca a convivere senza questa volontà di privare l'altro dei mezzi necessari per vivere decentemente."?

La proprietà privata dei costosissimi mezzi di produzione di fatto implica che qualcuno ha sottratto un'enorme quantità di ricchezza sociale per usarla a suo fine. Dirai: potrebbe pur lasciare il resto a ci vuole vivere decentemente? Ma se la società permette che una volta la cosa accada, permette anche che accada una seconda, una terza, ecc. fino all'esaurimento delle risorse produttive che restano in mano a pochi individui. Insomma, l'oggi da cinquemila anni a questa parte.


Sulla questione di cosa sono i mezzi di produzione, mi sembrava che fosse chiaro che, nell'ottica del comunismo libertario, "lavoro" e "idee" (che per me è una forma di lavoro) non sono mezzi di produzione, ma di SCAMBIO: io intervengo nella formazione del piano di produzione e di distribuzione giocandomi proprio quelle. Il problema, pertanto, non si porrebbe proprio in questi termini. Il mio omonimo di Anarres, perciò, nel romanzo è "privato" di esse, né più né meno di come oggi ci si
"priva" dei soldi all'atto di un qualunque acquisto. Inoltre, che ti ha detto che in Anarchia ci sarebbe una libertà assoluta? Il primo pensatore anarchico di lingua tedesca, Stirner, polemizza a lungo contro questa idea, sostenendo che la libertà è sempre relativa: aderendo ad una società, io rinuncio sempre a qualche libertà, in cambio di determinati vantaggi. Ciò che conta è poter sempre ridiscutere i termini del patto. Il che, con la proprietà privata dei grandi mezzi di produzione, è ovviamente impossibile, per cui essi si giustificano ideologicamente dietro il mito della libertà assoluta allo scopo di creare il minimo di libertà possibile per il massimo di esseri umani...


Dici poi: "Nell'istruzione invece chi insegna può scegliere cosa insegnare (sia che decida da solo o che gli venga imposto da un programma di studio). Non è solo una gerarchia d'attuazione ma è anche politica." Anche Paxtibi dice qualcosa del genere.

Anche il capostazione decide a quale treno dare la precedenza, in virtù della sua autorevolezza: lui solo, si presume ma assai probabilmente è così, sa cosa fare per non far morire decine di passeggeri. Lo stesso è per l'insegnante: se tu vieni da me, si presuppone che tu la mia materia d'insegnamento non la conosca e, di conseguenza, non sappia nemmeno interloquire sulla sua didattica. Si tratta in entrambi i casi di gerarchie, ma sono evidentemente gerarchie d'attuazione.


Shevek

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